lunedì 27 giugno 2011

Corso di Formazione “Novità del decreto sviluppo, del regolamento di attuazione al codice dei contratti, della direttiva ricorsi e del codice del processo amministrativo”Roma, 6 e 7 luglio 2011

Come già evidenziato nella precedente circolare numero 87 del 21 giugno 2011, nell’ambito deil programma di  formazione organizzato da Federcasa, il 6 e 7 luglio 2011 presso l’Hotel Massimo D’Azeglio, Via Cavour 18 – Sala Risorgimento si terrà un incontro di formazione dedicato, principalmente,  ad un’ attenta analisi del decreto 70_2011_dopo il voto di fiducia ottenuto alla Camera ed in attesa della conlusione dell’iter presso il Senato_ per quanto concerne le novità in tema di edilizia residenziale pubblica e di appalti di lavori, servizi e forniture

Durante il corso verranno altresì illustrati alcuni temi fondamentali dopo l’entrata in vigore del regolamento di attuazione del codice dei contratti e successivamente all’entrata in vigore sia della direttiva ricorsi che del nuovo codice del processo amministrativo in tema di procedura ad evidenza pubblica

Per questi ultimi due aspetti sarà fondamentale commentare le ultime e numerosissime  sentenze in modo da conoscere l’orientamento dei nostri giudici amministrativi

La conclusione dei lavori sarà dedicata all’illustrazione del contenuto della polizza di responsabilità civile terzi e responsabilità amministrativa che la Reale Mutua di Assicurazioni offre, in esclusiva, ad amministratori, dirigenti e dipendenti degli degli Enti associati a Federcasa_ la relazione sarà curata  dal Dr Stefano Rosari di A&M Consulting Broker e dal Dr Marco Minesi Agente della Reale Mutua di Assicurazioni


I Relatori delle parti tecniche  sono la  drs. Saveria Sechi, l’ arch. Massimo Capolla e la drs Sonia Lazzini
programma nel dettagli su
http://www.federcasa.it/circolari/2011/06/089.pdf

domenica 26 giugno 2011

la violazione della clausola di “stand still”, senza che concorrano vizi propri dell'aggiudicazione, non comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o l'inefficacia del contratto

l’esecuzione in via d’urgenza non è parificabile alla stipulazione del contratto



Non merita adesione neppure il terzo motivo, con cui si lamenta la violazione della clausola di “stand still”.

Sul punto, è stato rilevato che la violazione della clausola di “stand still”, senza che concorrano vizi propri dell'aggiudicazione, non comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o l'inefficacia del contratto, in quanto trattasi di una fase successiva a quella di selezione del migliore contraente, che, per ciò stesso, non potrebbe ripercuotersi negativamente sul provvedimento di aggiudicazione definitiva (T.A.R. Lazio, Roma, III ter, 9 dicembre 2010, n. 35816; II, 2 dicembre 2010, n. 35031; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, I, 20 ottobre 2010, n. 942; T.A.R. Campania, Napoli, I, 14 luglio 2010, n. 16776).


Inoltre, la violazione della norma in questione presuppone che sia intervenuta la stipulazione del contratto, senza il quale non sussiste alcuna violazione della clausola in commento, non essendo l’esecuzione in via d’urgenza parificabile alla stipulazione del contratto, anche ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. 121 e 122 cod. proc. amm.: laddove, nel caso in specie, al momento in cui la ricorrente ha proposto ricorso, la P.A. aveva solo affidato in via d’urgenza il servizio, giustificando, peraltro, il ritardo con cui aveva proceduto all’indizione della gara.


La reiezione della domanda di annullamento dell’aggiudicazione definitiva comporta, di conseguenza, la reiezione delle connesse domande di risarcimento dei danni, e di subentro nel contratto eventualmente stipulato

Tratto dalla sentenza numero 1150 del 23 giugno 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

In Sicilia, la norma contenuta nell’art. 8, comma 11-quater, del “testo coordinato” presenta una formulazione differente rispetto all’art. 75, comma 7, del d.lgs. 163/2006

L’operato economico che intende usufruire del beneficio del dimezzamento della cauzione provvisoria non deve segnalare, in sede di offerta, il possesso del requisito né documentarlo

il che significa che la norma applicabile nella Regione Siciliana presenta un contenuto più ampio

di Sonia LAzzini


con il secondo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006, sostenendo che la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa, per avere prodotto una cauzione dimezzata, essendosi limitata a produrre la certificazione del sistema di qualità, senza dichiarare di volersene avvalere a tali fini; e che detta certificazione è stata rilasciata per un campo di attività estraneo ai lavori oggetto della gara

Anche tale censura va disattesa, atteso che:

- venendo in rilievo un appalto sotto soglia, la normativa applicabile è contenuta nell’art. 8, comma 11-quater, del “testo coordinato” della l. n. 109/1994 applicabile in Sicilia, cui, peraltro – quanto, in particolare, al dimezzamento della cauzione – fa espresso rinvio l’art. 17, punto f), del bando di gara;

- la norma contenuta nell’art. 8, comma 11-quater, del “testo coordinato” presenta una formulazione differente rispetto all’art. 75, comma 7, del d.lgs. 163/2006 di cui la controinteressata assume la violazione, atteso che il citato art. 8, comma 11-quater non fa alcun riferimento alla necessità che l’operatore economico, per fruire di tale beneficio, debba segnalare, in sede di offerta, il possesso del requisito, e documentarlo; il che significa che la norma applicabile nella Regione Siciliana presenta un contenuto più ampio, limitandosi a stabilire che “Le imprese alle quali venga rilasciata da organismi accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000, la certificazione di sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000, ovvero la dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati di tale sistema, usufruiscono dei seguenti benefìci:

a) la cauzione e la garanzia fidejussoria previste, rispettivamente, dal comma 1 e dal comma 2 dell'articolo 30 della presente legge, sono ridotte, per le imprese certificate, del 50 per cento” (comma 11-quater);

- quanto alla certificazione prodotta in sede di gara, va rilevato che la stessa attiene alla globalità dell’organizzazione aziendale ed è riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso (T.A.R. Lazio, Roma, I, 21 dicembre 2010, n. 37977; T.A.R. Sicilia, Catania, IV, 29 aprile 2010, n. 1287); tant’è che la stessa certificazione rilasciata alla ricorrente, e prodotta dalla controinteressata, contiene un’annotazione in calce, in cui si fa precisa che “La presente certificazione si intende riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso ed è utilizzabile ai fini della qualificazione delle imprese di costruzione ai sensi dell’art. 8 della Legge 109 del 11 febbraio 1994 e successive modificazioni e del D.P.R. n. 34 del 25 gennaio 2000…” (cfr. documentazione in atti);

- né la legge di gara ha stabilito limitazioni, nel senso prospettato dalla ricorrente incidentale, essendosi limitata a richiamare sic et simpliciter la normativa vigente in materia di cauzione;


Tratto dalla sentenza numero 1153 del 23 giugno 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

Direttiva ricorsi: annullamento di aggiudicazione, inefficacia del contratto e rifacimento della gara: non vi è spazio per il risarcimento per equivalente

L’inefficacia del contratto decorre dalla notificazione della sentenza


In applicazione dell’art. 122 del CPA, va dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato dal Comune di Nola con controinteressata a seguito dell’annullata aggiudicazione, con decorrenza dalla comunicazione in via amministrativa, o dalla notificazione a cura di parte se anteriore, della presente sentenza


La riattivazione della procedura concorsuale in questione, per effetto dell’annullamento degli atti lesivi, e la conseguente prospettiva dell’aggiudicazione della gara alla società ricorrente, sono satisfattive in forma specifica dell’interesse sostanziale vantato dalla medesima, per cui va esclusa la fondatezza di ulteriori pretese risarcitorie per equivalente.

Attesa la peculiarità della vicenda e delle questioni sollevate, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio, fermo restando il rimborso da parte del Comune soccombente dei contributi unificati, come per legge

Tratto dalla sentenza numero 3254 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

Inefficacia dell’attestazione Soa per mancata verifica triennale

l'ininterrotta efficacia della certificazione SOA per tutto il periodo quinquennale si verifica solo quando la verifica triennale, tempestivamente richiesta secondo l'art. 15-bis del d.P.R. n. 34 del 2000, si sia positivamente conclusa (cfr. Cons. St., sez. V, 12/7/2010, n. 4477).

Nel caso in cui manchi, per qualsiasi motivo, la verifica alla scadenza del triennio, l’attestazione non è più efficace e il concorrente resta privo del requisito di qualificazione fino al rilascio di una nuova attestazione.

Sennonché il requisito della qualificazione deve sussistere non solo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma deve anche permanere senza soluzione di continuità per tutta la durata del procedimento di gara (cfr. Aut. Vigilanza Contratti Pubb., parere 22/7/2010, n. 145).


Nel momento in cui la Commissione di gara ha adottato le determinazioni in ordine alla ammissibilità dei concorrenti (con i verbali del 24 e 25/11/2009) la ALFA non era in possesso del requisito necessario per l’ammissione in gara, secondo quanto prescritto dall’art. 4, lett. c, del bando.

Pertanto la medesima andava esclusa, a nulla rilevando che all’epoca fosse in corso la pratica per il rilascio di una nuova attestazione di qualificazione.

Infatti le determinazioni della stazione appaltante e la stessa conclusione della procedura non possono certo rimanere indefinite e subordinate per l’esito incerto di tale pratica, a nulla rilevando che l’attestazione sia stata poi emessa prima dell’aggiudicazione definitiva della gara.


Tratto dalla sentenza numero 3254 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

In base all’art. 124 del CPA, se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato, fatta salva la valutazione ai sensi dell’art. 1227 c.c. della condotta processuale della parte ricorrente.

Nella specie, atteso l’esaurimento del servizio in questione in epoca anteriore alla tempestiva proposizione del ricorso, l’annullamento dell’aggiudicazione non può determinare alcun risarcimento in forma specifica, potendo trovare applicazione unicamente un risarcimento per equivalente, posto che la ricorrente, seconda classificata nella gara di cui trattasi, sarebbe risultata aggiudicataria in caso di corretta applicazione delle disposizioni di gara.

Al riguardo va in primo luogo rilevato che la pretesa risarcitoria della società ricorrente non può subire limitazioni nel caso in esame, posto che nessun addebito emerge per fatto colposo o difetto di diligenza del creditore, tenendo anche conto del comportamento processuale della parte interessata

la liquidazione del lucro cessante per il mancato guadagno nella misura del 10%, senza riduzioni e limitazioni, comprende, in una valutazione equitativa del danno complessivo, anche il danno curriculare genericamente lamentato dalla società ricorrente


si stabilisce, in base all’art. 34, co. 4, del CPA, come criterio per la quantificazione del danno, a cura della stessa stazione appaltante debitrice, la determinazione di una somma pari al 10% del prezzo unitario offerto in gara dalla società ricorrente (al netto di IVA), moltiplicato per il numero di utenti del servizio che hanno partecipato al soggiorno in questione


Di Sonia Lazzini

La società ricorrente chiede il risarcimento dei danni all’uopo rappresentando che la dinamica degli avvenimenti dimostrerebbe l’impossibilità per la ricorrente stessa di attivare i rimedi giurisdizionali o di autotutela prima della conclusione del servizio oggetto dell’appalto in questione ed escluderebbe altresì un errore scusabile per la stazione appaltante. Il danno lamentato dalla ricorrente consisterebbe:
- nel lucro cessante, pari al 10% dell’offerta economica formulata in sede di gara (euro 278,05) moltiplicato per il numero dei partecipanti al soggiorno (263 unità, ovvero nel minore o maggior numero effettivamente risultante), spettante per intero (euro 7.312,72) atteso l’inutilizzo di mezzi e personale nel periodo di impegno per l’appalto in questione;
- nel danno curriculare, derivante dalla perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale di una ulteriore esperienza da far valere in altre gare, quantificato nella misura del 3% del mancato fatturato (euro 2.193,81);
- l’importo complessivo di euro 9.606,53 (recte: 9.506,53) andrebbe inoltre maggiorato di rivalutazione monetaria ed interessi legali dal 27/10/2010 (data della domanda) al deposito della sentenza e degli interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo.


Non è risarcibile un danno emergente consistente nelle spese per la partecipazione alla gara, posto che tali spese comunque restano normalmente a carico del concorrente a prescindere dall’aggiudicazione. Il pregiudizio derivante dalla illegittima perdita dell’occasione (cd. perdita di chance) per la mancata aggiudicazione consiste invece essenzialmente nel lucro cessante, che va rapportato all'utile che l'impresa avrebbe conseguito per effetto dell'aggiudicazione illegittimamente negata.

Tale guadagno, da valutare tenendo conto di una ragionevole valutazione delle probabilità di successo dell’impresa pretermessa e delle regole del mercato nel quale è inserita, è quantificato dalla prevalente giurisprudenza nella misura del 10% dell'importo dell'appalto, in mancanza di concludenti elementi tali da indurre ad una diversa determinazione.

Orbene, nella specie, la società ricorrente ha prodotto un preventivo di spesa ed una giustificazione del prezzo che sorreggono una stima dell’utile atteso dall’espletamento del servizio in questione nella misura complessiva del 10% del fatturato.

2.3. Rispetto a tale somma è da escludere che, considerata l’attività particolare oggetto del servizio di una agenzia di viaggi, vada operata una decurtazione per il c.d. aliunde perceptum, cioè per l'utile alternativo che l'impresa presumibilmente può aver acquisito grazie allo svolgimento di una prestazione incompatibile con quella che avrebbe dovuto eseguire ove si fosse aggiudicato l'appalto.

Questa evenienza, che si verificherebbe solo nell’ipotesi in cui il medesimo pacchetto turistico individuato dall’offerta, fosse stato venduto ad altro acquirente, non risulta verificata, per cui può essere ragionevolmente presunto, anche per i tempi ed termini molto ristretti del soggiorno in questione, che l’occasione prospettata dalla società ricorrente sia svanita senza lasciare alla medesima possibilità lucrative alternative.

2.4. Altro elemento che concorre a determinare il mancato guadagno è il cosiddetto "danno curriculare", ovvero il pregiudizio derivante a causa della mancata inclusione dell'appalto ad arricchimento del proprio curriculum professionale e quindi nel mancato accrescimento della capacità di competere sul mercato. Tale componente del danno è principalmente un aspetto della perdita di chance ad aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti, ma può manifestarsi anche nella forma di un nocumento all'immagine dell’impresa ed al suo radicamento nel mercato.

Sennonché in ordine a tale danno, che non si sottrae ai principi generali in tema di onere della prova, non risultano adeguati elementi probatori a dimostrazione di una effettiva potenzialità lesiva degli atti illegittimi annullati sull’attività aziendale della società ricorrente e, tanto meno, sulla sua immagine commerciale.

Per cui è da ritenere che la liquidazione del lucro cessante per il mancato guadagno nella misura del 10%, senza riduzioni e limitazioni, comprenda, in una valutazione equitativa del danno complessivo, anche il danno curriculare genericamente lamentato dalla società ricorrente (cfr. Cons. St., sez. VI, 9.6.2008, n. 2751).


Tratto dalla sentenza numero 3257  del 20 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

diritto alla corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies l. 241/90: non può essere riconosciuto al promotore

Secondo la norma invocata, in caso di revoca di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere all’indennizzo dei pregiudizi che la revoca comporta in danno dei soggetti direttamente interessati.

Si tratta di una misura indennitaria volta a compensare il pregiudizio che il privato viene a soffrire in relazione al legittimo esercizio del potere di ritiro di un provvedimento inopportuno, costitutivo di un rapporto dal quale il privato medesimo trae concreta utilità.

Nel caso in esame, non può dirsi ricorrano tali condizioni.
Il promotore assume, oltre al rischio economico, anche quello amministrativo ed è fisiologicamente esposto al dovere permanente dell’amministrazione di verifica della reale fattibilità del progetto da esso presentato; qualora, poi, gli approfondimenti del caso conducano a ravvisare un impedimento prima rimasto occulto, e si imponga un conseguente arresto, anche definitivo, del procedimento, questo non integra un atto di ritiro della iniziale valutazione di interesse pubblico con riferimento al progetto, in quanto il nuovo atto si colloca su un piano del tutto distinto rispetto al precedente, limitandosi a prendere atto dell’esistenza dell’impedimento emerso (C.d.S., sez. V, 7 aprile 2011, n. 2154).

Tanto basta per concludere per il rigetto del ricorso.
Può, peraltro, aggiungersi che, per quanto riguarda le motivazioni collegate alla lamentata inattività (la “colpevole assenza”) del promotore, il provvedimento di revoca assume piuttosto la valenza di un atto sanzionatorio o di decadenza, estraneo alla sfera di applicabilità dell’art. 21 quinquies della l. 241/90 (cfr. C.d.S., sez. V, 17 settembre 2008, n. 4424). Né potrebbero ravvisarsi i presupposti per l’indennizzo previsto per lo speciale caso di annullamento di ufficio ex art. 1, co. 136, della l. 30 dicembre 2004, n. 311 - che, però, non costituisce titolo della domanda di parte ricorrente -, poiché esso spetta soltanto nel caso di annullamento di “provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati”.

Tratto dalla sentenza numero 3274 del 21 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

la totale carenza dell’attestazione SOA in capo al concorrente non è ovviabile mediante lo strumento dell’avvalimento

può reputarsi legittimato a partecipare ad una gara per l’affidamento di lavori pubblici soltanto l’operatore del settore, anche se non qualificato per la specifica categoria e per la specifica classifica richiesti in appalto


l’avvalimento è strumento per integrare le capacità correlate ai requisiti di ordine speciale richiesti al concorrente, consentendogli di avere maggiori chances di successo e di crescita, il tutto a vantaggio di un mercato competitivo ed equilibrato, ma non già mezzo per sovvertire radicalmente l’ordine economico, aprendo i mercati a meri intermediari e/o a fiduciari e mettendoli in competizione con gli operatori dei mercati di riferimento;


il concorrente deve essere, pertanto, un operatore economico nel settore commerciale che caratterizza in via specifica l’oggetto del contratto e il fine al quale tende l’amministrazione aggiudicatrice e deve, altresì, possedere almeno in parte i requisiti di ordine speciale ai fini dell’esecuzione dell’appalto;


di Sonia Lazzini


 così, se – come nella specie – il contratto ha per oggetto immediato e diretto la realizzazione di lavori, la competizione dovrà essere riservata agli appaltatori di lavori, con esclusione, quindi, di altre categorie, non potendosi l’istituto dell’avvalimento forzare fino al punto di stravolgere l’ordine economico e le basilari regole di qualificazione professionale delle imprese esecutrici;

alla stregua delle superiori considerazioni, può reputarsi legittimato a partecipare ad una gara per l’affidamento di lavori pubblici soltanto l’operatore del settore, anche se non qualificato per la specifica categoria e per la specifica classifica richiesti in appalto;

l’operatore del settore dei lavori pubblici deve, cioè, essere indefettibilmente titolare di un’azienda – intesa, ai sensi dell’art. 2555 cod. civ., quale complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa – comprendente anche, quale bene immateriale, l’attestazione SOA; per modo che l’assenza di tale ultimo requisito fa venire meno la connotazione della predetta azienda in termini di azienda del settore e la qualità del relativo titolare in termini di imprenditore del settore, legittimato a partecipare ad una gara per l’affidamento di lavori pubblici;

la totale carenza dell’attestazione SOA in capo al concorrente non è, dunque, ovviabile mediante lo strumento dell’avvalimento, che è destinato a integrare una organizzazione aziendale realmente esistente ed operante nel segmento di mercato proprio dell’appalto posto in gara, ma che, di certo, non consente di creare un concorrente virtuale, costituito solo da una segreteria di coordinamento delle attività altrui, né di partecipare alla competizione ad un operatore con vocazione statutaria ed aziendale completamente estranea rispetto alla tipologia di appalto da aggiudicare;


tratto dalla sentenza numero 3329 del 23 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

pur promanando l'attestazione SOA da un soggetto di diritto privato, non è preclusa all’impresa concorrente la possibilità di dichiarare la relativa copia conforme all'originale

le clausole della lex specialis di gara devono interpretarsi in funzione della finalità perseguita dall’amministrazione e nell’ottica di consentire la più ampia concorrenza, tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri partecipativi


in virtù del principio di eterointegrazione automatica della lex specialis da parte di una norma primaria di immediata applicazione_ gli artt. 19 e e 77 bis del d.p.r. n. 445/2000_ e, quindi, dell’effetto legale tipico da quest’ultima derivante, la modalità alternativa all’autenticazione era, dunque, esperibile dall’impresa concorrente, anche in mancanza di una espressa previsione di essa da parte della stazione appaltante


vi è quindi equiparazione fra  la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà all’autenticazione di copie di cui al precedente art. 18 e, d’altro lato, vi è l’immediata applicabilità di siffatta modalità alternativa di attestazione di conformità all’originale nell’ambito delle procedure di affidamento ad evidenza pubblica


qualora il disciplinare di gara richieda, a pena di esclusione, le copie autentiche di certificati, è illegittima la sanzione espulsiva irrogata all’impresa che dei prescritti certificati abbia presentato attestazione di conformità agli originali ex art. 47 del d.p.r. n. 445/2000

i superiori approdi non vengono meno per il fatto che tra le copie dichiarate dalla Ricorrente Costruzioni conformi agli originali ai sensi dell’art. 19 del d.p.r. n. 445/2000 figura anche l’attestazione SOA

di Sonia Lazzini

Considerato che:

- la Ricorrente Costruzioni ha prodotto in gara la propria attestazione SOA, il proprio certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti relativi al proprio amministratore unico e direttore tecnico in copie dichiarate conformi agli originali ai sensi dell’art. 19 del d.p.r. n. 445/2000;

- a tenore del paragrafo 3 del disciplinare di gara, ciascun concorrente, a pena di esclusione, avrebbe dovuto inserire nella busta “A – Documentazione” il “certificato di attestazione SOA in originale in corso di validità o in copia autenticata, a pena di esclusione, ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. n. 445/2000”, il “certificato, in originale o copia autenticata, ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. n. 445/2000, di iscrizione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura” e i “certificati, in originale o copia autenticata ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. n. 445/2000, del casellario giudiziale e dei carichi pendenti della legale rappresentanza, nonché dei soggetti di cui all’art. 38, comma 1, lett. b e c, del d.lgs. n. 163/2006 ed all’art. 26, comma 1, lett. b e c, della l. r. Campania n. 3/2007”,

- le clausole concorsuali sopra richiamate avrebbero dovuto interpretarsi in funzione della finalità perseguita dall’amministrazione e nell’ottica di consentire la più ampia concorrenza, tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri partecipativi;

- alle regole di semplificazione e di non aggravamento sono, appunto, da intendersi ispirati gli artt. 19 (“la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all’art. 47 può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio sono conformi all'originale”) e 77 bis (“le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall'art. 78”) del d.p.r. n. 445/2000, i quali, da un lato, equiparano la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà all’autenticazione di copie di cui al precedente art. 18 e, d’altro lato, sanciscono l’immediata applicabilità di siffatta modalità alternativa di attestazione di conformità all’originale nell’ambito delle procedure di affidamento ad evidenza pubblica;

- in virtù del principio di eterointegrazione automatica della lex specialis da parte di una norma primaria di immediata applicazione, e, quindi, dell’effetto legale tipico da quest’ultima derivante, detta modalità alternativa all’autenticazione era, dunque, esperibile dall’impresa concorrente, anche in mancanza di una espressa previsione di essa da parte della stazione appaltante (che si era limitata a prescrivere l’esibizione di copie dei certificati richiesti, autenticate ai sensi 18 del d.p.r. n. 445/2000);

- pertanto, anche allorquando – come nella specie – il disciplinare di gara richieda, a pena di esclusione, le copie autentiche di certificati, è illegittima la sanzione espulsiva irrogata all’impresa che dei prescritti certificati abbia presentato attestazione di conformità agli originali ex art. 47 del d.p.r. n. 445/2000, posto che una simile clausola concorsuale concerne documenti che, essendo conservati presso pubbliche amministrazioni, rientrano tra quelli che possono essere sostituiti da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, secondo l'art. 19 del d.p.r. n. 445/2000 (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 67/2009; TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, n. 68/2011);

- proprio in ragione del richiamato principio di eterointegrazione e del connesso effetto legale tipico di immediata applicabilità della disciplina di cui all’art. 19 del d.p.r., la lex specialis di gara non era, peraltro, da intendersi illegittima, laddove non aveva previsto la modalità alternativa di attestazione di conformità all’originale mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà; cosicché non se ne imponeva alla ricorrente l’impugnazione congiuntamente all’atto di esclusione, come, invece, eccepito dall’amministrazione resistente;

- i superiori approdi non vengono meno per il fatto che tra le copie dichiarate dalla Ricorrente Costruzioni conformi agli originali ai sensi dell’art. 19 del d.p.r. n. 445/2000 figura anche l’attestazione SOA;

- al riguardo, occorre, infatti, rimarcare che, pur promanando l'attestazione SOA da un soggetto di diritto privato, non è preclusa all’impresa concorrente la possibilità di dichiarare la relativa copia conforme all'originale, sia in quanto il documento in parola è conservato dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, alla quale è trasmesso dall’organismo emittente ai sensi dell'art. 12, comma 5, del d.p.r. n. 34/2000 (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. IV, n. 218/2007), sia in quanto il documento medesimo assolve una funzione pubblicistica di certificazione, che lo attrae al regime di cui all’art. 19 del d.p.r. n. 445/2000;

Tratto dalla sentenza numero 3331 del 23 giugno 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

sabato 25 giugno 2011

Cauzione provvisoria in caso di Ati: al di là del formalismo, devono essere coperti gli eventuali inadempimenti_mancata sottoscrizione del contratto o mancata dimostrazione dei requisiti_ di tutte le partecipanti

dovendo la garanzia comprendere anche gli obblighi posti partitamente in capo ad ognuna delle imprese associande per il caso di mancata sottoscrizione del contratto e gli obblighi comunque derivanti dalla stessa partecipazione alla gara

di Sonia Lazzini

Ritenuto nel merito che sono fondate le seguenti censure proposte con i motivi aggiunti con riguardo alla cauzione provvisoria presentata dalla contro interessata e alla dichiarazione ex art. 38 d. lgs 163/2006 di Controinteressata Service Italy s.r.l. in ragione delle considerazioni che seguono


-) la cauzione provvisoria presentata dall’aggiudicataria , oltre ad essere intestata formalmente soltanto alla società mandataria del raggruppamento temporaneo da costituire, ha ad oggetto la garanzia dell’adempimento, da parte del raggruppamento costituito, degli impegni contrattuali, relativi cioè all’esecuzione della fornitura, non coprendo in maniera esplicita, quindi, gli inadempimenti, possibilmente imputabili anche alle future mandanti ( per esempio per l’ipotesi di mancato conferimento del mandato in caso di aggiudicazione), relativi agli obblighi assunti con l’offerta o relativi alla fase procedimentale ( per esempio mancata prova e conferma delle dichiarazioni relative ai requisiti rese nella domanda di partecipazione alla gara o nell’offerta);

-) la giurisprudenza del Consiglio di Stato ( cfr. VI, 28.2.2006 n. 893; cfr. anche Tar Lazio III, 4.8.2006 n. 6915) ha , sul punto, opportunamente chiarito che, nel caso di cauzione provvisoria intestata o sottoscritta soltanto alla mandataria di un futuro raggruppamento di imprese, il problema che si pone non attiene tanto al dato formale dei soggetti obbligati, essendo il rapporto di garanzia comunque intercorrente soltanto fra garante e stazione appaltante, quanto al dato sostanziale della determinazione dell’oggetto della garanzia, dovendo la garanzia comprendere anche gli obblighi posti partitamente in capo ad ognuna delle imprese associande per il caso di mancata sottoscrizione del contratto e gli obblighi comunque derivanti dalla stessa partecipazione alla gara; obblighi che, nel caso di specie, per la esplicita formulazione della cauzione prodotta dalla contro interessata, rimangono esclusi dall’oggetto della garanzia, a prescindere dalla considerazione del dato formale dell’intestazione del contratto di fideiussione soltanto alla mandataria del futuro raggruppamento;

-) la dichiarazione resa dalla società Controinteressata Service Italy, in ordine alla non sussistenza delle cause di esclusione di cui all'art. 38 del d. lgs. 163/2006, per la sua esplicita formulazione concerne, oltre all'impresa, soltanto il soggetto dichiarante che è uno dei legali rappresentanti, e non è quindi riferibile anche agli altri rappresentanti legali con quel grado di univocità necessario per la rilevanza della dichiarazione in questione, che va riferita formalmente e specificamente alla situazione soggettiva di ciascuno dei rappresentanti legali, non prestandosi a possibili interpretazioni estensive di tipo sostanzialistico;

-) il bando prescriveva espressamente la predetta dichiarazione con riguardo non soltanto all’impresa ma anche ai legali rappresentanti a pena di esclusione, cosicchè la mancata osservanza della prescrizione anche con riguardo a taluno dei legali rappresentanti rendeva vincolata l’esclusione da parte della stazione appaltante, senza che possa minimamente essere condivisa la tesi dell’Agenzia resistente per la quale dovrebbe distinguersi, ai fini della causa di esclusione, fra inottemperanza sostanziale della prescrizione e mera mancanza della produzione del documento formale comprovante la sussistenza del requisito prescritto;

-) i sigg.ri M_ e B_ erano entrambi legali rappresentanti della società Controinteressata Service Italy in quanto autorizzati con pieni poteri ad impegnare contrattualmente la società, e soltanto il primo di questi era anche legale rappresentante delle altre due società del costituendo raggruppamento, le quali hanno invece reso regolare dichiarazione con riguardo a tutti i legali rappresentanti;

-) il corrispondente, e subordinato, motivo di ricorso incidentale riguardante la dichiarazione della ricorrente Ricorrente è infondato, atteso che la dichiarazione presentata sul punto è completa e conforme alla prescrizione di bando, sebbene resa in un contesto formale e documentale unitario insieme ad altra dichiarazione inerente l’osservanza delle norme sul collocamento obbligatorio del personale disabile;



Tratto dalla sentenza numero 5503 del 21 giugno 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

Le sanzioni di cui all’articolo 48 del codice dei contratti_tra cui ‘l’escussione della cauzione provvisoria_ non sono a discrezione della Stazione appaltante ma conseguono ex lege anche per il progettista

Appalto integrato: anche il progettista deve essere in grado di dimostrare il reale possesso di tutti i requisiti richiesti


la censura la quale lamenta che l’allegato “H” al disciplinare prevedeva soltanto che qualora i requisiti del progettista fossero risultati difformi da quelli indicati nel bando l’impresa sarebbe stata esclusa dalla gara, ma non prevedeva – così autolimitando l’operato futuro dell’Amministrazione – anche l’applicazione delle ulteriori sanzioni di cui all’articolo 48 del decreto legislativo n. 163/2006 va respinta perché l’articolo 48 citato (il cui comma 1, per la parte che qui interessa, prevede che qualora l’offerente sorteggiato non comprovi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta le stazioni appaltanti procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità per i provvedimenti di cui all'art. 6 comma 11) va respinta perché le testé esposte sanzioni di cui all’articolo 48 conseguono ex lege, e non su scelta dell’Amministrazione, alla mancata prova (idest, come nel caso di specie, alla prova contraria) delle citata dichiarazioni

di Sonia LAzzini

le impugnate determinazioni traggono origine dalla rilevata circostanza che, aggiudicata provvisoriamente la gara alla ricorrente e a seguito della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo all’incaricato della progettazione, sul relativo certificato del casellario giudiziale erano risultate annotazioni di cui quel progettista in sede di gara non aveva dichiarato l’esistenza;

Considerato che nessuna delle censure in ricorso risulta da accogliere

Considerato che nessuna delle censure in ricorso risulta da accogliere, così come di seguito specificato:

- la censura la quale lamenta che le condanne del citato progettista riportate dal certificato del casellario giudiziale integrale si riferiscono a reati per i quali il professionista ha ottenuto il beneficio della non menzione va respinta perché la normativa di riferimento [punto 1, lettera r), dell’allegato “B bis” al disciplinare di gara] non escludeva dall’obbligo di dichiarazione condanne per i reati per i quali fosse stato ottenuto il beneficio della non menzione; e prevedeva, in caso di omessa o incompleta dichiarazione, l’esclusione (v. il combinato disposto del punto 14, secondo alinea e del punto 3.b.1, primo ed ultimo periodo, del disciplinare);

- i rilievi i quali affermano che eventuali antinomie fra il disciplinare di gara [punto 3.b.1.1, lettera a), che non elencava tra i requisiti da dichiarare quello di cui alla lettera k) del precedente punto 2: “non aver riportato condanne per le quali è stata concessa la non menzione oppure aver beneficiato della non menzione per le seguenti condanne…” ] e il testo della citata dichiarazione di cui all’allegato “B bis”, che invece al punto r) richiedeva quella dichiarazione di “non aver riportato condanne per le quali è stata concessa la non menzione oppure aver beneficiato della non menzione per le seguenti condanne…”] non possono risolversi in danno dei concorrenti, e debbono anzi essere risolti attribuendo rilevanza alle disposizioni del disciplinare in ossequio al principio volto a garantire la più ampia partecipazione possibile, va respinta per la stessa considerazione esposta nel precedente alinea (espressa comminatoria d’esclusione);

- la censura la quale afferma che le condanne riportate dal progettista non riguardano reati gravi, né reati incidenti sulla sua moralità professionale, sicché il progettista non era neppure tenuto a dichiararli ai sensi del punto 2, lettera d), del disciplinare, va disattesa perché, anche a prescindere da ogni considerazione circa natura e gravità dei reati per i quali il professionista era stato condannato (v. allegato 10 al ricorso), in ogni caso - come sopra rilevato - era la stessa dichiarazione non veritiera che, ai sensi della citata normativa di gara, imponeva l’esclusione; sicché una pronuncia sul presente motivo non risulta rilevante ai fini dell'esito del presente giudizio;

- la censura la quale afferma che non può essere addossata alla ricorrente qualsivoglia responsabilità di natura penale per le dichiarazioni rese dal progettista e non può gravarsi l’impresa di responsabilità connesse a fatti ad essa direttamente non ascrivibili, risulta inammissibile quanto ai rilievi sulla responsabilità penale (non attenendo questi rilievi al presente giudizio) e infondata quanto ai rilievi sulla responsabilità amministrativa relativamente alla esclusione dalla gara (poiché la normativa di gara correttamente imponeva anche una corretta dichiarazione dei requisiti da parte del progettista);

tratto dalla sentenza numero 5651 del 24 giugno 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

Inefficacia del contratto e risarcimento per equivalente del lucro cessante per la parte di contratto già eseguita

Deve essere premesso che il Collegio ritiene in toto condivisibile la prospettazione del TAR circa la sussistenza della giurisdizione sulla domanda di annullamento del contratto sottoscritto dalla stazione appaltante con l’aggiudicatario, atteso che, nelle more del giudizio, è stato emanato prima il d.lgs. n. 53/2010 e poi il c.p.a., agli artt. 119 e 120, che la hanno prevista espressamente, e circa la dichiarazione di inefficacia; occorre verificare la correttezza delle statuizioni di primo grado in ordine alla quantificazione del risarcimento, quantificazione che include anche i costi del subentro e che, quindi, sotto questo profilo, non determinano alcun vizio di ultrapetizione o difetto di giurisdizione come afferma invece l’appellante incidentale con l’anzidetto atto di appello incidentale autonomo.

Secondo il Collegio, il criterio di quantificazione del danno, da ricondursi ai poteri equitativi i materia riconosciuti al giudice ai sensi dell’art. 1226 c.c., è corretto e risponde agli orientamenti della giurisprudenza di questo Consiglio in punto risarcimento danni derivanti dagli appalti pubblici.

Infatti, quando l'impresa partecipante ad una gara pubblica ottiene il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione, ovvero anche per la semplice perdita della possibilità di aggiudicazione, non sussistono i presupposti per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all'impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall'aggiudicazione (Consiglio di Stato , sez. IV, 7 settembre 2010, n. 6485).

Inoltre, sempre secondo tale orientamento da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, agli effetti della quantificazione del danno per lucro cessante, che l'impresa partecipante a gara pubblica assume di aver ingiustamente sofferto per effetto dell'illegittima mancata aggiudicazione dell'appalto, occorre che essa fornisca la prova rigorosa della percentuale d'utile che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, prova desumibile dall'esibizione dell'offerta economica da essa presentata al seggio di gara, non costituendo il criterio del 10% del prezzo a base d'asta un criterio automatico, ma solo presuntivo.

Pertanto, l'ammontare del risarcimento nella componente del lucro cessante può essere determinato in via equitativa nella misura del 10% dell'importo dell'offerta, solo se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare — in quanto apprestati ed approntati in previsione dell'appalto da aggiudicare — mezzi e maestranze per l'esecuzione di altri contratti; al contrario, quando tale dimostrazione non sia stata offerta, dovendosi peraltro ragionevolmente ritenere che l'impresa possa avere riutilizzato, come detto sopra, mezzi e manodopera per lo svolgimento di altre attività imprenditoriali, così limitando la perdita di utilità, il danno va liquidato riducendo detta percentuale in via equitativa.

Perciò, applicando tali criteri, immuni dalle censure che l’appellante incidentale propone, è stato riconosciuto alla ricorrente in primo grado, in via equitativa, il risarcimento del danno per equivalente per la mancata aggiudicazione del servizio per il periodo dal genn. 2008 al genn. 2011 nella misura forfetaria di euro 715.000,00.

Quanto alle spese di subentro, la relativa statuizione del TAR si limita soltanto ad evidenziare, condivisibilmente, che il subentrante non potrà porre a carico della stazione appaltante alcun onere ulteriore, rispetto alla propria offerta seconda classificata, collegato in via diretta o indiretta alla vicenda del subentro in corso di contratto, poiché, in tal guisa operando, verrebbe meno la certezza dell’offerta e la par condicio rispetto agli altri concorrenti.

Ove invece la ricorrente dichiarasse formalmente di rinunciare al subentro, poichè il contratto con l’ATI H., comunque, è dichiarato inefficace dal 10 genn. 2011 la stazione appaltante dovrebbe valutare l’opportunità di indire una nuova gara entro tale data, nel rispetto dei principi di legalità e di buon andamento che ne devono evidentemente connotare anche l’attività discrezionale.

Nessun rilievo di ultrapetizione, pertanto, può porsi rispetto a tale statuizione che si limita ad asserire principi giuridici del tutto condivisibili condizionanti in ogni procedura di gara il cd. subentro nel contratto del secondo classificato.

6. Ciò determina il rigetto dell’appello, la conferma della sentenza impugnata e il rigetto dell’appello incidentale autonomo.

passaggio tratto dalla decisione numero 3670 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Se la ricorrente vincitrice rifiuta il subentro contrattuale, la Stazione appaltante deve indire una nuova gara

Se la ricorrente vincitrice rifiuta il subentro contrattuale, la Stazione appaltante deve indire una nuova gara


Quanto alle spese di subentro, la relativa statuizione del TAR si limita soltanto ad evidenziare, condivisibilmente, che il subentrante non potrà porre a carico della stazione appaltante alcun onere ulteriore, rispetto alla propria offerta seconda classificata, collegato in via diretta o indiretta alla vicenda del subentro in corso di contratto, poiché, in tal guisa operando, verrebbe meno la certezza dell’offerta e la par condicio rispetto agli altri concorrenti.

Ove invece la ricorrente dichiarasse formalmente di rinunciare al subentro, poichè il contratto con l’ATI H., comunque, è dichiarato inefficace dal 10 genn. 2011 la stazione appaltante dovrebbe valutare l’opportunità di indire una nuova gara entro tale data, nel rispetto dei principi di legalità e di buon andamento che ne devono evidentemente connotare anche l’attività discrezionale.

Nessun rilievo di ultrapetizione, pertanto, può porsi rispetto a tale statuizione che si limita ad asserire principi giuridici del tutto condivisibili condizionanti in ogni procedura di gara il cd. subentro nel contratto del secondo classificato

passaggio tratto dalla decisione numero 3670 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato


Ecco un sunto della confermata sentenza di primo grado

sentenza numero 33406 dell’ 11 novembre 2010 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

Inoltre, ad avviso del Collegio, sussistono i presupposti per dichiarare (ai sensi dell’art. 122 Codice del Processo Amm.vo) inefficace il contratto stipulato (all’esito della gara) il 27 dic. 2007 tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria (odierna controinteressata), con decorrenza dal giorno 10 gennaio 2011, data in cui, all’esito delle prescritte verifiche, la ricorrente ha titolo a subentrare nel contratto medesimo.

E’ evidente che, comunque, il subentrante non potrà porre a carico della stazione appaltante alcun onere ulteriore, rispetto alla propria offerta seconda classificata, collegato in via diretta o indiretta alla vicenda del subentro in corso di contratto, poiché, in tal guisa operando, verrebbe meno la certezza dell’offerta e la par condicio rispetto agli altri concorrenti.

Ove invece la ricorrente dichiarasse formalmente di rinunciare al subentro poichè il contratto con l’ATI H.Controinteressata, comunque, è dichiarato inefficace dal 10 genn. 2011 la stazione appaltante dovrebbe valutare l’opportunità di indire una nuova gara entro tale data nel rispetto dei principi di legalità e di buon andamento che ne devono evidentemente connotare anche l’attività discrezionale.



Al riguardo, infatti, il Collegio, premesso che la lex specialis prevedeva un contratto della durata di anni 5 con scadenza al 31 dic. 2012 prorogabile di ulteriori 6 mesi, vista la domanda di reintegrazione in forma specifica formulata dalla ricorrente fin dalla proposizione dell’atto introduttivo, ritiene, da un lato, che l’offerta della ricorrente (seconda classificata con punti 89,54 a fronte dei 93,31 attribuiti alla H:Controinteressata) abbia le caratteristiche per risultare aggiudicataria, e, dall’altro, che sia interesse anche della Azienda Sanitaria Roma C risolvere il rapporto contrattuale instaurato con la controinteressata sulla base di una procedura di gara che, ove legittimamente svolta, avrebbe comportato l’esclusione della offerta H.Controinteressata per difformità dalle prescrizioni tecniche della lex specialis.
 Inoltre, quanto sempre all’interesse delle parti, non si può tralasciare l’osservazione che anche ragioni di buon andamento e di rispetto del principio di legalità esigono il travolgimento del contratto, in quanto il GIP del Tribunale di Roma dr.ssa G. G. ha fissato (con decreto 14 sett. 2010) per il 26 ottobre 2010 l’udienza preliminare per pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio degli indagati meglio indicati sopra al par. 1.6 in ordine ai delitti di cui agli artt. 326, comma 3, e 353, commi1 e 2, compiuti in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (escluso il membro esterno della commissione per il quale si era proceduto separatamente applicando l’art. 444 cod. proc. pen.); come si è sopra detto, tra gli indagati, infatti, figurano il responsabile dell’Ufficio bilancio dell’Az. USL – Roma C ed il legale rappresentante della H. Controinteressata.
Per le esposte considerazioni, quindi, si ritiene che, trattandosi di un global service della durata di 5 anni dall’aggiudicazione (con scadenza indicata negli atti di gara al 3 dic. 2012) il residuo periodo di gestione costituisca ancora per la ricorrente, gestore uscente e progettista del precedente servizio per oltre 5 anni, un’occasione imprenditoriale di indubbio interesse, specie sotto il profilo della presenza nell’ambiente dell’ingegneria informatica applicata alla attività sanitaria e, quindi, dell’acquisizione di specifiche referenze curriculari sia per la tipologia dei servizi sia per il fatturato specifico nel settore.


2.3. Pertanto, ad avviso del collegio, non risulta ostativa al subentro nel contratto, alla data 10 gennaio 2011, la circostanza che già prima della decisione della controversia la H.Controinteressata aveva già realizzato al 100% la maggior parte delle tipologie di attività e servizi previsti, quali il software di base, di ambiente ed applicativo, i componenti, i servizi di consulenza, formazione e avviamento, il servizio di conduzione del progetto, nonché i servizi di rete (geografia, locale e wireless e la fornitura di software di produzione individuale (vedi relazione 24 aprile 2010 H.Controinteressata agli atti).
Sul punto, comunque, la ricorrente ha precisato (vedi memoria ott. 2010) che (quanto alla praticabilità del subentro) non sono ipotizzabili preclusioni sul piano tecnico e che soprattutto la stessa conosce bene le esigenze della struttura sanitaria, essendo il gestore uscente del precedente servizio.
La ricorrente ha, invece, indicato, quali attività propedeutiche al passaggio di consegne, la migrazione dell’ambiente elaborativo, la migrazione dati dai sistemi in esercizio, il supporto allo start up, nonché la formazione agli utenti e la presa in carico dell’infrastruttura di rete, calcolandone il costo aggiuntivo in circa 11.800.000,00; successivamente, però, nella discussione della causa i difensori hanno precisato (a seguito di specifica richiesta di chiarimento di questo collegio) che l’esonero da tali costi aggiuntivi non costituiva una condizione o onere posto alla richiesta del proprio subentro nel contratto fino alla naturale scadenza del dic. 2012.
 E’ evidente che, comunque, il subentrante non potrà porre a carico della stazione appaltante alcun onere ulteriore, rispetto alla propria offerta seconda classificata, collegato in via diretta o indiretta alla vicenda del subentro in corso di contratto, poiché, in tal guisa operando, verrebbe meno la certezza dell’offerta e la par condicio rispetto agli altri concorrenti.
Ove invece la ricorrente dichiarasse formalmente di rinunciare al subentro poichè il contratto con l’ATI H.Controinteressata, comunque, è dichiarato inefficace dal 10 genn. 2011 la stazione appaltante dovrebbe valutare l’opportunità di indire una nuova gara entro tale data nel rispetto dei principi di legalità e di buon andamento che ne devono evidentemente connotare anche l’attività discrezionale.
2.4. Invece va riconosciuto a favore della ricorrente il risarcimento per equivalente del danno patito per il mancato esercizio del global service nel periodo dal 1 gennaio 2008 al 10 gennaio 2011, data fissata in questa sentenza per il subentro della ricorrente al fine di consentire l’organizzazione delle risorse della medesima e la cronoprogrammazione del passaggio delle consegne dal precedente aggiudicatario, nonché la predisposizione degli atti formali corrispondenti da parte della stazione appaltante.
Infatti nel caso di specie sussistono i requisiti necessari per configurare a carico della stazione appaltante la relativa responsabilità aquiliana, essendo evidenti si il nesso eziologico tra la mancata aggiudicazione ed il pregiudizio patito dal ricorrente sia l’elemento soggettivo, costituito (nel caso all’esame) dalla “colpa dell’apparato” (vedi C.d.S. n. 38/2010, est. Montedoro) connessa alla violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amm.ne.

Inoltre, come è noto, per consolidata giurisprudenza (vedi ex multis C.d.S. IV, 7 sett. 2010, n. 6485 nonché VI, 11 genn. 2010 n. 20 e V 19.6.2009 n. 4111) poiché l’annullamento dell’aggiudicazione illegittima configura un’ipotesi di responsabilità precontrattuale dell’amm.ne, il ricorrente ha diritto al ristoro del solo interesse negativo, comprensivo delle spese subite inutilmente in relazione alla trattativa, nonché della perdita di altre favorevoli occasioni, mentre non può essere ristorato il c.d. interesse positivo, e cioè il mancato guadagno che sarebbe derivato dal contratto non stipulato.
In applicazione di tali criteri, quindi, considerato che la ricorrente non ha documentato alcun genere di spese affrontate inutilmente per partecipare alla gara, comunque alla medesima come lucro cessante va ristorata la perdita della chance relativa alla possibile effettuazione del global service dal gennaio 2008 al gennaio 2011.

In via di principio tale pregiudizio economico per giurisprudenza consolidata va quantificato con riferimento all’utile medio di impresa che viene di norma calcolato nel 10% dell’importo dell’offerta, parametro fissato quale prezzo per il recesso dal contratto da parte della P.A. dall’art. 122 del D.P.R. n. 554/1999 (Regolamento di attuazione della legge sui lavori pubblici n. 109/1994); tale percentuale, però, va decurtata in via equitativa dal giudice quando il ricorrente – danneggiato non provi, anche in via presuntiva, di non aver potuto utilizzare altrove le risorse aziendali, a causa dell’impegno derivante dalla presentazione dell’offerta, essendo evidente che, al fine di evitare ingiustificate locupletazioni del danneggiato, dalle prospettate perdite va detratto “l’aliunde perceptum o percipendum” (vedi C.d.S. n. 6485/2010 citata).
2.4.1. Quindi, nel caso di specie, si ritiene che il pregiudizio risarcibile per la perdita di chance sia quantificabile in via equitativa nel 30% dell’utile d’impresa (pari al 16% dell’offerta) indicato dalla ricorrente nella memoria ott. 2010 in considerazione sia della assenza di documentazione circa il mancato utilizzo delle risorse aziendali in altre commesse sia della circostanza che l’utile del 16% (del valore dell’offerta di euro 14.980.000,00) è calcolato con riferimento all’intera durata quinquennale dell’appalto nella cui esecuzione, invece, la ricorrente subentrerà almeno per il residuo biennio, salvo proroghe.
Pertanto, applicando tali criteri, alla ricorrente in via equitativa viene riconosciuto il risarcimento del danno per equivalente per la mancata aggiudicazione del servizio per il periodo dal genn. 2008 al genn. 2011 nella misura forfettaria di euro 715.000,00.
2.4.2. Su tale importo va calcolata la rivalutazione monetaria (trattandosi di un debito di valore) dalla data della maturazione del diritto (e ciò dal 26 nov. 2007, data dell’aggiudicazione annullata) fino alla pubblicazione della presente sentenza; su tale somma sono, poi, dovuti gli interessi compensativi (conseguenti alla mancata disponibilità della somma in cui viene liquidato il debito di valore) da computarsi, sulla somma non rivalutata, (base del tasso degli interessi legali vigente al momento della maturazione del rateo del credito) per il periodo dall’aggiudicazione alla pubblicazione della presente sentenza ed, invece, sull’importo rivalutato per il periodo dalla pubblicazione della sentenza fino al saldo effettivo a favore della ricorrente (per i criteri di computo vedi C.d.S. 1574 e 1579 del 2007 ex multis nonché Cass. SS.UU. 17.2.1995 n. 1712 per puntuale esposizione dei criteri di computo degli interessi per debiti di valore).

Pertanto la domanda di risarcimento del danno in forma specifica mediante affidamento del global service viene accolta nei limiti sopradetti, fissando il subentro nel contratto alla data del 10 genn. 2011, mentre la domanda di risarcimento per equivalente per la parte già svolta del servizio viene accolta nei limiti sopra specificati.
3. Riepilogando, quindi, preliminarmente respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata con riguardo alla domanda di annullamento del contratto stipulato a favore della H.Controinteressata nel dicembre 2007, nel merito l’atto introduttivo viene accolto nei limiti sopraindicati e, per l’effetto, viene annullata la delibera Az. USL – Roma C 26 nov. 2007 n. 1393 di aggiudicazione della gara all’ATI di cui H.Controinteressata è mandataria, condannando la stazione appaltante al risarcimento del danno in forma specifica a favore della ricorrente, divenuta prima in graduatoria, mediante affidamento alla stessa del global service in controversia; va dichiarato, altresì, inefficace il contratto già stipulato con la controinteressata H.Controinteressata ATI a partire dal 10 genn. 2011, disponendo specularmente il subentro della ricorrente nell’affidamento del servizio fino al 31.12.2012, salvo proroghe; inoltre va accolta la domanda di risarcimento per equivalente per il mancato espletamento del servizio dall’inizio e fino al 10 genn. 2011, quantificandolo in via equitativa nella somma forfettaria di euro 715.000,00, su cui saranno computati interessi e rivalutazione secondo i criteri sopraindicati, condannando la stazione appaltante e la ATI controinteressata a versare la somma che risulterà dovuta alla ricorrente, con vincolo di solidarietà e ciascuno obbligato per la metà; per la restante parte respinge la domanda di risarcimento suddetta; infine dichiara inammissibile nei sensi sopra illustrati i due atti di motivi aggiunti.
Gli oneri di lite seguono la soccombenza e pertanto, liquidati in euro 8.000,00 oltre agli accessori di legge, sono posti a carico della Az. USL – Roma C e dell’ATI controinteressata, ciascuno obbligato per la metà, ma con vincolo di solidarietà.

La carenza degli elementi essenziali dell’offerta rende la stessa inammissibile

la richiesta di chiarimenti o integrazioni possa servire a completare l’offerta che sia carente di elementi essenziali o accessori, perché si violerebbe la par condicio tra i concorrenti se con l’integrazione e/o chiarimento si rendesse ammissibile un’offerta che sarebbe altrimenti inammissibile o anche solo si rendesse l’offerta degna di maggior punteggio in virtù dell’integrazione

Pertanto, sotto il profilo dell’esattezza della decisione del TAR in primo grado, il Collegio ritiene che vadano confermate in toto le relative statuizioni, con l’unica rilevante eccezione, come già detto, della questione concernete la reperibilità, questione, tuttavia, che non è in grado di incidere sotto il profilo sostanziale poiché le altre carenze riscontrate nell’offerta circa elementi essenziali mancanti, individuati dal TAR e, come detto, riscontrate anche da questo Collegio, comportano indiscutibilmente l’annullamento dell’aggiudicazione, così come disposto in primo grado.

Di Sonia Lazzini


Come è noto, infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio, che si è occupata della carenza degli elementi essenziali dell’offerta soprattutto sotto il profilo dell’inammissibilità di integrazioni postume, ha asserito definitivamente che l’assenza di elementi essenziali rende inammissibile l'offerta in quanto difforme a quanto richiesto dall’Amministrazione (cfr., di recente, Consiglio di Stato, sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9577). (passaggio tratto dalla decisione numero 3670 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato)



<< L’art. 46, del Codice dei contratti pubblici, nel configurare il potere-dovere di soccorso della stazione appaltante nei confronti dei concorrenti, dispone che le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.
Tale possibilità di richiesta di integrazioni o chiarimenti è peraltro sancita nei limiti previsti dai precedenti articoli da 38 a 45, che riguardano i requisiti di partecipazione e di qualificazione, ossia i requisiti soggettivi del concorrente.
Si pone pertanto la questione se la stazione appaltante abbia o meno il potere di chiedere chiarimenti in relazione alle offerte, senza con ciò violare la par condicio, nella fase di valutazione delle offerte medesime.
Va senz’altro escluso che la richiesta di chiarimenti o integrazioni possa servire a completare l’offerta che sia carente di elementi essenziali o accessori, perché si violerebbe la par condicio tra i concorrenti se con l’integrazione e/o chiarimento si rendesse ammissibile un’offerta che sarebbe altrimenti inammissibile o anche solo si rendesse l’offerta degna di maggior punteggio in virtù dell’integrazione.>>

Il secondo comma dell’articolo 48 sancisce la dimostrazione dei requisiti di ordine speciale in capo al primo e al secondo a pena di escussione della cauzione provvisoria

In caso di inadempimento, vige l’obbligo di escutere la cauzione provvisoria


Sotto altro profilo, può rilevarsi anche che il certificato di buona esecuzione richiesto ex art. 48, co. 2 del D.Lgs. n. 163/06, rilasciato dal committente privato o pubblico relativamente ai servizi che sono stati dichiarati con l'istanza di partecipazione, nella fattispecie, non è stato prodotto atteso che, come rilevato dall'appellante, la certificazione del commissario straordinario dell'Asl del 16/7/09, prot. 1670, si limita ad attestare soltanto gli importi delle somme pagate per il servizio di rilievo informatico e non anche la “ buona esecuzione” di tale servizio, come, invece, espressamente richiesto dal bando

Di Sonia Lazzini

Nel sistema dell’art.48 del d.lgs. n.163/2006, nella pendenza delle verifiche di legge, ove non già intervenute, l’aggiudicazione non ha effetti irreversibilmente lesivi, in quanto l’efficacia della stessa è condizionata alle verifiche stesse. In tal caso si riproduce nella sostanza una situazione analoga a quella della aggiudicazione provvisoria.

Il comma 2 del citato art. 48 stabilisce, infatti, che la richiesta di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito è inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni …si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione .

La procedura concorsuale dunque viene parzialmente rinnovata e viene disposta una nuova aggiudicazione, rispetto alla quale il concorrente in origine graduato al terzo posto, assume la veste di soggetto direttamente interessato in quanto immediatamente inserito in graduatoria dopo il nuovo aggiudicatario

Ciò è quanto avvenuto nella specie:

- al termine del procedimento di verifica dei requisiti in capo all’originario aggiudicatario, con determinazione del direttore generale n. 88 del 22 settembre 2009, Soresa annullava la aggiudicazione in favore del costituendo R.T.I. Cineca ed aggiudicava la gara al raggruppamento Controinteressata Reply.

- con nota del 23 settembre 2009, prot. 0007106, Soresa comunicava al raggruppamento RICORRENTE  ITALIA S.r.1. - RICORRENTE  2. S.p.A. che in ragione di ciò risultava essere secondo in graduatoria e gli richiedeva la documentazione attestante il possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara.

Il gravame deve, pertanto, ritenersi tempestivo.

Tratto dalla decisione numero 3671 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Rapporto fra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva e sorteggio dei requisiti speciali (con rischio di escussione della cauzione provvisoria)

la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria, naturalmente temporanea, possa non far seguito, in ragione del negativo riscontro sui requisiti posseduti dall'aggiudicatario, l'affidamento definitivo del contratto è un evento del tutto fisiologico e positivamente disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e 48 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163


In via di premessa il Collegio reputa opportuno richiamare i seguenti condivisibili principi giurisprudenziali (in parte non collimanti con quelli citati dal TAR), sulla relazione tra gravami contro la aggiudicazione provvisoria (suscettibile di verifiche e assimilabile concettualmente alla aggiudicazione ex art. 48 d.lgs. n.163/2006) e contro l’ aggiudicazione definitiva.

Di Sonia Lazzini


Quanto alla predetta relazione la giurisprudenza ha affermato che:

- l'onere per l'impresa di impugnare tempestivamente gli atti della procedura di evidenza pubblica, ad eccezione dell'esclusione dalla gara o delle clausole del bando immediatamente preclusive della partecipazione alla gara stessa, sorge in presenza dell'aggiudicazione definitiva (Cons. Stato , sez. V, 12 luglio 2010 , n. 4483);

- l'aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima ed in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso (Cons. Stato, sez. VI, 06 aprile 2010 , n. 1907);

- il carattere endoprocedimentale e di mera aspettativa dell'aggiudicazione provvisoria rende la sua impugnazione oggetto di una facoltà, ma non di un onere, essendo l'atto effettivamente lesivo quello conclusivo del procedimento, da impugnare in ogni caso (Cons. Stato, sez. V, 07 maggio 2008 , n. 2089);

- è da valutare improcedibile il ricorso avverso l'aggiudicazione provvisoria qualora non sia stata impugnata l'aggiudicazione definitiva, benché conosciuta, con conseguente consolidarsi degli effetti di quest'ultima, atteso che l'aggiudicazione definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche quando recepisca i risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti, con conseguente necessità di impugnativa autonoma della stessa, a pena di improcedibilità del ricorso proposto contro l'aggiudicazione provvisoria (Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2010, n. 8153 e 8154; 11 maggio 2010, n. 2817).

Questi principi, relativi al rapporto tra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definiva sembrano applicabili anche alla ipotesi (qui rilevante) in cui alla aggiudicazione definitiva segua un ulteriore segmento procedimentale (verifiche) e questo porti alla esclusione del primo aggiudicatario e ad una nuova aggiudicazione nell’ambito dello stesso procedimento.

Tratto dalla decisione numero 3671 del 20 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato