venerdì 30 dicembre 2011

l'inefficacia del contratto non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, che determina solo il sorgere del potere in capo al Giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti

Con il terzo motivo di appello è stata dedotta la annullabilità del contratto stipulato tra la Geotop s.r.l. e la A.V.E.P.A. ex art. 11, comma 10, del d. lgs. n. 163/2006, Direttiva 2007/66/CE e per i principi ivi contenuti e codificati nei decreti 53/2010 e 104/2010, per essere stato esso stipulato immediatamente dopo l’aggiudicazione ed essere stata comunicata alla appellante l’avvenuta aggiudicazione a contratto concluso ed eseguito.
Il T.A.R. non avrebbe tenuto conto dei principi contenuti nella epigrafata Direttiva e nella ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 2906/2010, tacendo sulle domande poste in via autonoma rispetto all’accertamento della legittimità della esclusione della appellante, atteso che i vizi denunciati, che attenevano alla procedura di aggiudicazione, avrebbero dovuto comportare l’annullamento del contratto, secondo i principi contenuti in detta Direttiva e recepiti con d. lgs. n. 53/2010 e d. lgs. n. 104/2010, non potendo seguire la stipula del contratto de plano all’aggiudicazione; pertanto gli appalti conclusi in violazione del termine sospensivo e della sospensione automatica avrebbero dovuto essere considerati privi di effetti in presenza di violazioni della Direttiva 2004/18/CE o della Direttiva 2004/17/CE (cioè illeciti di carattere sostanziale) nella misura in cui tali violazioni abbiano influito sulle opportunità dell’offerente che ha presentato ricorso di ottenere l’appalto.
Nel caso che occupa con i primi motivi aggiunti di primo grado era stato censurato il provvedimento di aggiudicazione definitiva anche per violazione degli artt. 11 (il cui comma 10 prevede che il contratto non può essere stipulato prima di trenta giorni dalla comunicazione ai controinteressati del provvedimento di aggiudicazione) e 79 del d. lgs. n. 163/2006, nonché dell’art. 121 del d. lgs. n. n. 104/2010. Infatti l’A.V.E.P.A. aveva comunicato alla Crisel s.r.l. il provvedimento di aggiudicazione definitiva avvenuta il 27.7.2009 solo in data 28.9.2009, procedendo alla sottoscrizione del contratto con Geotop s.r.l. il 28.7.2009.
Il T.A.R. avrebbe quindi dovuto vagliare la procedura concorsuale indipendentemente dalla esclusione della Crisel s.r.l. ed annullare comunque il contratto, non sussistendo nel caso di specie esigenze imperative tali da imporne il mantenimento degli effetti.
4.1.- Osserva la Sezione che, dopo l'entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva comunitaria 2007/66/Ce, ora trasfuse negli art. 121 e 122 del codice del processo amministrativo, in caso di annullamento giudiziale dell'aggiudicazione di una pubblica gara, spetta al G.A. il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o meno l'efficacia del contratto nel frattempo stipulato; il che significa che l'inefficacia non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, che determina solo il sorgere del potere in capo al Giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti.
Tutte le norme richiamate dall’appellante sono tuttavia subordinate al previo annullamento della aggiudicazione definitiva, sicché, essendo infondati i motivi di appello al riguardo e rimanendo confermato il provvedimento di aggiudicazione impugnato, nessun potere residua in capo al G.A. circa l’annullamento del contratto successivamente sottoscritto e l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 123 del c.p.a..
La censura in esame non può quindi essere condivisa.
5.- Con il quarto motivo di gravame è stato chiesto, in subordine, il risarcimento dei danni per equivalente.
Sussisterebbe nesso causale tra il comportamento “illecito” della stazione appaltante ed il danno conseguente, consistente nella mancata partecipazione della Crisel s.r.l. alla gara, nella mancata aggiudicazione in suo favore della stessa e nel suo mancato rinnovo.
La domanda è stata quantificata in via equitativa in una percentuale pari al 10% del prezzo a base d’asta, comprensivo della perdita di "chance" e del danno curriculare, in misura maggiore in caso di ritenuta illegittima esclusione della Crisel s.r.l e contestuale illegittima ammissione di Geotop s.r.l. , e in misura minore in caso di ritenuta legittima esclusione della appellante, ma con rinnovo della gara per ritenuta illegittima non esclusione della seconda.
5.1.- La Sezione ritiene la domanda insuscettibile di positiva valutazione, atteso che condizione necessaria per la domanda di risarcimento del danno cagionato da un provvedimento amministrativo illegittimo è la pronuncia che riconosca l'illegittimità di provvedimenti dalla cui esecuzione sorgono i danni lamentati (Consiglio Stato a. plen., 09 febbraio 2006, n. 2), il che nel caso che occupa non si è verificato, essendo stati ritenuti legittimi i provvedimenti impugnati.
All'infondatezza dei motivi di ricorso consegue l'inaccoglibilità della domanda di risarcimento dei danni, non essendo dimostrato il nesso di causalità tra i danni lamentati dai ricorrenti e l'attività dell'Amministrazione, considerato che l'illegittimità del provvedimento impugnato è, comunque, condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per accordare il risarcimento del danno

Consiglio di Stato con la decisione numero 6965 del 28 dicembre 2011

Il rimedio della regolarizzazione postuma è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto

Il cosiddetto dovere di soccorso che si impone alle amministrazioni appaltanti in una visione non meramente formalistica degli oneri e degli obblighi che sono imposti ai soggetti partecipanti ai procedimenti a evidenza pubblica (e che si concretizza nell'invito a essi rivolto a completare o fornire chiarimenti circa il contenuto della documentazione presentata e dell'offerta), è stato quindi correttamente inteso dalla Commissione di gara, essendo stato esercitato solo in presenza dell’offerta completa nei suoi elementi essenziali (Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 2011, n. 939).

Osserva al riguardo la Sezione che il rimedio della regolarizzazione documentale, di cui all'art. 46, del d. lgs. n. 163/2006, non si applica al caso in cui l'impresa concorrente abbia integralmente omesso la produzione documentale prevista dall'art. 38 dello stesso d. lgs.; viceversa, qualora la documentazione prodotta dal concorrente ad una pubblica gara sia presente, ma carente di taluni elementi formali, di guisa che sussista un indizio del possesso del requisito richiesto, l'Amministrazione non può pronunciare l'esclusione dalla procedura, ma è tenuta a richiedere al partecipante di integrare e chiarire il contenuto di un documento già presente, costituendo tale attività acquisitiva un ordinario “modus procedendi”, ispirato all'esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma.
Il rimedio della regolarizzazione postuma è attivabile solo nelle ipotesi di dichiarazioni, documenti e certificati non chiari o di dubbio contenuto, ma che siano pur sempre stati presentati, e non anche laddove si sia in presenza di documentazione del tutto mancante, risolvendosi in caso contrario in una palese violazione della par condicio rispetto alle imprese concorrenti che abbiano rispettato la disciplina prevista dalla "lex specialis" (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 agosto 2010 n. 5084; Sez. VI, 18 dicembre 2009 n. 8386).
Nel caso che occupa la Commissione di gara ha disposto la esclusione dalla gara della società appellante in quanto la dichiarazione attestante il possesso del fatturato nei tre anni precedenti alla pubblicazione del bando riportava una fornitura dell’anno 2005, precedente al triennio 2006-2008, e perché la dichiarazione sostitutiva attestante il possesso dei requisiti ex art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 non era stato debitamente compilata (con riferimento alla regolarità nel pagamento di imposte e tasse, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali, oltre che con riguardo alla mancanza di false dichiarazioni sui requisiti di partecipazione alla gara, alla mancanza di sanzioni interdittive e alla facoltà di ricorso ai piani di emersione). Solo in seguito la società suddetta ha prodotto una copia di detta dichiarazione completa dei dati mancanti.
La mancata allegazione, nel termine di scadenza fissato dal bando, delle dichiarazioni inerenti i soggetti menzionati non poteva, ad avviso del Collegio, essere sanata per il tramite dell'istituto della regolarizzazione documentale di cui all'art. 46 del d. lgs. n. 163/2006, atteso che tale rimedio non può applicarsi quando, come nel caso che occupa, l'impresa concorrente abbia, nei termini di presentazione della domanda, integralmente omesso la produzione documentale prevista dall'art. 38 dello stesso d.lgs. in relazioni al possesso di requisiti previsti a pena di esclusione.
Né può avere effetto sanate la circostanza che Crisel s.r.l. aveva presentato la medesima documentazione, correttamente redatta, in occasione di una precedente gara indetta dalla A.V.E.P.A. perché, se è vero che è illegittima la esclusione da una gara per carenza di una dichiarazione se il contenuto della stessa si possa desumere univocamente da altra dichiarazione resa dal candidato, deve tuttavia rilevarsi che ciò è consentito se detta documentazione sia stata prodotta nell’ambito del medesimo procedimento concorsuale, mentre non può avere rilevanza la presentazione di documentazione in una precedente gara, perché nel lasso temporale intercorrente tra i due procedimenti potrebbero essere variate le circostanze oggetto di dichiarazione.
Quanto alla adombrata disparità di trattamento con riguardo al comportamento tenuto dalla stessa Commissione riguardo alle dichiarazioni incomplete della Geotop s.r.l., relative ai requisiti tecnici della strumentazione oggetto della fornitura, oggetto di una richiesta di integrazione, rileva la Sezione che in tale caso non si era in presenza di omessa produzione di documentazione, ma di mera carenza di informazioni nella documentazione tecnica regolarmente e tempestivamente prodotta, relative a caratteristiche del materiale oggetto di gara, che ovviamente erano già posseduti dalla strumentazione stessa, sicché, sussistendo un concreto indizio del possesso del requisito richiesto già in base alla documentazione regolarmente prodotta, le dichiarazioni sono state legittimamente oggetto di sola richiesta di esplicitazione, come consentito dall’art. 46 del d. lgs. n. 163/2006 e senza che ciò abbia violato la “par condicio” dei partecipanti alla gara.
Il cosiddetto dovere di soccorso che si impone alle amministrazioni appaltanti in una visione non meramente formalistica degli oneri e degli obblighi che sono imposti ai soggetti partecipanti ai procedimenti a evidenza pubblica (e che si concretizza nell'invito a essi rivolto a completare o fornire chiarimenti circa il contenuto della documentazione presentata e dell'offerta), è stato quindi correttamente inteso dalla Commissione di gara, essendo stato esercitato solo in presenza dell’offerta completa nei suoi elementi essenziali (Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 2011, n. 939).

Consiglio di Stato con la decisione numero 6965 del 28 dicembre 2011

Detto comportamento, protrattosi addirittura oltre l’aggiudicazione , contrasta con le regole di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ. e determina l’obbligo di risarcire il danno a titolo di responsabilità precontrattuale

In base a consolidati principi, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, l’esercizio di poteri di autotutela da parte dell’amministrazione appaltante, benché legittimo, può determinare la lesione dell’affidamento dei concorrenti negli atti revocati o annullati, facendo insorgere obblighi risarcitori (Cons. St. Ad Pl. 5.9.2005, n. 6; Sez. VI, 23.6.2006, n. 3989).
Pertanto, la legittimità dell’annullamento degli atti di gara a causa di una obiettiva incertezza sia del progetto che del bando sulla fungibilità dei materiali, deliberato dal Comune anche in vista di possibili conseguenze per il contenzioso instauratosi, non può considerarsi elemento di per sé escludente la colpa dell’amministrazione per la lesione degli affidamenti suscitati, colpa che va ricondotta al comportamento precedente all’esercizio dello ius poenitendi, consistente nella negligente predisposizione di atti di gara .
Detto comportamento, protrattosi addirittura oltre l’aggiudicazione , contrasta con le regole di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ. e determina l’obbligo di risarcire il danno a titolo di responsabilità precontrattuale, che, nella specie, deve essere limitato all’interesse negativo, rappresentato dalle spese inutilmente sopportate per la partecipazione alla gara.
Si ritiene, infatti, raggiunta la prova da parte dell’appellante esclusivamente in ordine ai costi sopportati per la redazione dell’offerta e per la partecipazione alla gara (fatture ing. Nicolino Tarsia e Paolo Magrini per progettazione , consulenza, rilievi, analisi prezzi ; riepilogo dei versamenti per contributo Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per polizza fideiussoria, per valori bollati e per servizi ), per un totale di euro 43.359,24.
Non è, al contrario, secondo il Collegio, dimostrato il danno subito a titolo di perdita di chance a causa della rinuncia ad ulteriori occasioni per la stipula di altri contratti.
Invero, lo scambio di note con due imprese committenti, peraltro prive di data certa, non dimostra, nel primo caso (commessa impresa Fatigati), l’esclusiva addebitabilità della mancata stipula del contratto alla partecipazione alla gara indetta dal Comune di San Marzano e, nel secondo caso (commessa Apulia), la circostanza che l’offerta della eredi Leanza fosse stata accettata.
In conclusione, l’appello va accolto ed il Comune di San Marzano di San Giuseppe va condannato al risarcimento del danno effettivamente provato, pari ad euro 43.359,24.

Consiglio di Stato con la decisione numero 7000 del 30 dicembre 2011

insussistenza di una effettiva utilità della documentazione richiesta tale da superare il divieto di divulgazione dell’offerta della controinteressata in relazione ai segreti commerciali ivi contenuti

L’art. 13, comma 5 lett. a) del d. lgs. n. 163 del 2006 costituisce un’ipotesi di speciale deroga rispetto alla disciplina di cui alla legge n. 241 del 1990, da applicare esclusivamente nei casi in cui l’accesso sia inibito in ragione della tutela di segreti tecnici o commerciali motivatamente evidenziati dall’offerente in sede di presentazione dell’offerta (Cons. St. Sez. VI, 30.7.2010 n. 5062, 19.10.2009, n. 6393).L’ampliamento del segreto trova un limite , tuttavia, ai sensi del comma 6, in vista della difesa in giudizio degli interessi del richiedente in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito del quale viene formulata l’istanza di accesso.
Come già osservato (Cons. St. Sez. V, 9.12.2008, n. 6121), l’accesso eccezionalmente consentito è strettamente collegato alla sola esigenza di difesa in giudizio, presuppone un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una prova di resistenza, e non può prescindere dalle eventuali preclusioni processuali in cui sia incorso il richiedente.
Nella specie, assodato che l’aggiudicataria aveva vietato di esibire i rapporti di prova afferenti alla propria offerta tecnica in quanto coperti da segreto commerciale, non sussisteva , in effetti, un interesse dell’istante attinente alla difesa nel giudizio avverso l’aggiudicazione alla controinteressata, posto che la sua offerta era stata esclusa in quanto “inaffidabile nel suo complesso (art. 88 comma 7)”.
Negli stessi termini, peraltro, si è pronunciato lo stesso Tar barese (sent.1203/2011) riconoscendo la legittimità dell’esclusione dalla gara dell’A.T.I. D’Oria.
In mancanza, pertanto, di un interesse dell’istante da far valere in sede processuale, data la legittima esclusione della propria offerta, è da confermare la sentenza di primo grado nel senso dell’insussistenza di una effettiva utilità della documentazione richiesta tale da superare il divieto di divulgazione dell’offerta della controinteressata in relazione ai segreti commerciali ivi contenuti.

Consiglio di Stato con la decisione numero 6996 del 30 dicembre 2011

non spetta alcuna legittimazione a contestare gli esiti della gara al concorrente escluso dalla gara, che non abbia impugnato l’atto di esclusione o la cui impugnazione sia stata respinta

Ed invero, con la recente decisione n° 4/2011, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che in materia di pubblici appalti, per configurare una posizione sostanziale differenziata che radica la legittimazione al ricorso non è sufficiente il solo “fatto storico” della iniziale partecipazione alla gara, indipendentemente dalla successiva esclusione, oppure dall’accertamento della sua illegittimità.
La situazione legittimante costituita dall’intervento nel procedimento selettivo, infatti, deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva.
Pertanto, la definitiva esclusione o l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva.
Tale esito rimane fermo in tutti i casi in cui l’illegittimità della partecipazione alla gara è definitivamente accertata, sia per inoppugnabilità dell’atto di esclusione, sia per annullamento dell’atto di ammissione.
L’Adunanza Plenaria, quindi, ha chiarito che, nel caso in cui l’amministrazione abbia escluso dalla gara il concorrente, questi non ha la legittimazione ad impugnare l’aggiudicazione al controinteressato, a meno che non ottenga una pronuncia di accertamento della illegittimità dell’esclusione. Infatti, la determinazione di esclusione, non impugnata o non annullata, cristallizza definitivamente la posizione sostanziale del concorrente, ponendolo nelle stesse condizioni di colui che sia rimasto estraneo alla gara.
Ne deriva, pertanto, che non spetta alcuna legittimazione a contestare gli esiti della gara al concorrente escluso dalla gara, che non abbia impugnato l’atto di esclusione o la cui impugnazione sia stata respinta.

Consiglio di Stato con la decisione numero 6934 del 28 dicembre 2011

non vi è spazio per permettere una compressione di quei limiti alla concorrenza

la discrezionalità amministrativa esistente nel richiedere requisiti ai concorrenti nelle pubbliche gare non può giungere ad esigere requisiti palesemente non connessi con l’oggetto della gara stessa.


Senza poi omettere che i servizi erogati dall’affidatario sono altresì garantiti dai controlli previsti dal sistema sanitario, dalla ASL ai NAS dei Carabinieri e non sono dipendenti esclusivamente dal rilascio di una certificazione di qualità: perciò le stazioni appaltanti non possono allargare a dismisura la richiesta di requisiti, limitando oltre ragione la platea dei concorrenti e distorcendo così il principio di concorrenza.

Se infatti il buon andamento degli uffici pubblici richiede che la P.A. determini requisiti anche stringenti per affidare servizi di indubbia delicatezza come quello in questione, esso però non permettere una compressione di quei limiti alla concorrenza, la quale di per sé è già una garanzia nelle procedure selettive fondate sull’offerta economicamente più vantaggiosa.


Consiglio di Stato con la decisione numero 6928 del 28 dicembre 2011

la voce di danno per perdita di chance deve essere espunta dal paniere risarcitorio, non essendovi prova della sua rilevanza, nemmeno dal punto di vista meramente probabilistico

Il danno da perdita di chance, ritenuto applicabile anche alle fattispecie sottoposte all’esame del giudice amministrativo, è certamente collegato, da un lato, all’esistenza di un provvedimento illegittimo che comporta la lesione dell’integrità del patrimonio del soggetto, e dall’altro, alla probabilità che tale danno si potesse effettivamente verificare. In particolare, trattandosi di una prognosi postuma e quindi relativa ad un evento ipotetico e non reale, la valutazione sulla sua efficacia eziologica deve aver luogo in maniera accurata, onde evitare l’attribuzione di risarcimenti del tutto slegati dalla situazione e dalla concretezza del danno.
Proprio in relazione a tale ultimo profilo, la Sezione ritiene che non vi sia uno spazio giuridico per ritenere esistente un’apprezzabile probabilità di conseguimento dell’incarico dirigenziale, ossia di un’attribuzione funzionale a tempo determinato, conferito con atto provvedimentale ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 165 del 2001 a cui accede un ulteriore trattamento economico mediante contratto individuale accessivo. In effetti, ciò che connota tale situazione è la stretta temporaneità legata ad un rapporto di natura strettamente fiduciaria, al cui raggiungimento concorrono anche, ma non esclusivamente, le considerazioni sui risultati precedentemente conseguiti.
Nel caso in specie, il T.A.R. ha ritenuto esistenti i presupposti in relazione alla reiterazione dell’incarico ricevuto della stessa appellata in posizione vicaria del direttore centrale dell’ufficio dirigenziale generale in cui era incardinata. Tuttavia, tale unico elemento, relativo ad una prestazione di fatto e slegata dalle conseguenze giuridiche ed economiche dell’effettiva attribuzione dell’incarico funzionale, paiono difficilmente utilizzabili come elemento di prova, dovendosi contemperare con la natura esclusivamente fiduciaria dell’incarico stesso e quindi con l’assoluta non prevedibilità della sua attribuzione.
Consequenzialmente, la voce di danno per perdita di chance deve essere espunta dal paniere risarcitorio, non essendovi prova della sua rilevanza, nemmeno dal punto di vista meramente probabilistico

Consiglio di Stato con la decisione numero 6987 del 29 dicembre 2011

venerdì 23 dicembre 2011

il comportamento negligente tenuto dal Consorzio preclude allo stesso il diritto al risarcimento del danno.

In ogni caso il diritto al risarcimento del danno in favore del Consorzio , riconosciuto dal giudice di prime cure, va escluso anche per altra decisiva ragione.
E’ noto come l’art. 30 c.p.a., pur negando la pregiudizialità del rimedio impugnatorio, e dunque ammettendo che l’azione di condanna al risarcimento del danno sia proposta anche in via autonoma, ha statuito (al 3° comma, secondo periodo) che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti può condurre alla negazione del risarcimento attraverso la valutazione del comportamento complessivo delle parti alla stregua del canone dell’ordinaria diligenza.
Da qui la rilevanza –secondo quanto sottolineato dalla Adunanza Plenaria con la decisione n.3/2011- della “omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità dei danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifico predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi”.
Il riferimento fatto dal legislatore “agli strumenti di tutela”, stante l’ampiezza del termine impiegato, consente di ricomprendere tra le possibili cause di esclusione del risarcimento non solo la mancata impugnazione, ma anche una impugnazione fuori termine; oltre che la omessa attivazione di altri rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno quali il ricorso amministrativo o l’iniziativa volta a provocare l’esercizio del potere di autotutela.
Non si può certo nascondere che la norma in questione, ove applicata in modo indiscriminato, rischia di reintrodurre in via surrettizia la pregiudiziale di annullamento ormai abbandonata, e di vanificare l’autonomia della azione risarcitoria. Ma ciò non accade ove la previsione normativa di cui all’art.30, 3° comma, secondo periodo, c.p.a. sia applicata i presenza delle condizioni seguenti:
-che esista un nesso di consequenzialità diretta tra la omissione dello strumento di tutela e la insorgenza del danno;
-che l’annullamento dell’atto lesivo, ove tempestivamente perseguito, fosse idoneo a soddisfare compiutamente l’interesse fatto valere dal ricorrente.
Orbene, entrambe le anzidette condizioni ricorrono nella fattispecie in esame.
La tempestiva proposizione del ricorso giurisdizionale avrebbe condotto, in caso di suo accoglimento, alla rimozione dell’intero procedimento di gara, dal momento che i vizi dedotti attenevano alla mancata specificazione dei criteri di valutazione delle offerte; esiste cioè una evidente consequenzialità tra il comportamento negligente del Consorzio, che con la proposizione tardiva del ricorso ha impedito la rinnovazione della gara, e la perdita di chance.
D’altra parte l’accoglimento del ricorso avrebbe consentito al ricorrente di prendere parte alla rinnovazione della gara mantenendo intatte le chances di vittoria, e senza subire alcun pregiudizio.
Per concludere sul punto, il comportamento negligente tenuto dal Consorzio preclude allo stesso il diritto al risarcimento del danno.

Consiglio di Stato con la decisione numero 6804 del 23 dicembre 2011

illegittima esclusione per mancata presentazione della certificazione di qualità

In fase di richiesta di invito la ricorrente aveva già presentato la certificazione di qualità_legittimo dimezzamento della provvisoria

la stazione appaltante era già a conoscenza del fatto che la ricorrente era (comunque) in possesso di tale certificazione: e ciò, sia perche questa era stata depositata in allegato alla lettera con la quale la “Ricorrente System” aveva chiesto di esser invitata a partecipare alla gara “de qua”, sia perché i suoi estremi erano riprodotti sulla carta intestata di tale società (che, su di essa, aveva redatto – tra l’altro – l’offerta economica);


la “lex specialis” di gara non indica specifiche formalità con le quali effettuare la comunicazione del possesso di una tale certificazione.
E dunque; atteso

 in base all’art.40, 7° comma, del d.lg. n.163/2006 (come modificato dall’art.2 del d.lg. n.113/2007), la riduzione di cui è causa spetta – di diritto – alle imprese per il semplice fatto che queste posseggano la certificazione stessa;

la p.a. ha dato, della norma di cui all’art.75, comma 7, del cennato d.lg., un’interpretazione inaccettabilmente formalistica (e non coerente con l’intero impianto della normativa che disciplina la materia degli appalti pubblici: che, tra l’altro, non consente agli Enti appaltatori di esigere prove già presenti nella documentazione valida disponibile)

a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza numero 9596 del 6 dicembre 2011 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

Ritenendolo illegittimo sotto più profili, la “Ricorrente System” s.r.l. (che insta, altresì, per il risarcimento dei danni asseritamente patiti in conseguenza della dedotta illiceità dell’agire amministrativo) ha impugnato (con contestuale, e fruttuosa, richiesta di tutela cautelare) il provvedimento con cui la si è esclusa dalla gara indetta (a licitazione privata) per la fornitura – al Corpo Nazionale dei VV.F. – di 100 sistemi di aspirazione per il campionamento dell’aria.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 5.10.2011, il Collegio – trattenuto il relativo ricorso in decisione – ne constata la sostanziale fondatezza.

Al riguardo; premesso che la contestata esclusione è stata disposta in considerazione del fatto che la ricorrente si è avvalsa della facoltà di ridurre del 50% la garanzia fideiussoria (da essa prestata a titolo di deposito cauzionale) nonostante non avesse segnalato – in sede di offerta – il possesso della certificazione “ISO 9001: 2008”, si osserva

-che (come risulta, indubitabilmente, “per tabulas”) la stazione appaltante era già a conoscenza del fatto che la ricorrente era (comunque) in possesso di tale certificazione: e ciò, sia perche questa era stata depositata in allegato alla lettera con la quale la “Ricorrente System” aveva chiesto di esser invitata a partecipare alla gara “de qua”, sia perché i suoi estremi erano riprodotti sulla carta intestata di tale società (che, su di essa, aveva redatto – tra l’altro – l’offerta economica);
-che la “lex specialis” di gara non indica specifiche formalità con le quali effettuare la comunicazione del possesso di una tale certificazione.
E dunque; atteso
-che, in base all’art.40, 7° comma, del d.lg. n.163/2006 (come modificato dall’art.2 del d.lg. n.113/2007), la riduzione di cui è causa spetta – di diritto – alle imprese per il semplice fatto che queste posseggano la certificazione stessa;
-che la p.a. ha dato, della norma di cui all’art.75, comma 7, del cennato d.lg., un’interpretazione inaccettabilmente formalistica (e non coerente con l’intero impianto della normativa che disciplina la materia degli appalti pubblici: che, tra l’altro, non consente agli Enti appaltatori di esigere prove già presenti nella documentazione valida disponibile);
-che (in ogni caso), qualora la documentazione prodotta dai partecipanti ad una gara pubblica contenga (come nell’occasione) degli elementi in base ai quali si possa desumere la sussistenza (in capo alla ditta interessata) di requisiti significativi, la stazione appaltante deve disporne (a meno che questa non alteri – e, nel caso di specie, una simile circostanza non è certo riscontrabile – la “par condicio” tra i concorrenti) la regolarizzazione,
il Collegio – assorbito ogni ulteriore motivo di gravame (e pur ravvisando valide ragioni per compensare, tra le parti, le spese di lite) – non può (appunto) che concludere per la fondatezza della proposta impugnativa.
E’ solo da aggiungere che l’annullamento (disposto per effetto della presente statuizione) dell’esclusione “de qua” reintegra in forma specifica la ricorrente nella posizione che essa aveva al momento dell’adozione di tale atto: e soddisfa, per ciò stesso, quanto stabilito – in tema di “risarcimento del danno ingiusto” – dall’art.35 (nuovo testo) del d.lg. 31.3.98 n.80.

attenzione al pericolo di trattamenti di favore alle imprese che già operano nel territorio

In sede di presentazione dell’offerta, per tutelare la par condicio, basta richiedere l’impegno ad avere il requisito prima della sottoscrizione del contratto

E’ illegittima la clausola di bando avente  un carattere prescrittivo riferito al momento della presentazione dell’offerta perché richiede la disponibilità del succitato centro cottura posto nel raggio di massimo 30 km dalla scuola tra i requisiti di carattere tecnico organizzativo richiesti per partecipare alla gara

Le argomentazioni del comune circa la necessità di tale clausola al fine di garantire un servizio efficiente e rispettoso dei diritti dei fruitori del servizio sono del tutto prive di pregio perché tale garanzia – sicuramente opportuna e necessaria – viene tranquillamente assicurata richiedendo la dimostrazione del possesso di tale centro cottura prima della stipula del contratto e quindi includendo tra i requisiti di partecipazione unicamente l’impegno a dotarsene.

Invece è ictu oculi evidente che anticipare la richiesta di tale requisito al momento della partecipazione alla gara comporta un palese trattamento di favore per le imprese che già operano nel territorio, il che rende tale clausola illegittimamente discriminatoria e quindi palesemente contraria al principi comunitari in materia di concorrenza e della più ampia possibile partecipazione alle procedure di gara, nonchè in violazione dell'art. 42 del d.lgs. 163/2006 e dell'art. 48 della dir. 18/2004/CE, in relazione al principio della proporzionalità e della adeguatezza, come del resto chiarito da una ormai diffusa giurisprudenza

La richiesta di risarcimento danni non può, ovviamente, essere accolta dato che in questa fase il mero accoglimento del ricorso appare satisfattivo delle aspettative di parte ricorrente.

L’amministrazione dovrà pertanto, in corretta esecuzione della presente sentenza, procedere alla riedizione dell’intera gara a partire dalla pubblicazione del bando depurato della previsione relativa al succitato illegittimo requisito

A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza numero 547 del 24 novembre 2011 pronunciata dal Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste



il ricorso deve essere accolto perché la clausola di bando è illegittima e, conseguentemente, l’amministrazione deve rifare l’intera gara, conclusione a cui si giungerebbe in ogni caso anche se, per ipotesi, risultassero fondate le censure rivolte nei confronti dell’esclusione, dal momento che l’aggiudicazione è stata disposta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e che l’attribuzione del punteggio tecnico ha chiaramente comportato un apprezzamento discrezionale delle varie voci componenti l’offerta tecnico qualitativa; pertanto, essendo ormai stata conosciuta ed apprezzata l’offerta della concorrente rimasta in gara, è evidente che non sarebbe più possibile garantire la necessaria trasparenza e par condicio.

Nel merito si deve anzitutto precisare che la clausola di bando impugnata aveva chiaramente un carattere prescrittivo riferito al momento della presentazione dell’offerta perché richiedeva la disponibilità del succitato centro cottura posto nel raggio di massimo 30 km dalla scuola tra i requisiti di carattere tecnico organizzativo richiesti per partecipare alla gara.

Le argomentazioni del comune circa la necessità di tale clausola al fine di garantire un servizio efficiente e rispettoso dei diritti dei fruitori del servizio sono del tutto prive di pregio perché tale garanzia – sicuramente opportuna e necessaria – viene tranquillamente assicurata richiedendo la dimostrazione del possesso di tale centro cottura prima della stipula del contratto e quindi includendo tra i requisiti di partecipazione unicamente l’impegno a dotarsene.

Invece è ictu oculi evidente che anticipare la richiesta di tale requisito al momento della partecipazione alla gara comporta un palese trattamento di favore per le imprese che già operano nel territorio, il che rende tale clausola illegittimamente discriminatoria e quindi palesemente contraria al principi comunitari in materia di concorrenza e della più ampia possibile partecipazione alle procedure di gara, nonchè in violazione dell'art. 42 del d.lgs. 163/2006 e dell'art. 48 della dir. 18/2004/CE, in relazione al principio della proporzionalità e della adeguatezza, come del resto chiarito da una ormai diffusa giurisprudenza ( v. ad es. TAR Abruzzo, L’Aquila, 11.2.2010, n. 88, TAR Sicilia, Palermo, III, 24.9.2010, n. 10824)

Tale previsione è anche assolutamente illogica e contraddittoria perché, oltre a non avere alcuna giustificazione logica – come si è già detto la tutela asseritamente perseguita può e deve essere tranquillamente ottenuta spostando la verifica di tale requisito al momento successivo all’aggiudicazione ed antecedente alla stipula del contratto che sarà ovviamente condizionato alla dimostrazione del possesso di tale centro – è addirittura contrastante con l’indizione di una asserita "procedura aperta", posto che non ha alcun senso indire una gara che è in astratto aperta a tutti quando si richiede ai singoli partecipanti, nella sostanza, di avere già un centro di cottura nelle immediate vicinanze.

Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento, in primis, del Bando di gara in parte qua e di tutte le previsioni ivi contenute che facciano riferimento al requisito di partecipazione sopracitato, ivi compreso il p.to 22 del "Modello 1") e, conseguentemente, di tutti gli altri atti impugnati relativi allo svolgimento e conclusione della gara.

La richiesta di risarcimento danni non può, ovviamente, essere accolta dato che in questa fase il mero accoglimento del ricorso appare satisfattivo delle aspettative di parte ricorrente.

L’amministrazione dovrà pertanto, in corretta esecuzione della presente sentenza, procedere alla riedizione dell’intera gara a partire dalla pubblicazione del bando depurato della previsione relativa al succitato illegittimo requisito

rateizzazione del debito dopo aggiudicazione non serve a sanare il grave inadempimento

Debito contributivo di 500.000 e mancata approvazione della richiesta di rateizzazione del debito comporta l’annullamento dell’aggiudicazione (risulterebbe altresì legittima la richiesta di escussione della cauzione provvisoria)


in materia di contributi previdenziali e assistenziali, lo strumento per la verifica della posizione delle imprese partecipanti alle gare è il documento unico di regolarità contributiva.

sebbene nella sentenza emarginata  non ci sia alcun accenno ad un’eventuale escussione della cauzione provvisoria a seguito della mancata sottoscrizione del contratto, ricordiamo che per giurisprudenza consolidata, la mancata dimostrazione dei requisiti di ordine morale, impedendo la sottoscrizione del contratto, legittima anche la richiesta di chiamata in causa del garante



La giurisprudenza amministrativa ha avuto più volte modo di affermare che “la verifica in merito alle dichiarazioni sulla regolarità contributiva rientra nei poteri della stazione appaltante, riconosciuti come compatibili dalla Corte di Giustizia Europea, e non ha quindi carattere di esclusione automatica; inoltre, la regolarità contributiva e fiscale, richiesta come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara, deve essere mantenuta per tutto l'arco di svolgimento della gara stessa, sicché legittimamente l'amministrazione accerta, a fronte di DURC negativi, sia l'insussistenza del requisito normativamente richiesto, sia la non veridicità e reticenza sulle dichiarazione rese in sede di gara” (ex multis T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 04 aprile 2011 , n. 617).

quanto alla gravità dell’inadempimento, va rilevato in particolare che il debito contributivo nei confronti dell’Inps sede di Roma centro era pari a € 500.298,00;

in ordine alla correntezza contributiva l’art. 5 comma 2 del D.M. 24.10.2007 dispone che la regolarità contributiva sussiste anche in caso di richiesta di rateizzazione per la quale l'Istituto competente abbia espresso parere favorevole


Nel caso qui all’attenzione del Collegio, quindi, sussisteva sia la gravità dell’inadempimento sia il difetto della correntezza contributiva posto che, accertata la sussistenza di debiti di rilevante importo, le richieste di rateizzazione, non approvate da parte dell’Istituto competente, sono state presentate dopo l’aggiudicazione provvisoria.

A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza numero 1175 dell’ 1 dicembre 2011 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari

La regolarità contributiva costituisce requisito sostanziale di partecipazione alla gara, avendo il legislatore ritenuto tale regolarità indice dell'affidabilità, diligenza e serietà dell'impresa e della sua correttezza nei rapporti con le maestranze.

La completa e corretta verifica in merito alle dichiarazioni rese, come già sopra ricordato, rientra nei poteri officiosi della stazione appaltante, sia in relazione alle specifiche previsioni del Codice dei contratti, sia con riguardo a più generali canoni dell'azione amministrativa di cui al d.P.R. n. 445/2000 in materia di documenti amministrativi e all’art. 6 della legge n. 241/90.

La consapevolezza della mancata correttezza contributiva al momento della richiesta di partecipazione connota di gravità la violazione, essendo la ricorrente onerata, al momento della domanda di partecipazione di rappresentare l'eventuale insoluto, la sua entità e le ragioni che l'avessero determinato, al fine di instaurare, essa stessa, un contraddittorio sul punto onde consentire alla stazione appaltante di escludere la gravità e definitività della violazione che comunque, indiscutibilmente, alla data di presentazione della domanda sussisteva.

Bene ha ritenuto dunque la stazione appaltante che la violazione fosse grave e definitiva, in ragione del fatto che la ricorrente non l'aveva correttamente rappresentata né tantomeno giustificata al momento della richiesta di partecipazione.

Nel caso di specie, l’Amministrazione ha svolto una accurata istruttoria in contraddittorio e verificato l'eventuale sussistenza di circostanze giustificanti le violazioni, circostanze non sussistenti


legittimo richiedere la copia autentica dell'atto costitutivo, conservato presso un Notaio

l’atto costitutivo non era stato né rilasciato, né era conservato dalla Pubblica Amministrazione, perché come evidenziato dalla parte appellante, era stato redatto da un Notaio

e da esso conservato in originale, sicché, stante la inderogabilità della legge di gara, non era comunque possibile surrogare la mancata produzione del citato atto, prevista a pena di esclusione, con la produzione di documentazione redatta in base al, peraltro inapplicabile, art. 19 del d.P.R. n. 445/2000.


La dichiarazione sostitutiva assolve  alla funzione di far constatare alla P.A. - esclusivamente a fini amministrativi e in luogo di certificazioni rilasciate dalla stessa o da essa conservate- circostanze a questa risultanti in propri atti.


È infondato l’assunto della parte ricorrente in primo grado di aver presentato una dichiarazione ex art. 19 del d.P.R. n. 445/2000 con effetti equipollenti alla presentazione della copia conforme dell’atto costitutivo, atteso che in luogo di essa dichiarazione risulterebbe essere stata presentata, oltre ad una copia dell’atto costitutivo, solo una dichiarazione non resa ai sensi di detta norma e non contenente autenticazione di copia, né attestazione di conformità, né menzione dell'atto costitutivo.

 Pure assorbita deve ritenersi la censura formulata con il motivo in esame con la quale è stato, peraltro fondatamente, dedotto che la inesistenza del documento de quo non costituiva una irregolarità sanabile con la sua integrazione postuma


Passaggio tratto dalla decisione numero 6091 del 18 novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato



Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto dalla società Ricorrente che il T.A.R. ha disatteso il principio di vincolatività delle norme della “lex specialis” che imponevano la comminatoria della esclusione per la mancata produzione di un documento richiesto.

In Consorzio Stabile Abilis, invece dell’atto costitutivo in copia autentica, la cui produzione era prevista a pena di esclusione dalla clausola n. 4 del disciplinare di gara (senza previsione della facoltà di autocertificazione), ha depositato una semplice fotocopia dell’atto, corredata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà.

Il Giudice di primo grado ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione di insostituibilità di una copia autentica con una dichiarazione, formulata dalla parte attualmente appellante nel rilievo che l’art. 7, comma 2, del d.P.R. n. 581/1995 stabilisce che nel registro delle imprese sono iscritti i soggetti previsti dalla legge ed in particolare i consorzi e le società consortili con atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico redatto da un Notaio, che conserva l’originale, sicché è inapplicabile nel caso di specie l’art. 19 del d.P.R. n. 445/2000 (che prevede la dichiarazione sostitutiva di notorietà per dichiarare la conformità all’originale di un atto “conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione”), atteso che la dichiarazione di conformità all’originale poteva essere attestata solo dal Notaio che aveva redatto l’atto costitutivo.

4.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R., richiamati l’art. 19 del d.P.R. n. 445/2000, l’art. 47, cui detto articolo rimanda, e l’art. 38, comma 2, del medesimo decreto, ha dedotto che tali norme, in quanto inserite in un sistema finalizzato a garantire la semplificazione dei procedimenti amministrativi, impongono l’impiego di criteri ermeneutici volti a consentire una larga diffusione di tali strumenti anche in presenza di prescrizioni apparentemente ostative al loro utilizzo; applicando tali regole al caso concreto, ha ritenuto che la clausola del disciplinare, in attuazione della quale è stata esclusa la società ricorrente si prestasse (in assenza di una espressa preclusione della possibilità di depositare, in alternativa alla copia autentica dell’atto costitutivo, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà) ad essere interpretata in maniera conforme ai riportati principi di semplificazione e celerità.

Ha quindi osservato che la predetta clausola aveva ad oggetto un documento che, essendo conservato presso il registro delle imprese, rientrava tra quelli che possono essere sostituiti da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà redatta secondo le modalità sopra riportate, che, nella specie, come da documentazione prodotta agli atti del giudizio, risultava essere conforme alla fattispecie di cui all’art. 36 del decreto n. 445 del 2000.

Ha quindi concluso nel senso che la presentazione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nel caso in esame equivaleva alla esibizione, richiesta dal disciplinare di gara, dei documenti dichiarati conformi all'originale in forma autenticata ai sensi dell’articolo 18, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000.

4.1.1.- Le censure mosse con l’atto di appello alle sopra riportate tesi sostenute con la sentenza in esame sono ad avviso della Sezione fondate.

Dovendo considerare le norme della "lex specialis" della gara concernenti l'esclusione dalla medesima come norme di stretta interpretazione è invero da ritenere impossibile la interpretazione delle stesse in maniera estensiva secondo principi di semplificazione e celerità (come erroneamente ritenuto dal primo Giudice) ed è quindi da ritenere legittima l'esclusione del concorrente de quo che aveva omesso di produrre un documento nelle forme richieste dalla lettera d'invito (copia autentica dell’atto costitutivo) e l'aveva, invece, prodotto nelle forme dell'atto di notorietà.

La dichiarazione sostitutiva assolve infatti alla funzione di far constatare alla P.A. - esclusivamente a fini amministrativi e in luogo di certificazioni rilasciate dalla stessa o da essa conservate- circostanze a questa risultanti in propri atti.

Nel caso che occupa l’atto costitutivo non era stato né rilasciato, né era conservato dalla Pubblica Amministrazione, perché come evidenziato dalla parte appellante, era stato redatto da un Notaio e da esso conservato in originale, sicché, stante la inderogabilità della legge di gara, non era comunque possibile surrogare la mancata produzione del citato atto, prevista a pena di esclusione, con la produzione di documentazione redatta in base al, peraltro inapplicabile, art. 19 del d.P.R. n. 445/2000.

5.- La fondatezza del disaminato motivo di appello comporta l’assorbimento del terzo motivo di gravame, con il quale è stato inoltre asserito che sarebbe comunque infondato l’assunto della parte ricorrente in primo grado di aver presentato una dichiarazione ex art. 19 del d.P.R. n. 445/2000 con effetti equipollenti alla presentazione della copia conforme dell’atto costitutivo, atteso che in luogo di essa dichiarazione risulterebbe essere stata presentata, oltre ad una copia dell’atto costitutivo, solo una dichiarazione non resa ai sensi di detta norma e non contenente autenticazione di copia, né attestazione di conformità, né menzione dell'atto costitutivo. Pure assorbita deve ritenersi la censura formulata con il motivo in esame con la quale è stato, peraltro fondatamente, dedotto che la inesistenza del documento de quo non costituiva una irregolarità sanabile con la sua integrazione postuma.

gli obblighi della disciplina antimafia anche nei confronti dell'ausiliaria

La responsabilità solidale grava ex lege, a carico dell’impresa ausiliaria con il concorrente

in relazione alle prestazioni oggetto del contratto, ai sensi del comma 4 dell’articolo 49 d.lgs. n. 163, e quindi l’esistenza di una obbligazione diretta della stessa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante.


anche possono costituire oggetto di avvalimento esclusivamente i requisiti “oggettivi” di carattere economico, finanziario, tecnico e organizzativo, ciò non esime l’impresa avvalente dalla dimostrazione del possesso, anche da parte dell’impresa ausiliaria, dei requisiti generali di cui all’art. 38 del codice dei contratti


la disciplina dell’avvalimento, contenuta nell’articolo 49 del codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 163/2006 è chiara nel richiedere all’impresa ausiliaria di documentare, in sede di gara, il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163/2006 attraverso la allegazione di una dichiarazione sottoscritta da parte della stessa impresa ausiliaria come indicato al comma 1 lett c).

E tra i requisiti generali di cui all’art. 38 cit. ricorre, alla lett.m), l’indicazione, quale causa di esclusione e di divieto alla stipula del contratto, dei soggetti “nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell'8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione compresi i provvedimenti interdittivi di cui all'articolo 36-bis, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006 n. 248”.


Ancora, l’articolo 49 del d.lgs. n. 163/2006 al comma 5 stabilisce espressamente che gli obblighi previsti dalla normativa antimafia a carico del concorrente si applicano anche nei confronti del soggetto ausiliario, in ragione dell’importo dell’appalto posto a base di gara.

l’assunta e discutibile posizione di terzietà dell’impresa ausiliaria rispetto alla stazione appaltante non può costituire in nessun caso valido motivo a sostegno della inapplicabilità, nei confronti della medesima, della normativa di rango superiore e di ordine pubblico, posta a presidio della affidabilità morale e professionale degli operatori economici operanti nell’ambito dei rapporti di evidenza pubblica.


non può sostenersi che la mancanza del possesso di uno dei requisiti generali di cui all’art. 38 da parte della impresa ausiliaria non riverberi i suoi effetti altresì nei confronti della impresa aggiudicataria, dal momento che il comma 3 dell’art. 49 cit., nel sanzionare le dichiarazioni rese dall’ausiliaria, sancisce espressamente l’esclusione del “concorrente” nel caso di dichiarazione mendaci.

A sua volta l’art. 10 del d.P.R. n. 252 - di cui il provvedimento impugnato costituisce applicazione – riferisce l’esito delle verifiche prefettizie alle imprese c.d. “interessate” così ampliando la platea dei possibili destinatari delle informative antimafia preclusive della stipula del contratto, anche oltre l’ambito dei soggetti risultati aggiudicatari

A cura di Sonia Lazzini


Passaggio tratto dalla sentenza numero 5712 del 7 dicembre 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

Premesso che possono costituire oggetto di avvalimento esclusivamente i requisiti “oggettivi” di carattere economico, finanziario, tecnico e organizzativo, ciò non esime l’impresa avvalente dalla dimostrazione del possesso, anche da parte dell’impresa ausiliaria, dei requisiti generali di cui all’art. 38 cit..
Ciò risponde, ad avviso del Collegio, ad un principio di ordine generale rinvenibile nella normativa sull’evidenza pubblica che, pur nelle rilevanti trasformazioni intervenute con riferimento all’ampliamento della sfera soggettiva dei potenziali concorrenti, è restata tuttavia connotata dal rilievo dell’ “intuitus personae” in quelle disposizioni che impongono di garantire la serietà e l’affidabilità morale dei soggetti che, a vario titolo, debbano intrattenere rapporti economici con l’amministrazione pubblica.
Tali disposizioni, ad avviso del Collegio, devono essere rese coerenti e non possono ritenersi derogate da quegli istituti di recente introduzione che, al pari dell’avvalimento, consentono ai soggetti interessati di ricorrere a nuovi moduli organizzativi, con l’utilizzo di nuove figure di intermediazione collaborativa e strutturale.
Ove si tratti di assicurare e garantire la serietà ed affidabilità morale dell’operatore economico che sia coinvolto a vario titolo in ambiti di evidenza pubblica, i requisiti generali sono comunque richiesti anche rispetto ai soggetti “indirettamente” interessati dal contratto di evidenza pubblica (come nell’avvalimento e nel subappalto ) nonché nei casi in cui in via eccezionale si ammetta una modifica soggettiva del concorrente (cfr art. 51 del d.lgs. 163 cit. per il caso di vicende soggettive del candidato offerente e aggiudicatario, art. 37 comma 18 del d.lgs. 163/2006 per le r.t.i) .
In tal senso depone peraltro il testo dell’articolo 45 paragrafo 2 della Direttiva 2004/18/Ce che riferisce le cause di esclusione dalla partecipazione all’appalto ad “ogni operatore economico” che si trovi in una delle situazioni annoverate dalla lettera a) alla lettera g) del paragrafo medesimo. L’uso della parola operatore economico, anzichè concorrente, contribuisce a corroborare quanto innanzi affermato, ossia che la norma debba intendersi riferita anche all’impresa ausiliaria, quale soggetto che partecipa, seppure indirettamente, all’appalto.
La personalità degli elementi strettamente correlati al soggetto, alla sua idoneità morale, alla sua situazione personale, alla sua legittimazione a porsi come contraente della stazione appaltante, impone che essi debbano essere posseduti non solo dal concorrente,ma anche dall’ausiliaria proprio in virtù del rapporto di collaborazione con essa esistente.
Pertanto deve ritenersi imprescindibile il possesso dei predetti requisiti di ordine personale/soggettivo, ivi compreso quello antimafia, in capo all’impresa ausiliaria, in quanto essa, concorrendo alla qualificazione del concorrente, assume, comunque un ruolo decisivo per far conseguire una posizione giuridicamente rilevante e differenziata verso la stazione appaltante, posizione dalla quale derivano in caso di aggiudicazione anche diritti di ordine economico e patrimoniale.

l'amministrazione può riesaminare, in sede di valutazione dell'anomalia, i contenuti dell'offerta tecnica

nel procedimento di verifica dell’anomalia le giustificazioni pos-sono riguardare non solo il totale delle voci di prezzo ma anche gli altri elementi - diversi dal prezzo - in base ai quali l’offerta è valutata.

la stazione appaltante di approfondire in chiave di costo la sostenibilità e congrui-tà delle soluzioni tecniche prefigurate dalla concorrente.



nel caso in cui la procedura di gara (come nell'appalto concorso ovvero nell'ipotesi di aggiudicazione con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa) è caratterizzata da una netta separazione tra la valutazione dell'offerta tecnica e dell'offerta economica, il principio di segretezza comporta che la valutazione delle offerte tecniche deve concludersi prima che il seggio di gara prenda conoscenza delle percentuali di ribasso offerte, onde evitare ogni possibile influenza nella valutazione dell'offerta tecnica. (V sez. n. 1734 del 2011).

Fermo restando tale criterio ermeneutico che trova del resto salda base normativa nell’art. 91 comma 3 del D.P.R. n. 554 del 1999, deve però considerarsi che negli appalti aggiudicati con il criterio del-l'offerta economicamente più vantaggiosa la struttura dei costi disag-gregati nell'offerta economica costituisce fisiologicamente un parame-tro di immediato riscontro della consistenza qualitativa dell'offerta tecnica e del punteggio alla stessa attribuito.

Di conseguenza in sede di valutazione della congruità economi-ca complessiva dell’offerta, la stazione appaltante ben può verificare in chiave di costo la congruità di specifici profili prestazionali generi-camente esplicitati nell’offerta tecnica.

Questo indirizzo interpretativo è avvalorato, dopo le modifiche introdotte dall’art. 4 quater del D.L. n. 78 del 2009 convertito dalla L. n. 102 del 2009, dal testo attuale dell’art. 87 del codice appalti (rubri-cato ai Criteri di verifica delle offerte anormalmente basse) il quale al comma 1 prevede che “Quando un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all’offerente le giustificazioni relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara, nonchè, in caso di aggiudicazione col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relative agli altri ele-menti di valutazione dell’offerta ...”.

Il che conferma l’infondatezza della tesi dell’appellante, tutta poggiante sull’erroneo rilievo della assoluta preclusione - quasi una sorta di giudicato interno di natura procedimentale - per la stazione appaltante di approfondire in chiave di costo la sostenibilità e congrui-tà delle soluzioni tecniche prefigurate dalla concorrente.

decisione numero 901 del 22  novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana

non si può accettare un'offerta che preveda un deficit di un milione di euro nel quinquiennio

l’offerta presenta profili di incongruità con obbligo dell’ente aggiudicatore di chiedere le giustificazioni


L’annullamento dell’aggiudicazione comporta, altresì, l’inefficacia del contratto stipulato:l’importo in perdita è tale da non consentire margini di dubbio in relazione all’impossibilità di remunerare, foss’anche con il salario minimo contrattuale, il monte ore garantito nell’offerta.


l’offerta presenta profili di incongruità con obbligo dell’ente aggiudicatore di chiedere le giustificazioni, fermo restando l’inammissibilità di giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili o da fonti autorizzate dalla legge.


difetto di istruttoria e di violazione dell’art. 86 del dlgs 163/2006, dovendosi aderire alla prospettazione in ricorso secondo cui la discrepanza tra il costo del lavoro ed il monte ore offerto porterebbe la CONTROINTERESSSATA, ove dovesse confermare quanto contenuto nell’offerta tecnica (monte ore mensile globale di 4855 ore, contro le 3376 offerte dalla ricorrente) rispettando il costo medio del lavoro in base alle tabelle FISE, ad un ammanco [o meglio deficit?] di oltre 1.000.000,00 di euro nel quinquennio


Il Collegio ritiene che la denunciata incongruità dell'offerta per effetto del raffronto tra monte - orario e costi medi tabellari indicati in misura conforme alla contrattazione collettiva non può essere causa di automatica esclusione, ma, in adesione a consolidati principi da cui non ritiene di discostarsi (ex multis CdS, sez. V, 7967/2010, Cons. St. Sez. V, 7.10.2008, n. 4847, ma v. anche Tar Lazio II 15879/2010) va sottoposta al subprocedimento della verifica dell'anomalia per permettere all'impresa di fornire le proprie giustificazioni nel rispetto dell'insopprimibile esigenza di contraddittorio con la quale confligge un automatico giudizio di incongruità dell'offerta.

Ritiene quindi il Collegio che anche un simile profilo di inattendibilità dell'offerta avrebbe dovuto costituire oggetto di specifica valutazione in contraddittorio da parte delle Commissione di gara, sicché è infondato il motivo che ne faccia discendere una causa di esclusione dalla gara; tanto in adesione a condivisibile elaborazione giurisprudenziale secondo cui “nelle procedure di gara, il mancato rispetto dei minimi tabellari del costo del lavoro, o, in mancanza, dei valori indicati dalla contrattazione collettiva, non determina l'automatica esclusione dalla gara, ma costituisce un importante indice di anomalia dell'offerta, che dovrà essere poi verificata attraverso un giudizio complessivo di rimuneratività.

Infatti, è sempre necessario che venga consentito all'impresa di fornire le proprie giustificazioni, anche in riferimento al superamento di detti limiti minimi dato che tale insopprimibile esigenza di contraddittorio costituisce specifica espressione del più generale principio di partecipazione e trova corrispondenza nel dovere dell'Amministrazione di motivare in ordine alla ritenuta incongruità dell'offerta" (Cons. Stato, Sez. 7.10.08 nn. 4845 e 4847 nonché Corte Giustizia CE, Sez. II, 3.4.08 in C-346/06).

(…)

L’annullamento dell’aggiudicazione comporta, altresì, l’inefficacia del contratto stipulato.

Il parziale accoglimento del ricorso nei termini sopra descritti comporta il rigetto della domanda di subentro e di condanna della resistente al risarcimento dei danni mediante reintegrazione in forma specifica, atteso che, allo stato e fino alla definizione del sub procedimento di verifica dell’incongruità dell’offerta della CONTROINTERESSSATA, l’aggiudicazione non spetta ancora alla ricorrente, né quest’ultima risulta lesa nella sua chance di aggiudicarsi l’appalto ove le giustificazioni della controinteressata dovessero risultare insufficienti o inadeguate.


 sentenza numero 1388 del 21 novembre 2011 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro

logicità dell'iter di valutazione di un'offerta anomala

le valutazioni compiute dalla stazione appaltante in sede di riscontro delle anomalie delle offerte sono espressione di un potere tecnico discrezionale

tale potere risulta sindacabile in sede giurisdizionale soltanto ove emergano in modo indubitabile la manifesta illogicità, l’esistenza di macroscopici errori di fatto e l'inattendibilità complessiva delle valutazioni tecniche operate.


Ciò comporta che il giudice amministrativo, nel sindacare le va-lutazioni espresse dall'Amministrazione appaltante, non può sostituirsi ad essa effettuando un autonomo giudizio di congruità, ma deve limi-tarsi ad un sindacato solo estrinseco, controllando la logicità dell'iter motivazionale del provvedimento di esclusione alla luce delle giustifi-cazioni fornite dall'impresa nel sub procedimento di verifica dell'ano-malia.

Quando la stazione appaltante ha giudicato che le giornate lavorative di front office desumibili dall’offerta economica erano inferiori a quelle necessarie per la corretta prestazione dei servizi offerti dalla ricorrente non ha dunque riesaminato i contenuti dell’offerta tecnica ma ha invece ragionevolmente ritenuto che il prezzo offerto fosse incongruo rispetto al dimensionamento concreto del servizio da attuare

A cura di Sonia Lazzini


Passaggio tratto dalla decisione numero 901 del 22  novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana

Applicando questi criteri al caso in esame, osserva il Collegio che le determinazioni dell’Amministrazione non esibiscono alcuno dei richiamati profili di disfunzionalità.
Infatti può escludersi che in sede di verifica dell’anomalia la stazione appaltante - invece di limitarsi a valutare la compatibilità del prezzo offerto rispetto alle prestazioni da eseguire - abbia in sostanza rivalutato i contenuti dell’offerta tecnica.
Sotto il profilo da ultimo richiamato, deve infatti precisarsi che l’offerta tecnica formulata dalla Ricorrente contemplava il numero tota-le delle giornate lavorative dei vari operatori coinvolti nella realizza-zione del progetto, senza precisare analiticamente - non essendo ciò richiesto dal bando - la proporzione tra prestazioni giornaliere da effet-tuare mediante presenza diretta dei vari operatori negli uffici giudiziari (front office) e prestazioni da effettuare nella sede dell’impresa (back office).
Del tutto logicamente tale distinzione - rilevante dal punto di vista dei costi perchè ai professionisti non residenti quando si recano negli uffici giudiziari deve essere corrisposta l’indennità di trasferta a copertura delle spese di soggiorno sostenute - è dunque emersa in sede di valutazione della congruità del ribasso offerto da Ricorrente, ribasso appunto fondato sul costo di 500 giornate lavorative - su 1650 totali indicate in offerta tecnica - di front office, di cui 350 con indennità di trasferta.

sulla ratio del contraddittorio per la verifica dell'offerta anomala

nelle procedure di evidenza pubblica la fase della verifica di anomalia dell'offerta in contraddittorio ha la precipua funzione di chiarire (ed integrare) ove necessario i costi e la relativa analisi già previamente effettuata in sede di offerta

ossia di specificare le ragioni, ove non ancora esaurientemente esplicitate, per cui l'offerta nel suo complesso, e nelle singole voci di costo, è in definitiva attendibile.

È quindi estranea a detta fase la possibilità di modificare l'offerta, nel suo complesso ovvero nelle principali voci che concorrono a formarla, dal momento che tale successiva rimodulazione di elementi essenziali dell’offerta viola il principio di parità tra i concorrenti.

Infatti, come è stato chiarito, il subprocedimento di giustifica-zione dell'offerta anomala non è volto a consentire aggiustamenti del-l'offerta per così dire "in itinere" ma mira, al contrario, a verificare la serietà di un'offerta consapevolmente già formulata e tendenzialmente immutabile; pertanto, in sede di giustificazioni non si può consentire che vengano apoditticamente rimodulate le voci di costo, al solo scopo di “far quadrare i conti” ossia di assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato e si superino le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo. (VI sez. n. 3759 del 2010).

decisione numero 901 del 22  novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana

l'art 27 del cod contratti non impone particolari forme di pubblicità

gara ufficiosa nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità


Il servizio asilo nido va inquadrato nell’alveo dei “servizi sociali”, espressamente contemplati dall’allegato II B del D.lgs. n. 163 del 2006


gli artt. 55, 57, 66, 70 del D.lgs. n. 163 del 2006 non trovano applicazione al caso in esame; infatti, l’art. 20 del D.lgs. 163 del 2006 per gli appalti di servizi di cui all'allegato B) II – applicabile al caso di specie - stabilisce che l'aggiudicazione è disciplinata esclusivamente dagli articoli 68, 65 e 225, non essendo, di contro, applicabili le disposizioni del Codice dei contratti.

L’appalto in questione soggiace, in particolare, in applicazione dell’art. 27 del D.lgs. n. 163 del 2006, solo ad un nucleo minimo di regole, mentre non trovano applicazione le disposizioni relative alle modalità di pubblicazione dei bandi e ai relativi tempi posti dall'art. 70: è rimessa, quindi, all'Amministrazione la scelta circa i termini per la presentazione delle offerte, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità (v. art. 27 cit.);

quanto alla qualificazione della gara indetta, che, a prescindere dalle espressioni utilizzate, la stessa si connota chiaramente come un gara ufficiosa con lettera di invito, in applicazione di quanto disposto dal più volte citato art. 27, il quale stabilisce, al primo comma, che “L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto.”

A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza numero 2312 del 9 dicembre 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

- che anche il terzo motivo, con il quale la cooperativa ricorrente lamenta, in via subordinata, la violazione dell’art. 27, sostenendo che sarebbe stato violato, in particolare, l’art. 2, comma 3, espressamente richiamato dal predetto art. 27, non merita adesione; l’art. 27 citato stabilisce, al comma 1, seconda parte, che “….(omissis)… L’affidamento (dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice) deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto” e il comma 2 estende a detti appalti l’ambito di applicazione dell’art. 2, commi 2, 3 e 4, del D.lgs. n. 163 del 2006: sicché la scelta di limitare l’ammissione alla procedura alle sole ditte inALFAte (n. 6 inALFAte) si pone come applicativa della norma appena riportata; quanto, poi, alle concrete modalità di scelta delle ditte da inALFAre, risulta dagli atti di causa che la stessa è stata preceduta da operazioni di sorteggio - per quattro potenziali concorrenti - tra le cooperative iscritte all’Albo regionale di cui all’art. 26 della L.R. n. 22 del 1986, e dalla selezione di altre due imprese in base alle indicazioni fornite dal Servizio Sociale. Sotto tale ultimo profilo, va richiamato quanto chiarito dalla Commissione europea nel punto 2.2.2 (Limitazione del numero di candidati inALFAti a presentare un'offerta) della “Comunicazione interpretativa per l'aggiudicazione degli appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive appalti pubblici” (in G.U.U.E. del 1° agosto 2006, n. C 179), secondo cui: “Le amministrazioni aggiudicatrici hanno la facoltà di limitare il numero di candidati a un livello adeguato, a condizione di farlo in modo trasparente e non discriminatorio. Possono ad esempio applicare criteri oggettivi, come l'esperienza dei candidati nel settore in questione, le dimensioni e l'infrastruttura delle loro attività, la loro capacità tecnica e professionale o altri fattori. Possono anche optare per una estrazione a sorte, sia come unico meccanismo di selezione, sia in combinazione con altri criteri…”;

- inoltre che, quanto alla dedotta omissione di qualsiasi forma di pubblicità della procedura, in senso contrario alla prospettazione di parte ricorrente:

- l’art. 27 non impone specifiche forme di pubblicità;

- il provvedimento d’indizione della procedura è stato pubblicato all’Albo Pretorio dal 21 febbraio 2011 all’8 marzo 2011 (v. documentazione prodotta dalla P.A. in data 8 novembre 2011);
risulta dalla stessa documentazione prodotta dalla cooperativa ricorrente un principio di prova in ordine all’avvenuta pubblicazione della determinazione di indizione della procedura, dal 21 febbraio 2011 al 28 febbraio 2011, anche sul sito on line del Comune (v. certificato di pubblicazione prodotto da parte ricorrente, sebbene in copia e senza sottoscrizione;

- quanto alla lamentata violazione dell’art. 2, comma 3, il quale stabilisce che “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni.”; con riferimento ad un presunto difetto di motivazione circa la scelta effettuata in concreto, dalla lettura del provvedimento di indizione della gara ufficiosa si evince con chiarezza la ragione per la quale la stazione appaltante ha ritenuto di fare applicazione degli artt. 20 e 27 del Codice e, conseguentemente, di indire una gara ufficiosa – atecnicamente definita come “procedura ristretta” – ai sensi del citato art. 27, evidenziando, altresì, l’esigenza di procedere con urgenza in relazione alla natura del servizio; non senza sottovalutare che la procedura ad evidenza pubblica indetta precedentemente era stata integralmente posta nel nulla da questo Tribunale con la dichiarazione di nullità del bando;


Art. 27. Principi relativi ai contratti esclusi
1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto.
(comma così modificato dall'art. 4, comma 2, lettera a), legge n. 106 del 2011)

deve essere evitato il rischio di manomissione dei plichi contenenti l'offerta

il plico contenente l’offerta avrebbe dovuto essere chiuso con ceralacca

e controfirmato sui lembi di chiusura dal legale rappresentante della ditta offerente o dal suo procuratore.

Detta prescrizione doveva essere osservata a pena di esclusione atteso che, nelle avvertenze della lettera invito, si legge: “si farà luogo all’esclusione dalla gara nel caso … non venga osservata qualunque altra prescrizione o formalità …”.

Nel caso di specie risulta dalla documentazione in atti, ed è peraltro incontestato tra le parti, che i lembi di chiusura del plico presentato dalla ricorrente principale non sono stati controfirmati dal legale rappresentante dell’offerente.

Segue da ciò che la stazione appaltante avrebbe dovuto comminare la sanzione dell’esclusione dalla gara di cui trattasi.

D’altra parte, irrilevante appare l’osservazione della difesa della ricorrente principale secondo cui in sede di gara non risulta essere stata sollevata alcuna eccezione sull’integrità del plico, garantita dalla presenza della ceralacca.

Invero, la previsione della lex specialis di cui trattasi mira a garantire in astratto ogni rischio di compromissione dei plichi contenenti le offerte; essa stabilisce modalità di chiusura delle buste facilmente rispettabili procedendo con attenzione; dette modalità sono, al contempo, l’apposizione della ceralacca e della firma; risulta quindi del tutto irrilevante ogni indagine sull'effettiva integrità e segretezza dell'offerta presentata (v. Cons. Stato, sez. V, 30 settembre 2010, n. 7219).

Il Collegio ritiene altresì che la firma, in aggiunta alla ceralacca, costituisca una maggiore garanzia nei confronti di eventuali frodi od indebite violazioni del segreto a tutela dell'interesse della p.a. e dei partecipanti a che le buste non possano essere in astratto manomesse.
Segue da ciò la fondatezza del ricorso incidentale e, per l’effetto, l’inammissibilità di quello principale stante la carenza di interesse alla proposizione dello stesso (v. Ad. Plen. n. 15/2011).

sentenza numero 2304 del 7 dicembre 2011 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo