sabato 30 aprile 2011

affidamento del servizio di brokeraggio assicurativo: la commissione di gara può essere composta da personale della Stazione appaltante con generale esperienza in materia giuridico amministrativa

all’interno di un Ente è assolutamente remota la possibilità di rinvenire un esperto in brokeraggio, è evidente che una generale esperienza in materia giuridico amministrativa e le funzioni dirigenziali costituiscono elementi ampiamente sufficienti per garantire la necessaria competenza

passaggio tratto dalla sentenza numero 1071 del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Catania


Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto, in capo ai componenti della commissione, la mancata esperienza specifica nel settore oggetto di gara.

Tale censura appare infondata, alla luce delle difese delle controparti, rimaste, sul punto, prive di replica, riguardo le qualifiche professionali dei componenti del seggio di gara, precisamente il dott. M_, Vice segretario generale del Comune ( e quindi fornito di ampia competenza giuridico amm.va) e la dott. R_, Vice capo di Gab. del Sindaco (quanto al dr. I_, funzionario del Dipart. Contratti e gare, non vi è questione, essendo riconosciuta la specifica competenza già da parte dello stesso ricorrente).

In un’ Ati verticale, è corretto che la cauzione definitiva- in caso di aggiudicazione sarà << costituita su mandato irrevocabile dell’impresa mandataria in nome e per conto di tutti i concorrenti con responsabilità pro quota>>

Poiché la cauzione provvisoria invece << viene prestata in conformità a quanto previsto dall’art. 75 del d.lgs n. 163 del 12.4.2006>> resta inteso il carattere solidale della responsabilità di ogni componente dell’Ati sia in caso di  mancato possesso dei requisiti che di mancata sottoscrizione del contratto di appalto

Con il seguente passaggio,il Tar Campania, Salerno, con la sentenza numero 780 del 28 aprile 2011 ci insegna che:

<<Ritenuta infine l’infondatezza della censura incidentale con la quale viene lamentato che, mediante la cauzione provvisoria prestata dall’A.T.I. ricorrente principale, viene assunto un impegno indennitario di carattere non solidale ma parziario a garanzia del corretto adempimento degli obblighi inerenti alla partecipazione alla gara (ed in primo luogo di quello avente ad oggetto la sottoscrizione del contratto di appalto);

Evidenziato infatti che l’appendice alla polizza fideiussoria prestata dall’A.T.I. ricorrente principale, laddove, dopo aver dato atto che “la garanzia viene prestata in conformità a quanto previsto dall’art. 75 del d.lgs n. 163 del 12.4.2006”, precisa che “detta cauzione sarà inoltre costituita su mandato irrevocabile dell’impresa mandataria in nome e per conto di tutti i concorrenti con responsabilità pro quota in quanto trattasi di raggruppamento di tipo verticale (art. 37, comma 6, del d.lgs 163/2006)”, fa evidentemente riferimento - come dimostrato dall’uso del tempo presente nel contesto del primo periodo, concernente quindi la cauzione (provvisoria) prestata contestualmente all’offerta, e di quello futuro nell’ambito del secondo periodo, contenente il criterio di riparto della responsabilità contestato dalla parte ricorrente incidentale - alla cauzione definitiva, senza intaccare il carattere solidale di quella provvisoria;>>

Non fare il sorteggio di cui all’articolo 48 del codice dei contratti_per il quale è prevista l’escussione della cauzione provvisoria_non è sempre fonte di annullamento dell’intera procedura

Come è  noto l’articolo 48 del codice dei contratti predispone che la Stazione appaltante debba sorteggiare, come minimo, il 10% dei partecipanti ammessi alla procedura al fine di verificarne il reale possesso dei requisiti di ordine speciale

Ove tale dimostrazione non avvenga, le tre sanzioni sono l’esclusione dalla procedura, l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autority

Il seguente passaggio tratto dalla sentenza numero 787 del 28 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Salerno, ci insegna che

<<RITENUTO che infondato è il secondo motivo di gravame (con il quale si denunzia la pretermissione degli adempimenti procedimentali prefigurati all’art. 48 del d. lgs. n. 163 cit.), posto che, per comune intendimento, le possibili anomalie del procedimento di verifica dei requisiti di cui all'art. 48 d.lg. n. 163 cit. sarebbero al più a riverberarsi sulle singole posizioni dei concorrenti coinvolti dall'accertamento, determinando l'illegittimità dell'aggiudicazione eventualmente intervenuta in loro favore, ma giammai possono di per sé tradursi nell'illegittimità dell'intera procedura di gara, sul cui assetto complessivo non possono incidere situazioni di invalidità circoscritte individualmente, pena la lesione dei fondamentali principi di proporzionalità e di conservazione degli atti giuridici (in terminis, da ultimo, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 8 luglio 2010, n. 16615 e cfr. altresì, TAR Lecce, sez. II, 14 agosto 2007, n. 3077), e ciò segnatamente quando, come nella specie, non si dimostri che alcuno dei concorrenti fosse concretamente carente dei requisiti di partecipazione richiesti.>>

Si ha una fattispecie di falso innocuo qualora il controinteressato sarebbe risultato aggiudicatario anche se avesse dichiarato di essere coinvolto nel relativo procedimento penale

alla stregua di diffuse e condivisibili ricostruzioni in ordine al c.d. falso innocuo – deve, in tesi generale, ritenersi irrilevante la dichiarazione mendace resa nel contesto di procedure evidenziali le quante volte la stessa si riveli (alla luce di un apprezzamento ex ante ed in concreto) obiettivamente inidoneo a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e cioè quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico,


nel senso che l'infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, inidonee al conseguimento delle finalità che con l'atto falso si intendevano raggiungere (non esplicando in tal caso la falsità effetti sulla funzione documentale che l'atto è chiamato a svolgere, che è quella di attestare i dati in esso indicati, con la conseguenza che l'innocuità non deve essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto):

in termini, da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 2010, n. 4436, che ribadisce l’innocuità e la conseguente irrilevanza del falso allorché lo stesso non attribuisce una posizione ancorché potenziale di vantaggio, nemmeno sotto il profilo morale, ovvero non è nemmeno potenzialmente in grado di attribuirla: ciò che deve ritenersi, nella specie, risolutivo, nel senso che (essendo la qualità di imputato per il reato di cui all’art. 388 c.p. per sé inidonea a precludere l’utile partecipazione alla procedura concorsuale per cui è causa, in quanto non specificamente incidente sui richiesti profili di moralità professionale e ritenuta dalla stessa stazione appaltante ininfluente) il controinteressato sarebbe risultato aggiudicatario anche se avesse dichiarato di essere coinvolto nel relativo procedimento penale);

b) che la denunziata inutilizzabilità dello strumento della dichiarazione sostitutiva, a fine di comprovare il possesso della certificazione di qualità, in ogni caso non avrebbe potuto legittimazione l’auspicata sanzione espulsiva, in difetto di apposita ed espressa comminatoria scolpita dalla lex specialis, ma – al più – la (necessaria) richiesta di integrazione documentale (che, del resto, l’aggiudicataria ha spontaneamente effettuato in corso di procedura, allegando l’originale dell’attestazione SOA);


tratto dalla sentenza numero 810 del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Salerno

Anche la certificazione di qualità_e quindi la possibilità di dimezzare la cauzione provvisoria_ può essere oggetto di avvalimento

a condizione che venga messo a disposizione del concorrente, da parte dell’impresa ausiliaria,   il complesso della propria organizzazione aziendale ovvero il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa


deve  privilegiarsi un criterio ermeneutico sostanziale per il quale, essendo la certificazione di qualità comunque intesa a garantire la (obiettiva) qualità dell’adempimento e non solo la (mera e soggettiva) idoneità professionale del concorrente pur sempre strumentale alla prima, sia erroneo postulare (una volta chiarito che l’avvalimento è la regola e le sue limitazioni le eccezioni) che la detta certificazione debba necessariamente far capo (salvo il riscontro di abusi e la doverosa verifica di effettività) unicamente al concorrente con conseguente impossibilità di ausilio per avvalimento

la disciplina dell’art. 49 non pone alcuna limitazione all’avvalimento se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale, risultando con ciò preclusa alle amministrazioni la possibilità di operare restrizioni al suo utilizzo e, pertanto, per una ragione logica, prima ancora che giuridica, dovrebbero essere insuscettibili di avvalimento i soli requisiti generali di cui agli artt. 38 e 39 del Codice degli appalti, ossia quei requisiti di onorabilità, moralità e professionalità intrinsecamente legati al soggetto e alla sua idoneità a porsi come valido e affidabile contraente per l’Amministrazione; e, dunque, ad eccezione di tali requisiti, all’istituto dell’avvalimento dovrebbe riconoscersi portata generale, in quanto posto a presidio della libertà di concorrenza, in modo da rimuovere ogni ostacolo al libero esercizio dell’imprenditorialità in ambito Comunitario e da garantire la massima partecipazione alle procedure di gara e la par condicio dei concorrenti;

- il requisito della certificazione di qualità - in quanto riconnesso semplicemente ad una procedura con la quale un soggetto verificatore esterno all’impresa, terzo e indipendente e a ciò autorizzato, fornisce attestazione scritta che un’attività, a seguito di valutazione, sia conforme ai requisiti specificati da norme tecniche, garantendone la validità nel tempo attraverso un’adeguata sorveglianza - dovrebbe essere acquisito come requisito speciale di carattere (pur sempre) tecnico- organizzativo e come tale suscettibile di avvalimento, atteso che il contenuto dell’attestazione concerne, in sostanza, il sistema gestionale dell’azienda e l’efficacia del suo processo operativo e garantisce la stazione appaltante nella fase esecutiva del contratto, in quanto mira ad assicurare che l’impresa esegua l’attività oggetto dell’appalto secondo un livello minimo di prestazioni; ed, a voler diversamente opinare, si determinerebbe l’implausibile esclusione di alcuni soggetti operanti nel medesimo settore dalla possibilità di aggiudicazione di determinati contratti pubblici, comprimendo la loro libertà d’impresa e la possibilità di incrementare esperienza e capacità professionale;

- il terzo che “presti”, in via di ausiliatore, la propria certificazione di qualità, non si limita al prestito del solo “documento” contenente la certificazione, ma si obbliga a mettere a disposizione dell’impresa concorrente, nella fase di esecuzione del contratto, il complesso della propria organizzazione aziendale ovvero il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, e siffatta obbligazione vale a garantire l’interesse dell’Amministrazione ad ottenere la garanzia qualitativa di un certo livello minimo di prestazioni per la gestione dell’appalto, risultando, per ciò solo ed in definitiva, ben possibile che l’impresa concorrente assuma le vesti di un mero centro di imputazione di rapporti giuridici e limiti la sua attività al coordinamento delle prestazioni dell’impresa ausiliaria;

- del resto, la legge prevede che, nell’ipotesi in cui il soggetto affidatario dell’appalto non disponga del complesso organizzativo dell’impresa ausiliaria o questa si rifiuti di metterlo a disposizione, sussiste una responsabilità di carattere solidale tra l’impresa concorrente e l’impresa ausiliaria.

tratto dalla  sentenza numero 813  del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Camapania, Salerno

Maggiore è il lasso di tempo fra l’emanazione di un provvedimento e il suo annullamento in autotutela, maggiormente dettagliata deve essere la motivazione sull’interesse pubblico da tutelare

Vige un obbligo dell'Amministrazione di comportarsi secondo buona fede e correttezza ed esercitando lo jus poenitendi senza operare lo snaturamento del detto potere

il Collegio che non può essere accolta l’istanza di risarcimento dei danni in quanto parte ricorrente fornisce elementi non sufficienti a supporto dell’ istanza stessa, limitandosi a generiche affermazioni non comprovate dalla dimostrazione del pregiudizio concreto derivante dalla condotta della P.A , talchè, la domanda deve essere respinta
passaggio tratto dalla  sentenza numero 3697 del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

<<l'art. 21 nonies della Legge n.241 del 1990 ha indicato quali presupposti per l'annullamento d'ufficio, con effetti ex tunc, oltre all'accertamento dell'originaria illegittimità dell'atto, la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità dell'azione amministrativa, il decorso di un termine ragionevole (e quindi non eccessivamente lungo) l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari e la valutazione degli interessi degli stessi 

Infatti l’interesse di ristabilire la legalità dell'azione amministrativa, pur rilevante, deve essere comparato con altri interessi posti a tutela della stabilità delle relazioni giuridiche, anche se basate su provvedimenti illegittimi

Peraltro l'esercizio del potere di autotutela, pur essendo espressione di rilevante discrezionalità, non esime l'Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei su menzionati presupposti, con motivazione integrata dall'allegazione del vizio che inficia il provvedimento

Per di più non va sottaciuto che, indipendentemente dalla soluzione da dare alla dibattuta questione circa la natura giuridica della Dia, maggiore è il lasso di tempo trascorso tra l'avvio dell'attività stessa e l'esercizio, da parte della P.A., del potere inibitorio e/o di autotutela, e maggiore deve essere il grado di motivazione sulle ragioni di pubblico interesse, diverse da quelle al mero ripristino della legalità, che deve connotare il relativo provvedimento amministrativo, anche alla luce di quanto previsto espressamente dal predetto art. 21 nonies>>

venerdì 29 aprile 2011

il c.d. “mobbing” costituisce una patologia ad eziologia professionale ed è ravvisabile in una diffusa ostilità proveniente dall'ambiente di lavoro

al fine del risarcimento del danno, affinché risultino violate le disposizioni ex art. 2087 c.c. è necessaria la sussistenza di un effetto lesivo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente

per la sussistenza della fattispecie di mobbing sono necessari i seguenti elementi:
la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
l'evento lesivo sulla salute o sulla personalità del dipendente;
il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore;
la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.


Il seguente passaggio è tratto dalla sentenza 564  numero del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro


Giova ricordare, in linea generale, che il c.d. “mobbing” costituisce una patologia ad eziologia professionale, non ravvisabile quando sia assente la sistematicità degli episodi, ovvero i comportamenti su cui viene basata la pretesa risarcitoria siano riferibili alla normale condotta del datore di lavoro, funzionale all'assetto dell'apparato amministrativo o, infine, ricorra una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale, essendo invece necessario il riscontro di una diffusa ostilità proveniente dall'ambiente di lavoro, che si realizzi in una pluralità di condotte e comportamenti, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi contrattuali, frutto di una vera e propria strategia persecutoria, avente di mira l'emarginazione del dipendente dalla struttura organizzativa di cui fa parte.

Conseguentemente, deve essere respinta la domanda risarcitoria del danno da mobbing proposta dal pubblico dipendente, qualora le circostanze addotte ed accertate non consentano di individuare, secondo un principio di verosimiglianza, il carattere persecutorio e discriminante del complesso delle condotte compiute dal datore di lavoro (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2272).

Sotto altro profilo, è stato anche rilevato che in tema di mobbing, al fine del risarcimento del danno, affinché risultino violate le disposizioni ex art. 2087 c.c. è necessaria la sussistenza di un effetto lesivo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente, che, dunque, deve riuscire a dimostrare l'intento persecutorio sotteso a una serie di vessazioni, poste in essere in modo sistematico e prolungato, e la relazione causale fra la condotta e il pregiudizio alla sua integrità (Cass. sez. lav., 16 marzo 2010, n. 7382).

Alla luce di tali principi, è, pertanto, possibile affermare che per la sussistenza della fattispecie di mobbing sono necessari i seguenti elementi: la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; l'evento lesivo sulla salute o sulla personalità del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio

Ex 2697 c.c.:chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, anche nei fatti illeciti di cui all’articolo 2043 cc

Occorre quindi che sia congruamente dimostrata
l’esistenza
la consistenza del danno,
il nesso di causalità materiale e giuridica tra l'operato dell'amministrazione e l'evento pregiudizievole,
nonché tra quest’ultimo ed il danno,
ed infine l’imputazione dell'elemento dannoso a titolo di dolo o colpa della pubblica amministrazione,

da ritenersi sussistente nell'ipotesi in cui l’illegittimità derivi da una violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione, ovvero da negligenza inescusabile nell'interpretare ed applicare la normativa vigente

Né il potere del giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. esonera del tutto l’interessato dell’onere di allegazione e prova, in quanto è comunque necessario che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare

non può assumere rilevanza ai fini risarcitori la deduzione generica dell’inoperosità da parte dell’amministrazione nell’esercizio dei compiti di controllo e repressione dei parcheggiatori abusivi, giacché nel nostro diritto positivo non è previsto il risarcimento dei danni causati da omissioni nell’esercizio delle funzioni amministrative di per sé considerato. L’ammissibilità della pretesa risarcitoria presuppone comunque la lesione di un interesse sostanziale, consistente nella mancata o ritardata emanazione di uno specifico provvedimento amministrativo vantaggioso per l'interessato

Inoltre, l'accertamento dell'illegittimità del comportamento che si assume lesivo costituisce un presupposto necessario, ma non sufficiente affinché si configuri una responsabilità risarcitoria dell'apparato amministrativo.

Infatti, la domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, per cui grava sul danneggiato l'onere di provare tutti gli elementi costitutivi della domanda risarcitoria per fatto illecito

Tratto dalla sentenza numero 2397 del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

Inutile ed ingiusto richiedere l’indicazione di nome, cognome e qualifica del funzionario di banca firmatario delle referenze bancarie

nessuna garanzia vi è che “nome, cognome e qualifica” apposti siano veritieri e che il soggetto apparentemente firmatario sia effettivamente abilitato a rilasciare quella dichiarazione per la banca

Inoltre, la disposizione è anche ingiusta perché pone una grave sanzione a carico del concorrente (esclusione dalla gara) per l’inosservanza di una formalità da parte di un terzo estraneo al procedimento (banca/intermediario finanziario), il cui adempimento non rientra nella diretta disponibilità del concorrente

Le referenze bancarie sono a comprava del requisito speciale di solidità economico finanziario e come tale, nei servizi, deve essere oggetto del sorteggio di cui all’articolo 48 del codice dei contratti


In caso di mancata dimostrazione dei requisiti, merita ricordare che l’amministrazione può escutere la cauzione provvisoria


Tratto dalla sentenza numero 2399 del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Camapania, Napoli

Giova premettere che l’art. 41 del d. lgs. n. 163 del 2006 prevede che, negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati e che le amministrazioni precisano nel bando di gara i requisiti che devono essere posseduti dal concorrente, nonché gli altri eventuali che ritengono di richiedere.

La legge lascia alla stazione appaltante un ampio margine discrezionale per conformare il procedimento concorsuale alle proprie esigenze, disciplinando nella maniera più opportuna i requisiti e gli adempimenti posti a carico dei concorrenti che aspirano a partecipare alla gara.

Tali determinazioni, quando non siano in contrasto con norme particolari di rango superiore, non sono censurabili nel merito, fatto salvo il sindacato di legittimità quando si manifesti una palese irragionevolezza o ingiustizia o incongruità delle disposizioni di gara (cfr. Cons. St., sez. V, 22/9/2009, n. 5653).

Nella specie è fondata la censura dedotta dalla società ricorrente, sotto questi profili, contro la clausola che prevede, a pena di esclusione, la indicazione di nome, cognome e qualifica del funzionario di banca/intermediario che sottoscrive la referenza bancaria

Infatti tale disposizione, che sembra avere lo scopo di scoraggiare la produzione di documenti non genuini, è essenzialmente inutile in quanto, quand’anche le indicazioni richieste compaiano nel documento, nessuna garanzia vi è che “nome, cognome e qualifica” apposti siano veritieri e che il soggetto apparentemente firmatario sia effettivamente abilitato a rilasciare quella dichiarazione per la banca.

Inoltre, la disposizione è anche ingiusta perché pone una grave sanzione a carico del concorrente (esclusione dalla gara) per l’inosservanza di una formalità da parte di un terzo estraneo al procedimento (banca/intermediario finanziario), il cui adempimento non rientra nella diretta disponibilità del concorrente.

Va infine rilevato che, in base all’art. 48 del d. lgs. n. 163 del 2006, le stazioni appaltanti hanno la potestà di effettuare, con le modalità ivi previste, i controlli opportuni per verificare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel bando di gara, per cui un siffatto accertamento sarebbe semmai appropriato nell’ambito di tali verifiche

L’impresa che ricorre avverso la propria esclusione, deve impugnare anche l’aggiudicazione definitiva

si configura la carenza di interesse ad impugnare il bando di gara, il provvedimento di esclusione e/o quello di aggiudicazione provvisoria, ove non abbia fatto seguito l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva nel frattempo intervenuta.

Pertanto, deve ribadirsi che l’impugnazione del provvedimento di esclusione e della connessa aggiudicazione provvisoria perde ogni concreto interesse, dovendosi aver riguardo all’impossibilità per le ricorrenti di aggiudicarsi la gara.



Invero, la non necessità di impugnazione dell’atto finale di una procedura, quando sia stato già contestato quello preparatorio, opera unicamente quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione/conseguenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone quale inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed autonome valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti; viceversa, quando l’atto finale, pur partecipando della medesima sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisce conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, come avviene in tutte le procedure selettive e/o concorsuali, l’immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 11 agosto 2010 n. 5618; Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 maggio 2006 n. 2846; Consiglio di Stato, Sez. V, 8 agosto 2005 n. 4207 e 23 marzo 2004 n. 1519).

Passaggio tratto dalla sentenza numero 2402 del 29 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

giovedì 28 aprile 2011

E’ decennale il termine di prescrizione del diritto di credito vantato da un Comune per la riscossione degli oneri di urbanizzazione e della connessa sanzione

Così nella sentenza numero 1040 del 28 aprile 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Catania



Considerato che il ricorso appare fondato nella parte in cui eccepisce l’avvenuta prescrizione del diritto di credito vantato dal Comune di Messina per la riscossione degli oneri di urbanizzazione e della connessa sanzione, tenuto conto del fatto che la concessione edilizia di cui si discute fu rilasciata il 23.12.1994, mentre l’impugnato atto di ingiunzione è datato solo al 21.01.2011; con la conseguenza che risulta certamente spirato il termine di prescrizione ordinario del diritto di credito avente durata decennale;

Ritenuto inoltre che – anche a voler tenere conto della più antica ingiunzione di pagamento prot. 33640 del 29.03.2000 citata nell’atto impugnato e nel controricorso del Comune, ed a volergli attribuire effetto interruttivo del termine prescrizionale – la conclusione circa l’avvenuta maturazione della prescrizione non muta, giacchè anche tra l’ingiunzione del 2000 e quella del 2011 impugnata con l’odierno ricorso risulta essere intercorso un termine ultradecennale

Corretto che una Compagnia di Assicurazioni ricorra al giudice amministrativo avverso un’ingiunzione di pagamento per la riscossione degli oneri di urbanizzazione e sanzioni

Così nella sentenza numero 1040 del 28 aprile 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Catania

<<Visto il ricorso con il quale la Compagnia garante ha impugnato l’ingiunzione di pagamento del 29.03.2000, port. U33640 comunicata il 21.01.2011, emessa dal Comune di Messina per riscuotere gli oneri di urbanizzazione e le sanzioni afferenti alla concessione edilizia n. 12726 del 23.12.1994 nei confronti della compagnia assicuratrice ricorrente, in qualità di avente causa del soggetto  che in precedenza aveva prestato fideiussione per il rilascio della predetta concessione edilizia;

Considerato che la questione si presta ad essere definita nel merito con sentenza succintamente motivata, da adottare già nella fase di trattazione della domanda cautelare, come espressamente previsto dall’art. 60 del c.p.a.; stante la mancata opposizione dei difensori presenti all’odierna udienza;

Ritenuta sussistente la giurisdizione esclusiva del G.A. sulla materia in esame, come recentemente affermato con sentenza di questa Sezione n. 58/2011, cui si fa espresso rinvio>>

mercoledì 27 aprile 2011

Illegittimo atto di revoca di un’aggiudicazione per l’ affidamento servizio di brokeraggio assicurativo

Resta salvo il riesercizio del potere amministrativo all’esito di una procedura che consenta la piena esplicazione del contraddittorio ai fini dei una congrua comparazione degli interessi in considerazione.

Riportiamo qui di seguito un passaggio tratto dalla decisione numero 2456  del 27 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato


<<Il Collegio reputa fondato ed assorbente il motivo di appello con cui si ripropone la censura volta a stigmatizzare la violazione dell’obbligo di avviso di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241/1990.

Alla stregua di consolidate e condivisibili coordinate giurisprudenziali, il perfezionamento della procedura di evidenza pubblica, segnato dall’ adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, vale a differenziare e qualificare la posizione dell’aggiudicatario ai fini dell’applicazione dei canoni partecipativi cristallizzati dagli articoli 7e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 onde consentire allo stesso la difesa della posizione di vantaggio acquisita rispetto all’eventualità dell’esercizio del potere di riesame con esito di ritiro (cfr. , ex multis, Cons. St, sez. V, 21 novembre 2007, n. 5925, secondo cui, quando l'amministrazione intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva, con il quale si sia concluso il procedimento di affidamento di contratti pubblici deve adempiere alla prescrizione imposta dall'art. 7 della legge n. 241/1990 provvedendo alla comunicazione dell'avvio del procedimento quantomeno nei confronti dell'aggiudicatario la cui sfera giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti dall'adozione dell'atto di revoca; Cons.giust.amm. Sicilia , sez. giurisd., 31 marzo 2006 , n. 129, secondo cui la riapertura di una gara già conclusa con un provvedimento di aggiudicazione definitiva implica "ex se" la revoca di esso, indipendentemente da quali potranno essere i successivi esiti del riaperto procedimento di gara, con conseguente obbligo di invio dell'avviso di avvio del procedimento di autotutela all'originario aggiudicatario ai sensi del citato art. 7 l. n. 241 del 1990).

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, si deve allora ravvisare l’illegittimità del provvedimento di revoca adottato con delibera commissariale 24 giugno 2009, CS/76 a distanza di oltre un mese dall’intervento della delibera direttoriale 22 maggio 2008, n. 1844, che aveva disposto l’aggiudicazione definitiva in favore dell’appellante, autorizzando altresì la stipula del contratto con procedura d’urgenza giusta l’art. 11, commi 10 e 12, del codice dei contratti pubblici. L’adozione del provvedimento di ritiro, incidendo in via estintiva sulla posizione di vantaggio consacrata dall’atto di aggiudicazione definitiva, ha infatti impedito alla società ricorrente di interloquire sull’effettiva sussistenza e consistenza di ragioni di interesse pubblico, collegate alla preferenza per un diverso modulo organizzativo imperniato sul potenziamento degli uffici interni, tali da giustificare, anche alla luce delle procedura nelle more attivate per l’affidamento dei servizi assicurativi, la frustrazione degli esiti della procedura di evidenza pubblica relativa al servizi di brokeraggio e del conseguente affidamento ingenerato circa la conseguenziale stipula del contratto. Si deve soggiungere che la caratterizzazione discrezionale del provvedimento di revoca e l’esigenza di ponderare comparativamente con gli interessi pubblici in rilievo la posizione di vantaggio conseguita dal ricorrente a seguito della partecipazione con esito vittorioso alla procedura, impediscono di applicare la regola conservativa sancita dall’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990 in merito alla natura non invalidante delle violazioni formali e procedurali non influenti sull’esito finale del procedimento.>>


L’eventuale cooperazione alla produzione del danno da parte della ricorrente, con la conseguente applicabilità dell’art. 1227, c.c., riduce il risarcimento del danno ingiusto

l'azione risarcitoria per il ristoro dei danni derivanti da provvedimenti illegittimi può essere proposta anche indipendentemente dalla tempestiva impugnazione dei provvedimenti stessi,

purché nel rispetto del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno conseguente alla riscontrata illegittimità di una atto autoritativo, risultando comunque salvi gli effetti sostanziali conseguenti all'instaurazione del giudizio davanti al giudice privo di giurisdizione

L'azione per il risarcimento dei danni risultava pertanto ammissibile, mentre, per l’importo richiesto, appariva sussistente l'elemento soggettivo della colpa, alla luce dell’evidenziata non linearità del comportamento della p.a., salva l’esigenza di ridimensionarne l’ammontare proprio per non trattarsi di un recesso civilistico ma di un atto autoritativo di revoca di un provvedimento concessorio, concepito e strutturato anche con la partecipazione rilevante della società ricorrente, che non aveva impugnato il suddetto atto di revoca né il nuovo bando di gara e non aveva preso parte a quest’ultima: elementi tutti integranti una certa qual sua cooperazione alla produzione del danno, con la conseguente applicabilità dell’art. 1227, c.c., e la connessa dimidiazione equitativa del danno liquidabile (e non quantificabile mediante c.t.u.), ferma restando pure l’applicazione dell'art. 31, legge n. 392/1978 (pacificamente operativo anche per gli enti pubblici), ma non del suo art. 34 (comportante ulteriori 18 mensilità), non richiamato nel contratto ed anzi escluso dal successivo art. 35 (così, in definitiva: 24 mensilità, con rivalutazione ed interessi legali come per legge).



Tratto dalla decisione numero 2466 del 27 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Il bando costituisce la lex specialis della gara

Il bando vincola in modo inderogabile tutti i soggetti interessati – p.a. appaltante e concorrenti,

 a nulla rilevando la tesi esposta dalla commissione di gara ed incentrata sul ripetuto favor partecipationis,

 poiché la lettera in parola aveva voluto tutelare la garanzia della provenienza di tutta la documentazione, richiedendo la sottoscrizione autenticata ovvero la semplice sottoscrizione con allegata la copia di un valido ed efficace documento di identità: prescrizione simile a quella prevista per le autocertificazioni e posta a garanzia della par condicio circa la sicura provenienza dell’offerta, principio di carattere generale e non recessivo, in base alle specifiche ed inequivocabili statuizioni degli atti d’indizione della gara stessa (peraltro, nella specie, non del tutto rispettate neppure dalla controinteressata, quanto a certificato della C.c.i.a.a., referenze bancarie, polizza fideiussoria, bilanci, autorizzazione ministeriale e s.o.a.: tutte circostanze, comunque, non esplicitamente né specificamente sanzionate a pena di esclusione, donde la loro più ampia tollerabilità).

Tratto dalla decisione numero 2476 del 27 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

martedì 26 aprile 2011

nella fattispecie è seriamente dubitabile la sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione

Come già anticipato il risarcimento del danno conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti dell'illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che il procedimento fosse destinato a concludersi con esito esito favorevole tramite la dimostrazione, ancorché fondata su presunzioni, della spettanza del bene collegato a tale interesse: siffatto giudizio prognostico positivo non può essere in ogni caso consentito allorché detta spettanza sia caratterizzata da consistenti margini di aleatorietà (C.S. Sez. V 15.9.2010, n. 6797).

Fermo restando quanto sopra, di per sé preclusivo all’accoglimento della domanda di risarcimento, osserva, inoltre, il Collegio che nella fattispecie è seriamente dubitabile la sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione.

Per la circolare ministeriale n. 84/1967 la presentazione dei documenti doveva avvenire, previa fissazione da parte dell'Amministrazione procedente ad "una data di scadenza di regola non superiore a tre mesi"; ove il termine non fosse stato rispettato la pratica sarebbe stata definitivamente archiviata.

L'imputazione dell'elemento dannoso a titolo di dolo o colpa della Pubblica amministrazione è da ritenersi sussistente solo nell'ipotesi in cui l'adozione della determinazione illegittima, che apporti lesione all'interesse del soggetto, si sia verificata in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione a cui deve ispirarsi l'attività amministrativa nel proprio esercizio, ovvero quando l'azione dell'Amministrazione sia caratterizzata da negligenza nell'interpretare ed applicare la vigente normativa (C.S. 22.2.2010, n. 1038)

Tratto dalla sentenza numero 1046 del 26 aprile 2011 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano

lunedì 25 aprile 2011

Dimezzamento della cauzione provvisoria e interpretazione dell’articolo 75 del codice dei contratti: la presentazione in copia fotostatica del certificato del sistema di qualità “non costituisce una valida giustificazione dell’esclusione dalla gara”

il vigente art. 75, comma 7, D.Lg.vo n. 163/2006 statuisce che “per fruire del beneficio” della riduzione del 50% della cauzione provvisoria è sufficiente che l’impresa concorrente in un procedimento di evidenza pubblica “segnali, in sede di offerta, il possesso” della certificazione del sistema di qualità e “lo documenti nei modi prescritti dalle norme vigenti”, per cui dal tenore letterale di tale norma si evince che in sede di offerta, oltre a “segnalare” il possesso della certificazione del sistema di qualità, risulta prescritto l’obbligo di “documentare” il possesso di tale requisito “nei modi prescritti dalle norme vigenti.

Questo Tribunale, richiamando la Sentenza TAR Latina n. 1 del 17.1.2000, con Sentenza TAR Basilicata n. 82 del 15.4.2008 ha interpretato tale norma, nel senso che:

1) tra i modi stabiliti dal vigente ordinamento giuridico, per “documentare” il possesso della certificazione di qualità, vi sono, oltre all’esibizione dell’originale e/o della copia autentica di tale certificato oppure la presentazione di un’apposita dichiarazione sostitutiva (cfr. artt. 18, 19, 19 bis, 45, 46 e 47 DPR n. 445/2000), anche la produzione del documento in copia fotostatica (cfr. art. 2719 C.C. ed art. 25, comma 1, L. n. 15/1968, ora sostituito dall’art. 6, comma 1, DPR n. 445/2000);

2) in materia di contratti della Pubblica Amministrazione è assolutamente dominante l’interesse pubblico alla più ampia partecipazione dei concorrenti, al fine di consentire una selezione più accurata in un ventaglio più ampio di offerte, ed a tale interesse pubblico è possibile derogare soltanto se la lex specialis di gara (bando e/o lettera invito) sia assolutamente univoca nel richiedere un preciso adempimento o una certa forma a pena di esclusione;

3) poiché, come sopra detto, l’art. 2719 C.C. statuisce che le copie fotografiche e/o fotostatiche hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità all’originale non viene contestata e/o disconosciuta, mentre l’art. 6, comma 1, DPR n. 445/2000 prevede che i privati hanno la facoltà di sostituire ai documenti la loro corrispondente riproduzione fotografica, deve ritenersi che la presentazione in copia fotostatica del certificato del sistema di qualità “non costituisce una valida giustificazione dell’esclusione dalla gara, ma, al più, potrebbe consigliare la successiva acquisizione dell’originale o della copia autentica, come, peraltro, previsto dall’art. 16 D.Lg.vo n. 157/1995” (ora sostituito dall’art. 46 D.Lg.vo n. 163/2006).

Tratto dalla sentenza numero 241 del 21 aprile  pronunciata dal Tar Basilicata, Potenza

Anche per la configurazione della responsabilità precontrattuale ex art 1337 cc ci vuole l’elemento soggettivo della colpa della pa

<<Nondimeno resta da esaminare la pretesa risarcitoria sotto il profilo dell’art. 1337 c.c., essendo stato chiarito che la reiezione della domanda di annullamento di un provvedimento di revoca degli atti di una gara d'appalto non esclude che possa sussistere una responsabilità pre-contrattuale in capo alla stazione appaltante, qualora si riscontrino la violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede che grava sulle parti, risarcibile nei limiti tuttavia del cd. interesse negativo (cfr. Cons. St., ad. plen., 5/9/2005, n. 6).

Sennonché, occorre comunque che la delusione delle aspettative della controparte derivi da un comportamento colposo dell’amministrazione e risulti priva di ogni ragione giustificativa (cfr. Cons. St., sez. V, 30/11/2007, n. 6137).


Per il disposto della lettera di invito, con la quale la stazione appaltante si era espressamente riservata di non procedere all'affidamento del servizio per questioni afferenti la conformità urbanistica, la società ricorrente era stata fin dall'inizio messa sull'avviso. Inoltre quest’ultima, nella sua qualità di progettista, doveva avere consapevolezza delle problematiche derivanti dalla inoppugnata necessità di un’apposita variante urbanistica.

Ne consegue che l'esercizio da parte dell'amministrazione di una facoltà prevista dalla legge e dalle disposizioni di gara non si palesa neppure contrastante con i principi di correttezza e buona fede, per cui è da escludere che l’azione della stazione appaltante risulti censurabile, ai sensi dell'art. 1337 c.c..>>

Tratto dalla sentenza numero 2241 del 20 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

l’individuazione finale dell’affidatario dell’appalto si cristallizza soltanto nell’aggiudicazione definitiva

fino all’aggiudicazione definitiva di una gara non è configurabile alcuna posizione consolidata in capo all’impresa concorrente che possa postulare il riferimento, in occasione della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, ad un interesse pubblico giustificativo del sacrificio dell’interesse privato;


Ad ogni modo, quand’anche si riuscisse a dimostrare che l’amministrazione fosse stata a conoscenza, al momento dell’indizione della prima gara, dell’indisponibilità temporanea di alcune strutture, ciò non implica l’inibizione dei poteri di revoca alla luce di una rinnovata ponderazione dell’interesse pubblico originario (arg. ex art. 21 quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990). Ad ogni modo, quand’anche si riuscisse a dimostrare che l’amministrazione fosse stata a conoscenza, al momento dell’indizione della prima gara, dell’indisponibilità temporanea di alcune strutture, ciò non implica l’inibizione dei poteri di revoca alla luce di una rinnovata ponderazione dell’interesse pubblico originario (arg. ex art. 21 quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990).

pertanto, deve riconoscersi all’amministrazione il potere di provvedere in merito senza essere tenuta ad esternare una particolare motivazione, giustificandosi la disposta revoca “ex se” in base alla sola dichiarata sopravvenuta inopportunità al mantenimento di un atto non più conforme all’interesse pubblico, come puntualmente avvenuto nella presente fattispecie


Né è condivisibile l’ultima censura, con cui parte ricorrente si duole della mancanza dell’avviso di avvio del procedimento di autotutela ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990.

Infatti, si ravvisa la superfluità dell’adempimento di tale formalità prima della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, dal momento che quest’ultima si configura come atto endoprocedimentale, che si inserisce nell’iter di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo, atteso che l’individuazione finale dell’affidatario dell’appalto si cristallizza soltanto nell’aggiudicazione definitiva

pertanto, versandosi ancora nell’ambito dell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, e vantando in tal caso l’aggiudicatario provvisorio solo una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, la stazione appaltante non è affatto onerata di comunicare l’avvio del procedimento di revoca in autotutela

tratto dalla sentenza numero 2233 del 20 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

l’esperienza nello svolgimento di precedenti servizi (identici e/o affini), le referenze e le risorse non devono assumere alcun rilievo nel momento di valutazione dell’offerta

il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione (fra cui rientrano i cd. servizi identici e/o analoghi: cfr. art. 42 del codice dei contratti pubblici) e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta costituisce principio generale regolatore delle gare pubbliche


difatti, detto canone operativo, che affonda le sue radici nell’esigenza di aprire il mercato premiando le offerte più competitive, ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, trova il suo sostanziale supporto logico nell’esigenza di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all’offerta ed all’aggiudicazione (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. V, 21 maggio 2010 n. 3208 e 28 agosto 2009 n. 5105)

Ne deriva che, anche negli appalti di servizi, l’accertamento dell’idoneità degli offerenti e l’aggiudicazione dell’appalto costituiscono due operazioni distinte e sono disciplinate da norme diverse, con la conseguenza che non possono essere riguardati come criteri di aggiudicazione elementi non diretti ad identificare l’offerta economicamente più vantaggiosa, ma essenzialmente collegati alla verifica dell’idoneità degli offerenti ad eseguire l’appalto; in tale ottica, l’amministrazione può inserire soltanto nella fase di qualificazione i criteri necessari al fine di valutare la capacità dei partecipanti allo svolgimento del servizio, mentre l’esperienza nello svolgimento di precedenti servizi (identici e/o affini), le referenze e le risorse non devono assumere alcun rilievo nel momento di valutazione dell’offerta, come invece si è verificato nella presente fattispecie.

È conclamata, pertanto, l’illegittimità della lex specialis di gara sotto il profilo quivi preso in considerazione.

Tratto dalla sentenza numero 2259  del 21 aprile 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

Vige l’obbligo del rispetto del principio di pubblicità sia nelle procedure negoziate sia in quelle in economia, di trattativa privata nonché in ogni ipotesi di utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

Tale dovere delle Stazioni appaltanti  risponde all’esigenza di garantire la trasparenza delle operazioni di gara ed opera, indipendentemente dal fatto che il bando lo preveda, in tutte le ipotesi in cui all’aggiudicazione si pervenga attraverso un’attività di tipo procedimentale, ancorché semplificata

Risulta pertanto Illegittimo il seguente comportamento

 <<Nel caso concreto risulta dai verbali dei lavori della commissione che in seduta segreta è avvenuta ogni operazione ed in particolare sia l’apertura della busta contenente la documentazione amministrativa richiesta nella lettera d’invito sia quella concernente l’offerta tecnica nonché l’attribuzione del punteggio finale.>>

ATTENZIONE: IMPORTANTE EFFETTO DELLA DIRETTIVA RICORSI

Va, infine respinta la pretesa risarcitoria in quanto la concessione della misura cautelare, impedendo la stipulazione del contratto, lascia integra la possibilità di aggiudicazione del servizio nella riedizione della procedura da parte dell’Amministrazione

Tratto dalla sentenza numero 372 del 19 aprile 2011 pronunciata dal Tar Emilia Romagna, Bologna

<<Anche le procedure di acquisizione di servizi in economia, espletata con gara informale ed in applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, partecipano della natura d’evidenza pubblica come del resto quelle negoziate, poiché detti principi sono generali ed immanenti negli ordinamenti nazionale e comunitario e, a norma dell’art. 2 del Dlg 163/2006, riguardano tutti i tipi di contratti pubblici.
Non nega il Collegio che la procedura de qua abbia una struttura semplificata ma neppure sfugge che essa, appunto per la sua natura eccezionale e derogatoria rispetto al principio generale di massima concorsualità tipica della procedura aperta, non solo è sottoposta ad un rigoroso accertamento dei suoi presupposti fissati dalla legge (cfr. così Cons. St., V, 10 novembre 2010 n. 8006), ma soprattutto non può derogare al nucleo essenziale di regole, facilmente evincibili dal medesimo decreto legislativo n. 163 del 2006. Si tratta delle regole di garanzia, della serietà e della genuinità delle proposte contrattuali e della qualità e della congruenza di queste rispetto all’interesse (pubblico) del soggetto aggiudicatore, nonché della moralità e della professionalità dei contraenti, giacché nella specie solo la loro individuazione è effettuata a priori dalla stazione appaltante con la lettera d’invito, tutto il resto essendo demandato alle regole di confezionamento poste dal capitolato.

Sicché v’è l’obbligo, in capo all’aggiudicatore, di dare adeguata contezza pubblica e non segreta, attraverso una congrua ed idonea pubblicità nella disamina del contenuto dei plichi e delle offerte, della legittimità e della genuinità di questi ultimi come corollario delle regole costituzionali d’imparzialità e di buon andamento.

4. Ciò è imposto dall’articolo 2 del codice dei contratti che fa riferimento al principio di pubblicità per tutte le procedure di affidamento disciplinate dal codice dei contratti, tra cui l’acquisizione in economia, nonché specificamente dall’articolo 125 , ultimo comma, il quale obbliga al rispetto dei principi in tema di procedure di affidamento anche in questa ipotesi.>>

domenica 24 aprile 2011

Riconosciuto il pieno risarcimento del danno ingiusto da illegittima aggiudicazione: non vi è stato da parte della ricorrente quell’abuso del diritto discendente dall’art. 1227 co. 2

Resta quindi la sottrazione di un servizio legittimamente affidato, sia pure scaduto, ma che comunque doveva proseguire, per essere attribuito a chi non aveva titolo alcuno.


<<Si deve perciò fare applicazione dei principi contenuti nella recentissima pronuncia 23 marzo 2011 n. 3 dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, per la quale la domanda risarcitoria limitata al ristoro patrimoniale deve ritenersi proponibile in via autonoma rispetto all’azione impugnatoria, senza atteggiarsi a domanda strettamente conseguenziale alla prima, alla luce del superamento da parte del codice del processo della gerarchia delle domande giudiziali.

Né può ritenersi che vi sia stato nella specie da parte della ricorrente quell’abuso del diritto che l’adunanza plenaria fa discendere dall’art. 1227 co. 2 quale applicazione concreta dei principi di cui all’art. 2 della Costituzione e dell’art. 1175 cod. civ. per la mancata tempestiva impugnazione della delibera ASP n. 25 dell’8 aprile 2010 e per l’assenza nel ricorso di censure cassatorie.


Sussistono nella fattispecie elementi che possono far rientrare il caso in cui le opzioni discrezionali ragionevoli e non sindacabili che hanno militato per l’esclusione dello strumento impugnatorio: l’affidamento immediato per quattro mesi non permetteva per i tempi tecnici processuali di praticare la via della tutela ripristinatoria, onde ottenere soddisfazione anche per tale forma estemporanea di affidamento e l’attivazione immediata delle procedure di gara potevano garantire un rispetto, sia pure molto ritardato, delle norme di legge in materia e di tutte le situazioni soggettive presenti.
Resta quindi la sottrazione di un servizio legittimamente affidato, sia pure scaduto, ma che comunque doveva proseguire, per essere attribuito a chi non aveva titolo alcuno.

In conclusione devono essere accolti nei sensi di cui in motivazione il ricorso ed i motivi aggiunti con il conseguente annullamento di provvedimenti di aggiudicazione del servizio di assistenza in questione dal 1° agosto 2010 al 31 luglio 2011 e va condannata la Casa Nostra Signora di Misericordia – Azienda Pubblica di Servizi a corrispondere alla ricorrente €. 37.891,27 interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di pubblicazione della sentenza oltre alla controinteressata per il servizio prestato nel periodo antecedente l’affidamento dell’appalto oggetto della gara in controversia.>>

Tratto dalla sentenza numero 645 del  20 aprile 2011 pronunciata dal Tar Liguria, Genova

Illegittima autotutela_presenti gli estremi dell’articolo 2043_pa condannata al risarcimento del lucro cessante e del danno emergente

Riportiamo un significativo passaggio della sentenza numero 213 del 22 aprile 2011 pronunciata dal Tar Molise, Campobasso


<<Sussistono tutti gli elementi della responsabilità civile dell’Amministrazione: il provvedimento illegittimo, la lesione dell’interesse legittimo, il danno patrimoniale, il nesso di causalità tra evento e conseguenza e la colpa soggettiva dell’Amministrazione.

In particolare, quest’ultima si evince dal mancato rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento, risultante dalla condotta complessiva del Comune resistente

Quanto al danno risarcibile, invero, la ricorrente ha perso la possibilità di prelevare e acquisire la legna dal bosco comunale, in conseguenza dell’illegittima autotutela amministrativa che l’ha esclusa dall’aggiudicazione della gara.

Ciò ha comportato un mancato guadagno, che può essere qualificato come lucro cessante e quantificato, nella misura forfettizzata del cinque per cento dell’importo a base d’asta (stabilito dal bando in euro 128.130,00).
 Inoltre, la ricorrente ha subito un danno diretto dall’annullamento in autotutela, poiché la prima aggiudicazione l’aveva indotta a predisporre mezzi e personale per il taglio boschivo, i cui costi, non compensati, sono qualificabili come danno emergente, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, benché essi debbano essere comprovati, mediante apposita documentazione commerciale. Un ulteriore danno per la ricorrente deriva dall’aver dovuto fornire, per la partecipazione alla gara, una cauzione provvisoria di euro 12.830,00 (quantificabile sulla base dei costi finanziari del danaro, secondo il tasso di interesse passivo bancario più basso praticato dalle affiliate A.b.i.).

Infine, vi è il danno patrimoniale – pure denunciato dalla ricorrente nella sua domanda risarcitoria - derivante dall’obbligo di rimborso della caparra raddoppiata, gravante in capo alla ricorrente medesima, nei confronti delle ditte che avevano prenotato l’acquisto del legname, versando in anticipo una caparra di 33mila euro. Ovviamente, anche tale danno dovrà essere comprovato dalla ricorrente, mediante apposita documentazione commerciale. >>

sabato 23 aprile 2011

In caso di avvalimento, la cauzione provvisoria deve essere intestata alla sola ditta partecipante e non anche alle imprese ausiliarie

Diversamente dall’ati dove la cauzione deve essere intestata alla capogruppo ma anche alle altre ditte interessate



Nessuna disposizione [del disciplinare, ndr] menzionava un obbligo di inclusione nell’intestazione della cauzione provvisoria segnatamente riferito alle imprese ausiliarie; né può identificarsi un obbligo di legge al riguardo discendente dall’art. 49 del D.L.vo 163 del 2006, posto che ivi, dopo aver contemplato un regime di responsabilità solidale tra l’impresa avvalente e quella ausiliaria, si dispone che il contratto di appalto è comunque eseguito dall’impresa avvalente, a nome della quale è rilasciato il certificato di esecuzione dei lavori: e, se lo stesso legislatore individua dunque nell’impresa avvalente l’unico soggetto titolare del contratto di appalto



Riportiamo qui di seguito un significativo passaggio tratto dalla sentenza numero 723 del 21 aprile 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce


Con riferimento, anzitutto, al primo motivo di ricorso, osserva il Collegio che lo stesso dev’essere disatteso sulla base delle considerazioni compiutamente espresse dal T.a.r. Veneto nella sentenza che segue:

<<[…] la ricorrente […] ha dedotto l’illegittimità della mancata esclusione di […] dalla gara in quanto tale Consorzio ha presentato, à sensi e per gli effetti dell’art. 75 del D.L.vo 163 del 2006, una cauzione provvisoria -segnatamente sotto forma di polizza fideiussoria […]- di per sé non contemplante quali soggetti garantiti anche le imprese indicate quali ausiliarie del Consorzio medesimo nella propria domanda di partecipazione alla gara.

In buona sostanza, secondo la tesi della ricorrente principale se il soggetto ausiliario presta al soggetto partecipante alla gara i propri requisiti di capacità economico-finanziaria ovvero di capacità tecnico-organizzativa rendendo in tal senso apposite dichiarazioni circa il proprio possesso dei requisiti prestati, allora -e per ineludibile conseguenza- anche il documento costitutivo della garanzia provvisoria non può che recare un’intestazione comprensiva dell’ausiliario medesimo, a discapito -in caso contrario- di un’evidente carenza di garanzia per l’amministrazione aggiudicatrice.

Il Collegio dissente da tale tesi.

Nessuna disposizione [del disciplinare, ndr] menzionava un obbligo di inclusione nell’intestazione della cauzione provvisoria segnatamente riferito alle imprese ausiliarie; né può identificarsi un obbligo di legge al riguardo discendente dall’art. 49 del D.L.vo 163 del 2006, posto che ivi, dopo aver contemplato un regime di responsabilità solidale tra l’impresa avvalente e quella ausiliaria, si dispone che il contratto di appalto è comunque eseguito dall’impresa avvalente, a nome della quale è rilasciato il certificato di esecuzione dei lavori: e, se lo stesso legislatore individua dunque nell’impresa avvalente l’unico soggetto titolare del contratto di appalto, risulta allora del tutto illogico affermare che l’onere cauzionale deve gravare (anche) su di un soggetto ulteriore e diverso, in ordine al quale rileva solo il rapporto interno con l’avvalente medesimo, ferma restando la predetta responsabilità solidale ex lege dell’ausiliario nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice>> (T.a.r. Veneto Venezia, I, 10 gennaio 2011, n. 12).

Un errore della commissione di gara fa rinnovare l’intera procedura: l’attuale esecutore dovrà richiedere una cauzione provvisoria per un appalto che sta ancora svolgendo!

Il Tar decide di mantenere in vita il contratto stipulato a seguito di una illegittima aggiudicazione fino all'espletamento di una nuova gara, depurata dai vizi riscontrati

A questa seconda procedura potrà partecipare anche l’attuale esecutore il quale, oltre a richiedere al proprio assicuratore, un’altra cauzione provvisoria per partecipare alla nuova gara, avrà ottime possibilità di aggiudicarsi nuovamente l’appalto

In sede di partecipazione ci dovrà essere l’impegno dell’assicuratore ad emettere una cauzione definitiva che già è in vigore!



Riportiamo un significativo passaggio tratto dalla sentenza numero 429 del 21 aprile 2011 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari


<<Il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente annullamento dell’intera procedura di gara.

All'accoglimento del gravame consegue l'annullamento degli atti di affidamento impugnati e - ai sensi dell'art. 122 del codice del processo amministrativo - la dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato fra l’Università degli Studi di Cagliari e la società controinteressata per la gestione del servizio in questione.

L'annullamento dell'intera procedura comporta che la stazione appaltante debba rinnovarla integralmente, sicché l'accoglimento della domanda di declaratoria di inefficacia del contratto stipulato con effetto immediato o addirittura retroattivo causerebbe la cessazione di un servizio fondamentale per l’Amministrazione, stante l'impossibilità per il ricorrente di subentrare nell'esecuzione. Si ritiene quindi di mantenere l'efficacia del contratto per il tempo presuntivamente necessario all'espletamento di una nuova gara per l'affidamento del servizio in discussione, depurata dai vizi sopra riferiti. Tale periodo può essere fatto coincidere con il 31 luglio 2011, data dalla quale cesserà l'efficacia del contratto de quo.

Ciò in quanto, nel bilanciamento degli interessi in gioco ai fini della declaratoria di inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 122 del Codice del processo amministrativo conseguentemente ad una pronuncia di annullamento dell'intera procedura di gara, l'interesse del ricorrente vittorioso può ragionevolmente essere bilanciato con quello della continuità del servizio oggetto del contratto illegittimamente aggiudicato mediante il mantenimento dell'efficacia del contratto stesso per il tempo presuntivamente necessario a svolgere una nuova procedura di aggiudicazione.

In conclusione quindi il ricorso deve essere accolto nei termini sopraevidenziati, con annullamento dell'intera procedura di gara e pronuncia di inefficacia del contratto stipulato a far data dal 31 luglio 2011>>

venerdì 22 aprile 2011

Il Consiglio di Stato ribalta il giudizio di primo grado in tema di esclusione di un’impresa la cui cauzione provvisoria non tenga conto anche degli oneri della sicurezza

Se sono sbagliate le indicazioni della stessa Stazione appaltante sull’importo della cauzione provvisoria, l’impresa che non include, nell’importo in garanzia, anche gli oneri per la sicurezza, non può venir esclusa



Riportiamo qui di seguito un passaggio tratto dalla decisione numero 2446 del 20 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato:

<<Rilevato che i Primi Giudici hanno ritenuto fondato la censura con la quale la parte ricorrente aveva contestato l’ammontare della cauzione provvisoria prodotta dall’aggiudicataria, lamentando il mancato computo, nel calcolo del 2% del prezzo dell’appalto, degli oneri di sicurezza;

Ritenuto che meritano positiva valutazione le censure mosse dall’appellante alla stregua delle considerazioni che seguono;

Rilevato che il capitolato speciale, diversamente dal bando di gara, sanciva l’inclusione degli oneri di sicurezza nell’importo dei lavori posto a base di gara, a sua volta considerato dalla legge ai fini del calcolo dell’ammontare della cauzione provvisoria (punto 1.2. : “l’importo dei lavori posto a base di gara ammonta ad euro 1.133.099,33 di cui euro 16.195,36 di oneri di sicurezza”);

Ritenuto che, a fronte dell’incertezza innescata dal non equivoco tenore delle prescrizioni dettate dai documenti di gara in merito alla portata dell’adempimento, risulta decisivo l’affidamento qualificato ingenerato dalla nota di chiarimenti resa dell’Ufficio Acquisti della Stazione appaltante secondo cui l’importo pari al 2% del prezzo a base d’asta avrebbe dovuto essere calcolato su euro 1.133,099,33;

Reputato, in definitiva, che il principio comunitario di tutela del legittimo affidamento impedisce di sanzionare con l’esclusione dalla procedura il concorrente che abbia tenuto una condotta conforme alle indicazioni fornite dalla stazione appaltante ai fini proprio dell’interpretazione della disciplina di gara (cfr., in merito alla rilevanza del principio di tutela del legittimo affidamento nelle procedure di gara, Corte Giust, sentenza 27 febbraio 2003, in causa 327/2000); >>

Ai sensi dell'art. 1227 cod.civ., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno

Art. 1227 Concorso del fatto colposo del creditore
Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (2056 e seguenti).



Nelle gare di appalto, l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga ricorso e possa ragionevolmente confidare che riuscirà vittoriosa, non può mai nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative.

Pertanto, non costituisce, normalmente, e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell'attesa dell'aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l'impresa si attivi per svolgere altre attività.

Di qui la piena ragionevolezza della detrazione, affermata dalla giurisprudenza, dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%, sia dell'aliunde perceptum, sia dell'aliunde percipiendum con l'originaria diligenza.

Inoltre, nel caso specifico, come sostiene l’Amministrazione appellante e riconosce la stessa sentenza impugnata, la ricorrente in primo grado non ha fornito alcuna prova puntuale di non aver potuto eseguire altrove incarichi lucrativi, nonostante la mancata aggiudicazione della gara, né ha fornito, di ciò, alcuna giustificazione plausibile, non valendo a tanto il generico calo di fatturato lamentato per l’anno 2007 (ed in tal senso infondato si appalesa l’appello incidentale proposto dalla impresa resistente, non essendo condivisibile l’asserita inapplicabilità del principio al settore degli appalti di forniture, al quale appare, invece, perfettamente attinente).

Pertanto la somma spettante a Pedacta a titolo di risarcimento per lucro cessante deve essere determinata nel 10% dell'importo dell'offerta economica da quest'ultima presentata, ridotto al 5% tenendo conto dell'aliunde perceptum presumibile dell'impresa e secondo un criterio di riduzione in via equitativa sovente applicato nella giurisprudenza di questo Consiglio (sez. IV, 07 settembre 2010 , n. 6485; sez. VI, 9 marzo 2007 , n. 1114; sez. VI, 9 novembre 2006 n. 6607).

Tratto dalla decisione numero 2427 del 19 aprile 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato