sabato 31 marzo 2012

opere per quasi 5 milioni, va esclusa l'impresa se agente di assicurazioni munito procura di 250.000 eu

La procura dell’Agente non è sufficiente ad emettere la cauzione definitiva: la ditta va esclusa!

La Stazione appaltante deve osservare il principio della par condicio e di conseguenza non può accettare la modifica da parte della Compagnia



Ammettere una diversa opzione interpretativa che favorisca, secondo quanto disposto dall’art. 1399 c.c., la stabilità degli atti del falsus procurator per effetto di successiva ratifica, significa compromettere in modo serio la par condicio tra i concorrenti, i quali, nella formulazione della offerta, devono tener conto di tutti i costi inerenti alla partecipazione alla gara, compresi quelli richiesti dai soggetti abilitati per fornire cauzioni su importi significativamente rilevanti.

E’ di tutta evidenza che la promessa cauzionale definitiva priva dei connotati richiesti dalla norma, come nel caso in questione, non è corrispondente alle previsioni della legge: il legislatore ha inteso garantire in via preventiva la stazione appaltante della serietà dell’offerta attraverso una obbligazione che intercorre direttamente tra fideiussore e creditore, perfezionandosi già con la comunicazione, nei termini indicati dall’art. 1333 c.c.

la regolarità formale e sostanziale dell’offerta, proprio in ragione degli interessi pubblici sottesi, deve presentare, già al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, tutti i requisiti ed i connotati dell’impegno negoziale anelato, residuando soltanto, per l’eventuale e futura volontà contrattuale, la mera evenienza favorevole di un adeguato ribasso.

In altri termini la proposta e le dichiarazioni ad essa collegate, compresa quella cauzionale, devono assumere un connotato definitivo e perfetto già al momento della presentazione dell’offerta, senza alcuna possibilità di una loro successiva modifica o aggiustamento e ciò proprio per non alterare, in via peggiorativa, la posizione degli altri concorrenti.

Tale intendimento è confermato proprio dal comma 8 dell’art. 75 dlgs 163/2006 che prevede l’esclusione dalla gara del concorrente che ha omesso di corredare l’offerta con l’impegno ad una cauzione definitiva rilasciata dai soggetti normativamente abilitati



Passaggio tratto dalla sentenza numero 417 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia

Considerato che,

con rituale ricorso la società RICORRENTE, in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con RICORRENTE 3 prefabbricati spa, chiedeva l’annullamento, a seguito della esclusione della ricorrente, degli atti della procedura aperta per l’appalto di lavori “ a corpo”, nella formula “ chiavi in mano”, per la realizzazione della nuova Piattaforma logistica del lotto H all’interporto di Padova, indetta dalla società Interporto di Padova spa, ed aggiudicata alla ATI - impresa costruzioni F.lli Controinteressata srl – CONTROINTERESSATA 2 srl -

Contestualmente chiedeva l’aggiudicazione del contratto a favore della stessa ricorrente e, in via subordinata, il risarcimento del danno.

I diversi rilievi tecnici, avanzati dalla commissione giudicatrice all’offerta della ricorrente, costituenti la ragione della sua esclusione dalla gara, venivano, con puntuale apporto documentale, respinti dalla società ricorrente con il ricorso in atti.

Chiamato all’udienza del giorno 23 febbraio 2012, il ricorso veniva rinviato all’udienza del giorno 7 marzo 2012, atteso che la controinteressata preannunciava la proposizione di un ricorso incidentale.

Nei termini di legge veniva proposto e depositato ricorso incidentale.

Deve essere preliminarmente scrutinato, pertanto, il predetto ricorso incidentale, proprio per la sua astratta possibilità di definire il giudizio già nella fase dell’esame delle questioni preliminari ( Cons. St., A.P., n. 4/2011).

La ricorrente - consta dagli atti di causa - ha allegato, in sede di offerta, in ossequio al punto 7 del bando ed ai punti 4 e 5 del disciplinare di gara, la cauzione provvisoria e l’impegno a rilasciare, in caso di aggiudicazione dell’appalto, la cauzione definitiva.

Deve, però, sottolinearsi che la garanzia e l’impegno in argomento venivano rilasciati, per la Compagnia garante società di assicurazione, dal Procuratore Speciale sig. Roberto Villa, i cui poteri, così come espressi e documentati nell’allegata procura speciale conferita allo stesso Villa, erano stati, dalla Compagnia garante società di assicurazione, limitati ad euro 250.000,00 per ogni singola polizza.

L’appalto in questione riguarda, invece, la realizzazione di opere per euro 4.709.632,70.

In prossimità dell’udienza del giorno 7 marzo 2012 la ricorrente produceva atto di ratifica, da parte della Compagnia garante società di assicurazioni, per l’eventuale e futuro impegno cauzionale per l’importo complessivo richiesto a titolo di garanzia definitiva, così implicitamente riconoscendo la invalidità della precedente documentazione al riguardo prodotta.

Sostiene, di contro, il ricorrente incidentale che tale originario errore, non sanabile ex post, ha alterato in modo irreversibile la par condicio dei partecipanti e si pone in contrasto con le norme di gara e quelle di cui agli artt. 75 e 113 dlgs 163/2006, per cui il ricorrente principale doveva, ab origine, essere escluso dalla gara dalla stessa stazione appaltante.

Il ricorso incidentale è fondato.

Ritiene il Collegio che la regolarità formale e sostanziale dell’offerta, proprio in ragione degli interessi pubblici sottesi, deve presentare, già al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, tutti i requisiti ed i connotati dell’impegno negoziale anelato, residuando soltanto, per l’eventuale e futura volontà contrattuale, la mera evenienza favorevole di un adeguato ribasso.

In altri termini la proposta e le dichiarazioni ad essa collegate, compresa quella cauzionale, devono assumere un connotato definitivo e perfetto già al momento della presentazione dell’offerta, senza alcuna possibilità di una loro successiva modifica o aggiustamento e ciò proprio per non alterare, in via peggiorativa, la posizione degli altri concorrenti.

Tale intendimento è confermato proprio dal comma 8 dell’art. 75 dlgs 163/2006 che prevede l’esclusione dalla gara del concorrente che ha omesso di corredare l’offerta con l’impegno ad una cauzione definitiva rilasciata dai soggetti normativamente abilitati.

E’ di tutta evidenza che la promessa cauzionale definitiva priva dei connotati richiesti dalla norma, come nel caso in questione, non è corrispondente alle previsioni della legge.

In altri termini il legislatore ha inteso garantire in via preventiva la stazione appaltante della serietà dell’offerta attraverso una obbligazione che intercorre direttamente tra fideiussore e creditore, perfezionandosi già con la comunicazione, nei termini indicati dall’art. 1333 c.c.

Ammettere una diversa opzione interpretativa che favorisca, secondo quanto disposto dall’art. 1399 c.c., la stabilità degli atti del falsus procurator per effetto di successiva ratifica, significa compromettere in modo serio la par condicio tra i concorrenti, i quali, nella formulazione della offerta, devono tener conto di tutti i costi inerenti alla partecipazione alla gara, compresi quelli richiesti dai soggetti abilitati per fornire cauzioni su importi significativamente rilevanti.

Né può revocarsi in dubbio, d’altra parte, che lo stesso legislatore, nel prevedere l’istituto della ratifica, ha inteso, nel secondo comma dell’art. 1399 c.c., salvaguardare i diritti dei terzi, ossia di coloro che, estranei all’attività del falsus procurator, risultano, poi, pregiudicati dalla successiva attività di ratifica.

Ebbene i concorrenti ad una gara pubblica sono estranei alla eventuale attività di ratifica cauzionale operata dalla società bancaria o assicurativa, ovvero da un intermediario finanziario, per cui tale evenienza stabilizzatrice, alterando l’originaria proposta contrattuale, si traduce, senza dubbio, in un evidente pregiudizio degli stessi concorrenti.

Per tali motivi il ricorso incidentale va accolto e dichiarata la inammissibilità per difetto di legittimazione del ricorso principale.


sentenza numero 417 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia

per poter dimezzare la cauzione, la qualità deve essere riferita all'oggetto specifico dell'appalto

Aver illegittimamente dimezzato la cauzione, comporta che la ricorrente doveva essere esclusa e di conseguenza  perde anche il titolo per poter proporre ricorso


La riduzione della cauzione configura un beneficio riconosciuto ad un’impresa in considerazione di una sua particolare condizione soggettiva, attestata dal possesso della certificazione di qualità, per cui questa è ritenuta particolarmente affidabile sia come concorrente sia come potenziale affidataria dell’appalto.

Ne consegue – essendo la riduzione dell’importo cauzionale giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa – la necessità che il requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto, dovendo pertanto esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità.

Non può assumere rilievo che l’art. 75, co. 7, d.lgs. n. 163 del 2006 faccia riferimento alla certificazione del sistema di qualità senza ulteriori specificazioni, atteso che deve ritenersi implicito, in ragione della sua ratio, che la certificazione di qualità, ai fini del beneficio della dimidiazione, deve essere relativa all’oggetto dell’appalto.

la certificazione di qualità di Ricorrente reca il riferimento a “costruzioni e ristrutturazioni edili civili”, sicché non può ritenersi estesa anche alla categoria prevalente OG12 dell’appalto in discorso (“opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale”).

La fondatezza del ricorso incidentale determina, per l’effetto, l’annullamento dell’ammissione della ricorrente principale alla gara, la quale, venendo meno ex tunc, comporta l’inammissibilità del ricorso principale per carenza della relativa legittimazione ad agire.


Passaggio tratto dalla sentenza numero 2716 del 21 marzo 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma


La Ricorrente si sarebbe avvalsa del beneficio della prestazione della garanzia provvisoria in misura ridotta, pur essendole precluso tale diritto. Infatti, avrebbe prodotto il certificato UNI EN ISO 9001:2008, richiesto dalla lex specialis della gara onde poter usufruire del beneficio della dimidiazione della garanzia provvisoria, che, tuttavia, non contemplerebbe la categoria prevalente OG12 né quella di cui al n. 90.53.30.00-2 del vocabolario comune per gli appalti.

Il ricorso incidentale è fondato e va di conseguenza accolto.

La Sezione III.1.1 del bando di gara ha stabilito che l’offerta dei concorrenti deve essere corredata da una cauzione provvisoria di € 23.200,00 pari al 2% dell’importo complessivo dell’appalto costituita con le modalità e nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 75 d.lgs. n. 163 del 2006 ed ha specificato che l’importo della garanzia è ridotto del 50% per gli operatori economici in possesso della certificazione di cui al settimo comma del citato articolo.

L’ultima parte del punto 5.5 del disciplinare di gara indica che è consentito il dimezzamento della garanzia ai sensi dell’art. 75, co. 7, d.lgs. n. 163 del 2006 e che in tal caso la cauzione dovrà essere corredata dalla certificazione del sistema di qualità in corso di validità; dispone altresì che la cauzione di importo inferiore a quanto richiesto oppure la mancanza della cauzione comporterà l’esclusione dell’offerente dalla gara.

Dal verbale della commissione giudicatrice n. 1 dell’11 maggio 2011 risulta che la Ricorrente Srl ha prodotto una polizza fideiussoria ridotta del 50% ai sensi dell’art. 75, co. 7, d.lgs. n. 163 del 2006 e, quindi, pari ad € 12.070,00 allegando certificazione di qualità.

La certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008 risulta rilasciata alla controinteressata per il seguente scopo e campo di applicazione “costruzioni e ristrutturazioni edili civili”.

L’art. 75, co. 7, d.lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che l’importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, è ridotto del cinquanta per cento per gli operatori economici ai quali venga rilasciata, da organismi accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, la certificazione del sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI CEI ISO 9000; per fruire di tale beneficio, l’operatore economico segnala, in sede di offerta, il possesso del requisito, e lo documenta nei modi prescritti dalle norme vigenti.

La riduzione della cauzione configura un beneficio riconosciuto ad un’impresa in considerazione di una sua particolare condizione soggettiva, attestata dal possesso della certificazione di qualità, per cui questa è ritenuta particolarmente affidabile sia come concorrente sia come potenziale affidataria dell’appalto.

Ne consegue – essendo la riduzione dell’importo cauzionale giustificata dalla maggiore affidabilità strutturale ed operativa dell’impresa – la necessità che il requisito sia posseduto con riferimento all’oggetto specifico dell’appalto, dovendo pertanto esservi corrispondenza tra la categoria prevalente dei lavori posti in gara e quella a cui si riferisce la certificazione di qualità.

Non può assumere rilievo che l’art. 75, co. 7, d.lgs. n. 163 del 2006 faccia riferimento alla certificazione del sistema di qualità senza ulteriori specificazioni, atteso che deve ritenersi implicito, in ragione della sua ratio, che la certificazione di qualità, ai fini del beneficio della dimidiazione, deve essere relativa all’oggetto dell’appalto.

Né può indurre ad una diversa conclusione che l’art. 63, co. 2, d.P.R. n. 207 del 2010 indichi come la certificazione del sistema di qualità aziendale sia riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche.

Tale estensione vale evidentemente ove non risulti nel certificato una ulteriore specificazione, mentre, ove nel certificato vi sia una diversa specificazione e cioè vi sia il riferimento ad una determinata tipologia di prestazioni, è evidente che la certificazione non può riferirsi alla globalità delle categorie e classifiche, altrimenti la specificazione contenuta nel certificato non avrebbe alcun senso.

Va da sé, allora, che se la certificazione di qualità reca una specifica categoria, la stessa deve intendersi riferita solo a quella e non anche alle altre categorie.

Nel caso di specie, la certificazione di qualità di Ricorrente reca il riferimento a “costruzioni e ristrutturazioni edili civili”, sicché non può ritenersi estesa anche alla categoria prevalente OG12 dell’appalto in discorso (“opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale”).

In definitiva, il Collegio ritiene che la specificazione contenuta nella certificazione di qualità a “costruzioni e ristrutturazioni edili civili” porta ad escludere che la stessa possa comprendere tutte le categorie di lavori, laddove, se il certificato non avesse contenuto tale specificazione, la certificazione del sistema di qualità, ai sensi dell’art. 63, co. 2, d.P.R. n. 207 del 2010, sarebbe stata riferibile alla globalità delle categorie e classifiche.

L’attestazione SOA relativa alla categoria prevalente, inoltre, non può ritenersi che valga di per sé a surrogare l’assenza della certificazione di qualità per tale categoria ai fini della legittima ammissione alla gara e ciò sia in quanto il punto 5.5 del disciplinare di gara prevede espressamente che, in caso di dimezzamento, “la cauzione dovrà essere corredata dalla certificazione del sistema di qualità in corso di validità”, sia perché - sebbene, ai sensi dell’art. 40, co. 3, d.lgs. n. 163 del 2006 agli organismi di attestazione sia demandato il compito di attestare l’esistenza nei soggetti qualificati di certificazione di sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente normativa nazionale - le attività di attestazione e di certificazione sono diverse ed autonome ed hanno effetti eterogenei.

La fondatezza del ricorso incidentale determina, per l’effetto, l’annullamento dell’ammissione della ricorrente principale alla gara, la quale, venendo meno ex tunc, comporta l’inammissibilità del ricorso principale per carenza della relativa legittimazione ad agire.

affidamento in economia di un servizio_la Stazione appaltante sbaglia tutto

deve rilevarsi l’elusione dei limiti di soglia normativamente previsti per l’ammissione all’utilizzo dell’affidamento in economia (fissata in € 200.000,00) attraverso un frazionamento temporale del servizio di smaltimento di rifiuti sanitari

per un periodo oggettivamente insufficiente al soddisfacimento delle prevedibili esigenze minime dell’azienda sanitaria e, pertanto, naturalmente destinato a non cessare alla scadenza del previsto termine di sei mesi, in violazione del divieto di cui all’art. 125, comma 13, del d.lgs. n. 163 del 2006;

che, in secondo luogo, la scelta dell’affidamento in questione risulta genericamente adottata “in esecuzione del vigente Regolamento per l’acquisizione di beni e servizi in economia”, anziché, come prescritto dal citato art. 125, comma 10, del d.lgs. n. 163 del 2006, sulla base di una preventiva individuazione «con provvedimento di ciascuna stazione appaltante» delle «proprie specifiche esigenze», ovvero sulla base di una delle ipotesi ivi tassativamente indicate;

che, in terzo luogo, la lettera di invito risulta generica tanto in ordine alla prescritta indicazione degli elementi tecnici oggetto di valutazione quanto, soprattutto, in ordine ai concreti criteri di valutazione che sarebbero stati seguiti ai fini dell’individuazione della “migliore offerta ”;

che, inoltre, non risulta che l’apertura delle offerte, così come del plico contenente la documentazione tecnica richiesta, sia avvenuta in seduta pubblica, e ciò in contrasto con i principi generali di trasparenza e di pubblicità cui è soggetta anche la procedura in esame in forza del richiamo operato dall’art. 2 del d.lgs. n. 163 del 2006;

che, pertanto, la “richiesta di offerta”, così come la procedura seguita, risultano non rispettose, sotto molteplici profili, dei principi e delle citate regole normative che presiedono all’affidamento dei servizi in economia

 sentenza numero 318 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia

appalto concorso e scelte discrezionali di valutazione della pa, insindacabili

Con il nuovo Regolamento il livello della progettazione definitiva è diventato quello che richiede il maggior livello di attenzione

e che, se non necessariamente deve coincidere pienamente con il progetto preliminare, fermo restando che non può prevedere la realizzazione di un’opera completamente diversa per qualità e funzioni (Cons. Stato, sez. IV, 23 novembre 2002 n. 6436) non deve avere significativi scostamenti tecnici nella successiva progettazione esecutiva


nell'ambito di una procedura di appalto-concorso, condotta secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione in ordine all'idoneità ed alla qualità di un progetto costituisce espressione paradigmatica di lata discrezionalità tecnica, con conseguente insindacabilità del merito di dette valutazioni ove non inficiate da profili di erroneità, di illogicità e di sviamento (Consiglio Stato , sez. V, 21 gennaio 2009 , n. 282).

Nell'ambito delle procedure di gara per l'aggiudicazione di contratti d'appalto della p.a., le considerazioni attinenti al merito dell' offerta , aventi ad oggetto la completezza e compatibilità delle singole parti del progetto presentato, non possono di per sè costituire causa obbligatoria di esclusione della gara, ma eventualmente fattori valutabili in sede di esplicazione della discrezionalità tecnica riconosciuta alla stazione appaltante attraverso l'attribuzione di un minor punteggio dell' offerta (T.A.R. Toscana, sez. II, 22 gennaio 2002 , n. 33).

Ciò premesso, va rilevato che se a livello metodologico sarebbe sufficiente quanto appena rilevato, questo Giudice ritiene di non esimersi dall’analizzare compitamente i rilievi tecnici mossi dalla ricorrente incidentale al progetto della ricorrente in via principale. Ciò, in quanto, la manifesta infondatezza di quei rilievi consente anche a un non tecnico di apprezzarne l’inconsistenza dal punto di vista della ammissibilità dell’offerta.

Passaggio tratto dalla sentenza numero 309 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari

Il sesto motivo del ricorso incidentale si basa sull’asserita violazione del capitolato prestazionale allegato B, pagina 74. A dire della ricorrente il sistema di ventilconvettori con lampada germicida sarebbe incompatibile con la previsione del capitolato secondo cui “non è ammesso modificare scelte tecniche quali filtri elettrostatici sui ventilconvettori”.

L’assunto è infondato anche alla luce della recente giurisprudenza di questa Sezione che ha avuto modo di statuire che:

1) non è consentito alle stazioni appaltanti - ex art. 68, comma 4, d.lgs. n. 163/2006 - respingere un'offerta secondo la ragione per cui i prodotti e i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche di riferimento, se nell'offerta stessa è data prova, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni proposte corrispondano in modo equivalente ai requisiti richiesti dalle specifiche tecniche.

2) in base al principio dell'equivalenza - secondo cui, ex art. 68, d.lgs. n. 163/2006, i documenti del contratto devono dettagliatamente indicare le specifiche tecniche richieste, senza tuttavia individuare una specifica fabbricazione o provenienza, al fine di evitare un’ingiustificata restrizione della rosa dei partecipanti alla gara, con nocumento all'interesse pubblico sotteso alla più ampia partecipazione alla stessa - può intendersi come equivalente un prodotto che abbia caratteristiche identiche o analoghe al bene descritto in capitolato e che garantisca, almeno, le stesse prestazioni; sicché, la stazione appaltante, in presenza di offerte equivalenti, deve verificare la sussistenza dei requisiti descritti al fine di effettuare la valutazione dell'offerta (T.A.R. Sardegna, Sezione I, 20 febbraio 2012, n.137).

Nel caso che occupa il Collegio, era lo stesso capitolato a consentire le modificazioni agli schemi generali di impianto se migliorative di quelle descritte.


sentenza numero 309 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari

dato numerico del ribasso diverso dall'indicazione in lettere_la partecipante va esclusa

Va escluso il il raggruppamento che  abbia compilato la domanda di partecipazione con una difformità nella indicazione dei ribassi offerti tra il dato numerico, 48,48% e la indicazione in lettera quarantottovirgolanovantottopercento


la Commissione non ha introdotto alcuna causa di esclusione dalle gare non espressamente prevista.

Facendo applicazione della clausola del paragrafo 6, invece, ha considerato l’offerta del raggruppamento ricorrente come non rientrante nei parametri indicati dal disciplinare per i ribassi.

Non si tratta quindi di una causa di esclusione per mancanza di requisiti, ma di una offerta non conforme a quanto richiesto dalla lex di gara.

Se è vero che le cause di esclusione sono tassative ciò non può riguardare le caratteristiche dell’offerta tecnica ed economica , altrimenti la stazione appaltante perderebbe la prerogativa di determinare l’oggetto delle prestazione.

Il principio di massima partecipazione deve essere, quindi, contemperato con quello della par condicio, che, in particolare, deve ritenersi prevalente nel caso di errori riguardanti l’offerta

Passaggio tratto dalla sentenza numero 2651 del 20 marzo 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

La omessa indicazione di voci relative alla offerta deriva dalla stessa definizione dell'offerta come richiesta dalla legge di gara, definizione rispetto alla quale nessuna rilevanza può avere l'omessa comminatoria della esclusione nel capitolato di gara, dal momento che l'offerta carente dell'elemento considerato si configura come difforme dalle caratteristiche volute dalla stazione appaltante. Ne consegue anche che nessun obbligo di richiedere integrazione o regolarizzazione documentale può ritenersi gravare sulla stazione appaltante, poiché tale regolarizzazione può essere consentita solo quando i vizi rilevati nell'offerta siano puramente formali o chiaramente imputabili a errore materiale, altrimenti venendosi ad alterare la par condicio tra i concorrenti (Consiglio di Stato sez. VI n. 2427 del 19 aprile 2011).

Tale orientamento giurisprudenziale relativo alle difformità dell’offerta trova conferma nell’altro orientamento relativo alla possibilità dell’esercizio del potere di integrazione solo relativamente ai requisiti di partecipazione.

Nelle gare pubbliche l'integrazione documentale è ammissibile solo per la documentazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione, per cui non è possibile rettificare, precisare o comunque modificare gli elementi costitutivi dell' offerta , e comunque essa non costituisce un obbligo assoluto ed incondizionato per la stazione appaltante, ma incontra precisi limiti applicativi ravvisabili nella necessità del rispetto della par condicio (Consiglio di Stato sez. IV 15 dicembre 2011 n. 6602; Consiglio Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1778).

(…)

Né si può ritenere che nel caso di specie potesse apparire ictu oculi alla stazione appaltante un mero errore materiale commesso nella predisposizione della domanda. E’noto infatti che per errore materiale si intende l’errore di calcolo quando i dati di partenza sono corretti. Trattandosi della indicazione di valori da parte del partecipante, di fronte a due valori diversi, ognuno indicante una percentuale di ribasso, la difformità poteva essere risolta a favore dell’uno o dell’altro senza che si potesse rilevare il dato errato.

Inoltre, nel caso di specie, il disciplinare prevedeva espressamente il modo di risoluzione di tale errore. Si deve, dunque, ritenere legittimo il provvedimento della stazione appaltante in applicazione di tale clausola.

Quanto alla previsione del paragrafo 6 del bando, in primo luogo è evidente che l’unica possibile interpretazione sia quella letterale, per cui la disciplina più favorevole deve essere considerata quella che preveda il costo più basso per l’Amministrazione. Infatti, la clausola tende a risolvere il conflitto tra grandezze numeriche, indicando voci espresse in numeri e lettere . Per essere di semplice applicazione deve quindi far immediato riferimento ad un concetto numerico, il maggior o minor costo, il maggior o minor ribasso, la maggiore o minore quantità. Solo secondo tale interpretazione la clausola risulta effettivamente di facile ed immediata applicazione ed utile quale criterio di risoluzione di un contrasto di dati numerici

illegittimità del silenzio

l’Amministrazione non ha adempiuto all’obbligo di provvedere, poiché, nonostante il decorso del termine previsto dalla legge, non risulta ancora adottato un provvedimento espresso

L’art. 2 della l. 241/1990 ha fissato un principio generale secondo cui, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza del privato ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso entro il termine di trenta giorni, qualora non sia stato fissato un termine diverso.

L’amministrazione deve pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, e in conseguenza ha sempre l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, positivo o negativo (e che dia puntuale contezza delle relative ragioni) in ossequio ai principi di affidamento, legittima aspettativa, trasparenza, partecipazione, correttezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost. (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7955; Consiglio Stato, sez. V, 30 marzo 1998, n. 398).

Nel caso in esame, l’Amministrazione non ha adempiuto all’obbligo di provvedere, poiché, nonostante il decorso del termine previsto dalla legge, non risulta ancora adottato un provvedimento espresso sull’istanza avanzata dalla società ricorrente, volta ad ottenere la tipizzazione dei suoli di sua proprietà,a seguito della decadenza del vincolo a verde pubblico,vincolo di natura espropriativa e perciò soggetto a decadenza.

Conseguentemente, fermo restando il potere amministrativo di valutare nel merito la pretesa dedotta, il ricorso è fondato sotto il profilo dell’illegittimità del silenzio del Comune e va accolto nei sensi e limiti di cui in motivazione.

Pertanto, si assegna al Comune il termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione/comunicazione della presente decisione per provvedere.

Qualora, il Comune non provveda nel termine indicato si nomina quale Commissario ad acta, il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del comune di Ostuni affinché provveda a tutti gli adempimenti occorrenti per l’esecuzione della presente decisione nell’ulteriore termine di 90 (novanta) giorni.


sentenza numero 529 del  22  marzo 2012 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

non è legittimo agire in autotutela per evitare di pagare la ricorrente

l’Amministrazione ha agito in autotutela, procedendo all’annullamento d’ufficio di atti amministrativi ritenuti illegittimi;

 il provvedimento di autoannullamento non risulta, però, adottato in conformità all’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, atteso che l’interesse pubblico nel medesimo esplicitato è sicuramente inidoneo a rappresentare la sussistenza di un preciso, attuale e concreto interesse pubblico nei termini prescritti dalla legge

                       
l’annullamento in autotutela di un provvedimento amministrativo impone la precisa individuazione delle ragioni di pubblico interesse che giustificano l’adozione del provvedimento di secondo grado.

Per quanto attiene precipuamente alle gare pubbliche, la potestà di annullamento in autotutela degli atti è espressamente ricondotta al principio costituzionale di buon andamento che impegna l’Amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire, ma con l’obbligo di fornire una adeguata motivazione in ordine ai motivi che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 18 marzo 2011, n. 1500).

Sussiste, pertanto, la inequivoca necessità di ragioni di interesse pubblico sottese all’adozione del provvedimento di autoannullamento – le quali non possono comunque prescindere dalla considerazione del tempo eventualmente trascorso e delle posizioni giuridiche consolidatesi per effetto del provvedimento da annullare - con l’ulteriore precisazione che tali ragioni devono trovare espresso riscontro nel provvedimento di secondo grado attraverso una motivazione tanto più approfondita e stringente quanto più gli interessi privati sacrificati risultino consolidati per il decorso del tempo: l’esercizio del potere di autotutela è sì espressione di rilevante discrezionalità ma comunque non esime l’Amministrazione dal dare conto della sussistenza, tra l’altro, dell’interesse pubblico - presupposto di detto potere, al pari dell’illegittimità originaria del provvedimento - in termini esaustivi e chiaramente comprensibili (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 25 ottobre 2010, n. 32960; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 14 settembre 2010, n. 3456).

E’ pur vero che esistono casi in cui l’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela è “in re ipsa”, ma detti casi presuppongono provvedimenti atti ad esplicare effetti giuridici protratti nel tempo e, dunque, perseguono il precipuo scopo di evitare il protrarsi nel tempo di ulteriori effetti “contra legem” o, anche, richiedono la soddisfazione di un interesse pubblico “non ponderabile” perché conseguente ad una pronuncia giudiziale già emessa (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 17 settembre 2010, n. 6980; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 15 novembre 2010, n. 2692; TAR Campania, Napoli, Sez. II, 7 ottobre 2010, n. 18004).

Passaggio tratto dalla sentenza numero 2683 del 20 marzo 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

In sintesi, appare evidente che:

- l’esercizio del potere di annullare un provvedimento in autotutela necessita della presenza di un interesse pubblico che non si identica con il mero ripristino della legalità violata, bensì richiede ragioni diverse, desunte dall’adeguata ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, con obbligo di tener conto delle posizioni consolidate e del conseguente affidamento derivante dal comportamento tenuto dall’Amministrazione (cfr. C.d.S., Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2178);

- l’annullamento d’ufficio presuppone una congrua motivazione sull’interesse pubblico attuale e concreto a sostegno dell’esercizio discrezionale dei poteri di autotutela, idonea ad esternare anche le valutazioni effettuate in relazione alle posizioni dei destinatari dell’atto (cfr. C.d.S., Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2178; C.d.S., Sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8529).

Tutto ciò detto, è da rilevare che il provvedimento impugnato non risulta adottato nel rispetto dell’art. 21 nonies della legge n. 241/90, in quanto inidoneo a dare conto dell’effettiva sussistenza di “ragioni di interesse pubblico” nei termini prescritti dalla legge.

In detto provvedimento – in relazione al profilo in trattazione - si legge, infatti, quanto segue: “Considerato che è evidente l’interesse pubblico ad evitare un illegittimo esborso di danaro;”.

Orbene, tale espressione è chiaramente inadeguata a rappresentare l’interesse pubblico che deve essere sotteso all’esercizio discrezionale del potere di autotutela, atteso che:

- come già in precedenza rilevato, nel caso di specie si tratta di una gara ormai esaurita non solo dal punto di vista della procedura ad evidenza pubblica ma anche sotto il profilo dell’esecuzione di quanto richiesto (rectius: la progettazione definitiva ed esecutiva del Collegamento tra l’area Pontina e l’A2), almeno in relazione alla posizione della ricorrente. In linea con le risultanze della documentazione prodotta agli atti, è da osservare, infatti, che la progettazione de qua è stata affidata dalla Regione Lazio alla società ARCEA già numerosi anni addietro, tanto che in data 31 gennaio 2007 la ricorrente si è sentita costretta a proporre domanda di arbitrato per l’accertamento dell’inadempimento contrattuale, la risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento del danno, poi sfociata nella pronuncia del lodo arbitrale n. 117 del 2009. L’asserzione della Regione Lazio secondo la quale la ricorrente accamperebbe, poi, “ulteriori pretese a svolgere le attività di progettazione” risultano adeguatamente smentite dalla ricorrente, la quale ha fornito prova che il tenore della diffida da ultimo inviata “è ben diverso”, ossia attiene all’eventuale adozione di “qualsiasi atto in contrasto con quanto deliberato dal CIPE con delibera 88/2010 e, in particolare, dal pubblicare il bando di gara per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione della tratta autostradale Roma (Tor de Cenci) – Latina nord, del collegamento Cisterna – Valmontone e delle relative opere connesse, fino a quando non saranno definitivi i contenziosi pendenti”;

- ciò detto, appare evidente che l’“interesse pubblico ad evitare un illegittimo esborso di danaro” non è riconducibile alla gara in sé, bandita, tra l’altro, nel ben lontano 1997 e, dunque, non è certo in re ipsa. In particolare, non risulta affatto direttamente connesso all’affidamento della progettazione, il quale ha, tra l’altro, interessato – in ultimo – un diverso soggetto (l’ARCEA);

- posto che l’“interesse pubblico ad evitare un illegittimo esborso di danaro” non si ricollega in via immediata e diretta all’oggetto della gara e, precipuamente, all’esecuzione della progettazione di per sé considerata, diviene, dunque, necessario ricollegarlo ad ulteriori circostanze e/o presupposti;

- al riguardo, il provvedimento impugnato è chiaramente carente. Quanto già detto in ordine all’impossibilità di ricondurre l’esborso di danaro direttamente alla gara – considerata nel suo ordinario svolgimento, anche sotto il profilo dell’esecuzione della progettazione - avrebbe, infatti, richiesto una precisa e chiara esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico per le quali è sorta nel 2011 – ossia, ben 14 anni dopo la pubblicazione del bando - ed in presenza di posizioni giuridiche ormai consolidatesi anche attraverso e a conclusione di un procedimento arbitrale la necessità per l’Amministrazione di “annullare tutti gli atti della gara” ed, in particolare, l’aggiudicazione ma tale esplicitazione non ricorre;

- in particolare, il provvedimento non dà affatto conto – in termini chiari e precisi – del perché l’annullamento di tutti gli atti della gara eviterebbe un illegittimo esborso di danaro e, quindi, non consente – in sintesi - di comprendere le ragioni di interesse pubblico su cui la decisione adottata dall’Amministrazione dovrebbe poggiare ai sensi di legge;

- la completa conoscenza della vicenda in trattazione ma anche il riferimento nel provvedimento impugnato all’“urgenza di provvedere, attesa la imminente trattazione del giudizio di ottemperanza” instaurato “per l’esecuzione del lodo arbitrale pronunciato in data 23 luglio 2009”, inducono – in via meramente interpretativa – a ritenere che il potere di autotutela sia stato esercitato da parte della Regione Lazio al fine di evitare il pagamento della somma richiesta dalla ricorrente, vantata in virtù della condanna contemplata nel lodo;

- ciò detto, emerge la necessità di valutare se un tale fine costituisca o meno una ragione di interesse pubblico valida per l’autoannullamento di provvedimenti già adottati;

- al riguardo, il Collegio perviene ad una soluzione negativa per due ordini di motivi e precisamente: - non è – comunque - dato comprendere dalla formulazione del provvedimento le ragioni per le quali l’autoannullamento degli atti di gara e dell’aggiudicazione valgano a evitare l’esborso di danaro imposto dal lodo; - la produzione di un tale effetto non è, tra l’altro, desumibile ex se, specie ove si tenga conto che l’art. 824 bis c.p.c. espressamente prevede che “il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria”.

Per completezza, appare poi doveroso aggiungere che – in ragione di quanto in ultimo rilevato – sorgono, tra l’altro, perplessità in ordine alla stessa possibilità di qualificare l’esborso a cui risulta tenuta la Regione - imposto in un lodo arbitrale - come “illegittimo” e, comunque, la Regione non spiega perché l’autoannullamento degli atti di gara dalla stessa disposto varrebbe a rendere tale l’esborso in questione.

In definitiva:

- nel caso di specie, l’Amministrazione ha agito in autotutela, procedendo all’annullamento d’ufficio di atti amministrativi ritenuti illegittimi;

- il provvedimento di autoannullamento non risulta, però, adottato in conformità all’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, atteso che l’interesse pubblico nel medesimo esplicitato è sicuramente inidoneo a rappresentare la sussistenza di un preciso, attuale e concreto interesse pubblico nei termini prescritti dalla legge.

Non vi è responsabilità precontrattuale per una revoca di aggiudicazione provvisoria

la responsabilità precontrattuale della p.a. non sussiste fino a quando la procedura selettiva non è esaurita con l'aggiudicazione definitiva





La revoca di un provvedimento, infatti può essere adottata non solo per sopravvenuti motivi di interesse pubblico o per mutamento della situazione di fatto, ma anche per una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico originario (art. 21 quinquies legge 241/1990) .

Nella fattispecie, il potere revocatorio deve ritenersi legittimamente esercitato, rispetto ai motivi dedotti, essendo state esplicitate le ragioni di opportunità, derivanti anche dal rispetto degli specifici vincoli economici al conseguimento dell’equilibrio del sistema sanitario, contenuti nel piano di rientro oggetto di accordo stipulato il 17.12.2009.

Tali ragioni di inopportunità a dare seguito alla gara controversa, rilevate dal collegio dai revisori dei conti e fatte proprie dall’autorità decidente, sono state compiutamente e legittimamente espresse nella motivazione dell’atto, laddove si chiarisce che l’aggiudicazione dell’appalto avrebbe esposto la P.A. ad un aumento di spese di gestione, evitabile attraverso l’eventuale affidamento dei servizi manutentivi ordinari al personale LSU e LPU utilizzato in Agenzia.

La motivazione, quindi, non solo indica i profili di interesse pubblico in termini non generici e astratti, bensì specifici e concreti, ma confronta anche i risultati ottenibili attraverso la conclusione del procedimento di gara con quelli perseguibili mediante altre soluzioni idonee ad assicurare la manutenzione degli immobili, reputate più convenienti.

La domanda di annullamento proposta con motivi aggiunti è, pertanto, da ritenersi infondata.

Anche la domanda risarcitoria per responsabilità precontrattuale deve ritenersi infondata.

Per il prevalente e condivisibile orientamento della giurisprudenza, infatti, la responsabilità precontrattuale della p.a. non sussiste fino a quando la procedura selettiva non è esaurita con l'aggiudicazione definitiva che individua il soggetto possibile contraente, non potendo prima di tale momento l'impresa aggiudicataria essere qualificata come parte della trattativa negoziale; pertanto, in materia di gare pubbliche, la responsabilità precontrattuale è configurabile solo dopo la conclusione della procedura di evidenza pubblica e con riguardo ad un segmento procedimentale successivo all'esito della stessa.

Ne deriva che, arrestatasi la procedura revocata alla fase dell'aggiudicazione provvisoria, la pretesa risarcitoria della ricorrente non può trovare soddisfazione ( cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 07 giugno 2010 , n. 12676).

Il ricorso, in conclusione, merita reiezione totale.

 sentenza numero 300 del 21 marzo 2012 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro

offerte non convenienti o non idonee_discrezionalità di non aggiudicare

le ditte partecipanti avrebbero potuto ed anzi dovuto ragionevolmente attendersi che, dato il punteggio per l’offerta tecnica conseguito da ciascuna di esse, l’Amministrazione non avrebbe aggiudicato la gara, non ritenendo alcuna idonea.

benché non fosse stata esplicitata alcuna soglia di sbarramento, non raggiunta la quale non si sarebbe proceduto all’aggiudicazione, tuttavia non appare affatto irragionevole e violativa della disposizione citata, nonché del principio di buon andamento della P.A. e di tutti i principi che devono presiedere alle procedure di gara la decisione della stazione appaltante di non procedere all’aggiudicazione della fornitura

Proprio nella rimarcata inidoneità si ravvisa anche l’interesse pubblico alla non aggiudicazione, di cui impropriamente in questa sede si lamenta l’assenza: stante il rilievo attribuito all’offerta tecnica, tenuto conto anche della circostanza che nessuna delle partecipanti aveva proposto un campione migliorativo idoneo, e considerato il punteggio raggiunto dalle stesse, si palesa corretta la decisione qui censurata.

è opportuno richiamare il dettato dell’art. 81, comma 3, del d.lgs. 12.4.2006, n. 163, di cui si è fatta in concreto applicazione.

Detta disposizione prevede che “le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto”.

Si rende in proposito necessario precisare che la “o” collocata tra “conveniente” ed “idonea” ha significato e valore disgiuntivo e non congiuntivo, il che comporta che, al fine di decidere nel senso della non aggiudicazione, non si richiede che si presentino entrambe le condizioni: non convenienza e non idoneità delle offerte, essendo invece a tal fine sufficiente la sussistenza di una sola.



Passaggio tratto dalla sentenza numero 2769 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma


È poi evidente che nel caso, come quello di specie, nel quale il criterio prescelto è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed il rapporto tra l’offerta tecnica e quella economica è del tutto sproporzionato in favore della prima, risulta tanto più ragionevole la non aggiudicazione della gara quando non si ravvisi l’idoneità, evidentemente riferita all’offerta tecnica.

Bisogna in proposito ricordare che il punteggio complessivo massimo attribuibile di 100 punti era composto da soli 20 punti massimi per l’offerta economica e da ben 80 punti massimi, distinti nelle singole voci previamente individuate, per l’offerta economica.


È chiaro che l’interesse della stazione appaltante era essenzialmente rivolto verso l’offerta tecnica, assumendo quella economica valore del tutto residuale; in altre parole, la stessa mirava ad un prodotto di qualità, anche se non conveniente sotto il profilo economico.

Degli 80 punti complessivi attribuibili per l’offerta tecnica ben 10 erano previsti per il campione migliorativo, il quale assumeva, perciò, una certa rilevanza. Ciò detto, deve considerarsi che nessuna ditta aveva presentato un campione migliorativo giudicato idoneo, con conseguente mancato conseguimento di alcun punteggio al riguardo.

Ma non solo

Pertanto non può essere accolta la domanda di risarcimento in forma specifica, che conseguirebbe all’annullamento del provvedimento direttoriale recante detta decisione.
8 - Le considerazioni suesposte inducono anche a non ravvisare la responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c., necessaria per accordare il risarcimento per equivalente, richiesto in via subordinata.
Infatti in primo luogo è il codice dei contratti ad attribuire la facoltà di non aggiudicazione alla stazione appaltante, il quale nella lex specialis aveva preavvertito della possibilità che l’avrebbe esercitata.
L’esercizio in concreto si è visto essere giustificato da un’effettiva inidoneità delle offerte tecniche proposte, stante la quale evidentemente, in considerazione anche della rilevanza attribuita ex ante all’offerta tecnica, non può sussistere l’interesse generale all’aggiudicazione.

se viene violata la par condicio è inapplicabile il favor partecipationis

Par condicio vs favor partecipationis_bella lotta


sussiste il divieto per l’amministrazione, sia a seguito di dichiarazioni correttive del partecipante, sia in conseguenza della sua attività interpretativa volta a riscontrare la reale volontà dell’offerente, di sottoporre l’offerta ad operazioni manipolative e di adattamento non previste nella lex specialis della procedura,

restando altrimenti violata la par condicio dei concorrenti e l’affidamento da essi riposto nelle regole di gara per modulare la rispettiva offerta economica, nonché il principio di buon andamento dell’azione amministrativa in quanto la procedura ne risulterebbe caratterizzata da incertezze, oltretutto con evidente nocumento della trasparenza

in tale ottica, si rende inapplicabile il principio del favor partecipationis, recessivo a fronte della necessità di assicurare effettività agli altri principi indicati appena sopra

decisione numero 1699 del 23 marzo 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

vi deve essere il più ampio confronto concorrenziale

la stazione appaltante non può escludere dalla gara una impresa che abbia compilato la propria offerta attenendosi alle indicazioni contenute nella lex specialis

e che comunque nessun addebito possa essere contestato alla impresa ove l’errore, a prescindere dalla sua riconoscibilità, sia stato ingenerato dalla stazione appaltante

Ove infatti vi siano prescrizioni, contenute nella lex specialis di una gara di appalto, che presentino alcuni margini di incertezza, deve privilegiarsi l'interpretazione che assicuri la massima partecipazione alla gara, rispetto a quella che la ostacoli, stante la necessità di tutelare l'affidamento ingenerato nelle imprese partecipanti e l'interesse pubblico al più ampio possibile confronto concorrenziale.


Nel caso in esame l’art. 2.2 del disciplinare prescrive al punto 5 la presentazione di una dichiarazione attestante il fatturato globale dell’azienda dell’ultimo triennio e il fatturato per i servizi identici a quello oggetto di gara per l’ultimo triennio, precisando che “per l’ammissione alla gara il limite minimo di fatturato per servizi identici effettuati nel triennio 2007-2009 deve essere non inferiore all’importo presunto posto a gara”.

Il precedente art. 1.5, rubricato “importo presunto”, indica in € 1.168.000,00, i.v.a. esclusa, il valore economico annuale dell’appalto.

Ragionevolmente, dunque, era dato concludere, per il combinato disposto delle due clausole del disciplinare, che il fatturato minimo richiesto fosse pari all’importo presunto quale era specificamente indicato, con apposita previsione, nell’art. 1.5 del disciplinare, mentre la interpretazione della commissione di gara e dell’appellante, secondo cui tale importo andava raddoppiato perché il servizio aveva durata biennale, come esattamente rilevato dal giudice di primo grado, “…è frutto di una ermeneutica correttiva della lex specialis, in discordanza con la piana combinazione delle due clausole (la clausola che fissa il limite minimo di fatturato con rinvio all’importo presunto a base di gara e la clausola che fissa quest’ultimo importo) e, comunque, idonea a sorprendere i concorrenti”.

Del resto altre concorrenti erano state indotte a ritenere il requisito riferito all’anno e la stessa commissione di gara, in un primo momento, aveva interpretato le disposizioni in tale senso. In disparte poi che la società aveva predisposto la propria offerta documentando fatturati riferiti all’anno pur essendo dotata di fatturati maggiori.

Pertanto illegittimamente la stazione appaltante aveva revocato, rectius annullato d’ufficio, la aggiudicazione alla a.t.i. Controinteressata.


decisione numero 1688  del 23 marzo 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

venerdì 30 marzo 2012

e' doveroso da parte del Comune escutere la cauzione per oneri di urbanizzazione


la sollecita escussione della polizza fideiussoria è funzionale proprio all’interesse pubblico ad ottenere, nei tempi programmati, il pagamento delle somme spettanti per oneri concessori;

la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione si pone in contrasto con l’esigenza di una celere realizzazione delle opere di urbanizzazione e determina un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore

CHE simile scelta non appare, pertanto, giustificabile e finisce per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa (art. 19 cit.), abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza

Passaggio tratto dalla sentenza numero 334 del 28 marzo 2012 pronunciata dal Tar Sardegna Cagliari




appare fondata la censura, proposta con il primo motivo, di violazione del principio di correttezza di cui all’articolo 1175 del cod, civ., nonché del disposto di cui all’art. 1227, secondo comma, del cod. civ.;

CHE il Comune, in base al principio sulla leale collaborazione tra debitore e creditore, avrebbe dovuto escutere il fideiussore in quanto l’art. 4 della polizza in data 25/3/1998 non condizionava il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente;

CHE la previsione legislativa (art. 19 L.R. 11.10.1985 n. 23) di sanzioni consistenti (fino al 100 % per pagamenti effettuati oltre i sessanta giorni dalla scadenza) per il ritardato pagamento degli oneri concessori, si giustifica con la necessità per l’Ente locale di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l’interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione;

CHE la sollecita escussione della polizza fideiussoria è funzionale proprio all’interesse pubblico ad ottenere, nei tempi programmati, il pagamento delle somme spettanti per oneri concessori;

CHE la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione si pone in contrasto con l’esigenza di una celere realizzazione delle opere di urbanizzazione e determina un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore;

CHE simile scelta non appare, pertanto, giustificabile e finisce per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa (art. 19 cit.), abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza;

CHE la fattispecie all’esame del Collegio è perfettamente identica a quella esaminata dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 10/1/2003 n. 32;

CHE la giurisprudenza richiamata dalla difesa del Comune non appare aderente al caso di specie, tenuto conto che dalla sentenza 1.4.2011 n. 2037, della IV Sezione del Consiglio di Stato, non si evince, per la sua scarna motivazione, il superamento dei principi espressi nella precedente sentenza del 2003 (peraltro neppure citata), mentre la sentenza della V Sezione, n. 6345 dell’11.11.2005, afferma dei principi, ampiamente argomentati, che però non si attagliano al caso di specie, tenuto conto che in essa espressamente si afferma che : “le statuizioni recate dalla decisione 10.1.2003, n. 32, pur condivisibili, mal si attagliano alla fattispecie in esame”.

CHE, pertanto, il ricorso deve essere accolto;



sentenza numero 334 del 28 marzo 2012 pronunciata dal Tar Sardegna Cagliari

direttiva ricorsi, subentro contrattuale, verifica della stazione appaltante e validità cauzione

la tutela in forma specifica è integralmente satisfativa dell’interesse dell’impresa ricorrente vittoriosa in giudizio: la nuova aggiudicataria dovrà richiedere un’altra cauzione provvisoria?

poiché essa ottiene il bene della vita anelato ovvero l’aggiudicazione della gara e la conseguente stipulazione del contratto di appalto

nella fattispecie, sussistono pertanto entrambe le condizioni affinché possa essere disposta l’aggiudicazione dell’appalto a favore della ricorrente seconda in graduatoria

Il giudice amministrativo dunque può sostituirsi all’amministrazione attribuendo il bene della vita richiesto dalla ricorrente e costituito dall’aggiudicazione della gara e del contratto che non è stato nelle more stipulato

non necessariamente all’annullamento dell’aggiudicazione consegue l’automatica spettanza della stessa al ricorrente. Tale situazione si verifica allorquando ricorrono congiuntamente due condizioni: il ricorrente segue in graduatoria immediatamente l’operatore economico la cui aggiudicazione è stata annullata (o vi siano altri concorrenti che devono essere comunque esclusi) e la sua offerta sia già stata positivamente vagliata, anche sotto il profilo dell’anomalia, dalla stazione appaltante


Passaggio tratto dalla sentenza numero 294 del 21 marzo 2012 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro


Sulla domanda di conseguimento dell’aggiudicazione definitiva, l’accertamento e la declaratoria di inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 121 c.p.a., il subentro nel contratto nelle more stipulato e la condanna dell’A.N.A.S. s.p.a. al risarcimento del danno e al pagamento delle sanzioni pecuniarie, occorre effettuare delle brevi considerazioni di ordine generale.

Riguardo alla prima domanda, si deve in limine osservare che non necessariamente all’annullamento dell’aggiudicazione consegue l’automatica spettanza della stessa al ricorrente. Tale situazione si verifica allorquando ricorrono congiuntamente due condizioni: il ricorrente segue in graduatoria immediatamente l’operatore economico la cui aggiudicazione è stata annullata (o vi siano altri concorrenti che devono essere comunque esclusi) e la sua offerta sia già stata positivamente vagliata, anche sotto il profilo dell’anomalia, dalla stazione appaltante. La presenza di entrambi i presupposti recide ogni spazio di discrezionalità alla stazione appaltante che è vincolata, dunque, all’aggiudicazione nei confronti della ricorrente. Il bando di gara in esame prevedeva quale criterio di aggiudicazione dell’appalto dei servizi indicati il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara. Le imprese che presentavano valide offerte erano cinque. L’aggiudicazione dell’appalto avveniva a favore dell’Ati Controinteressata Giocondo- Controinteressata 2 s.r.l. che offriva un ribasso del -41%, seguita in graduatoria dall’odierna ricorrente Vivai Piante Vincenzo Ricorrente di Angelo Ricorrente il cui ribasso offerto era pari al – 26.999%. Sussistono pertanto entrambe le condizioni affinché possa essere disposta l’aggiudicazione dell’appalto a favore della ricorrente seconda in graduatoria.

Passando all’esame delle domande risarcitorie, occorre richiamare l’art. 124 d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 che ha introdotto nel rito degli appalti una tutela in forma specifica e per equivalente. La prima si aggiunge alla generale azione di condanna volta ad ottenere l’adozione dell’atto amministrativo che il legislatore, sia pure in maniera non esplicita, ha ritenuto esperibile, anche in presenza di un provvedimento espresso di rigetto e sempre che non vi osti la sussistenza di profili di discrezionalità amministrativa e tecnica. Tale assunto, avallato dall’Adunanza Plenaria nelle pronunce n. 3 e 15 del 2011, è desumibile dal combinato disposto dell’art. 30, comma 1, che fa riferimento all’azione di condanna senza una tipizzazione dei relativi contenuti (sull’atipicità di detta azione si sofferma la relazione governativa di accompagnamento al codice) e dell’art. 34, comma 1, lett. c), ove si stabilisce che la sentenza di condanna deve prescrivere l’adozione di misure idonee a tutelare la situazione soggettiva dedotta in giudizio (con riguardo al quadro normativo anteriore, Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 2010, n. 2139; 9 febbraio 2009, n. 717). In definitiva, il disegno codicistico, in coerenza con il criterio di delega fissato dall’art. 44, comma 2, lettera b, n. 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha superato la tradizionale limitazione della tutela dell’interesse legittimo al solo modello impugnatorio, ammettendo l’esperibilità di azioni tese al conseguimento di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa. Di qui, la trasformazione del giudizio amministrativo, ove non vi si frapponga l'ostacolo dato dalla non sostituibilità di attività discrezionali riservate alla pubblica amministrazione, da giudizio amministrativo sull'atto, teso a vagliarne la legittimità alla stregua dei vizi denunciati in sede di ricorso e con salvezza del riesercizio del potere amministrativo, a giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata.

Premesso l’inquadramento generale nell’archittetura del codice, occorre osservare che la tutela in forma specifica è integralmente satisfativa dell’interesse dell’impresa ricorrente vittoriosa in giudizio poiché essa ottiene il bene della vita anelato ovvero l’aggiudicazione della gara e la conseguente stipulazione del contratto di appalto. Si tratta a ben vedere del battesimo nel codice dell’azione di stampo civilistico di esatto adempimento praticabile ovviamente solo nei casi di procedura vincolate ab origine o a seguito della pronuncia giurisdizionale. Tale azione è sottoposta, come osservato in dottrina, ad una pregiudiziale composta, data dall’annullamento dell’aggiudicazione definitiva e dalla pronuncia di inefficacia del contratto nelle more concluso.

La tutela risarcitoria per equivalente, di contro, è ancillare rispetto alla prima giacché solo qualora il giudice non dichiarerà l’inefficacia del contratto concluso, privando il ricorrente della tutela specifica, integralmente satisfativa, disporrà il risarcimento del danno per equivalente. Nella vicenda odierna la tutela in forma specifica è assolutamente praticabile in quanto all’annullamento dell’aggiudicazione non residua alcun potere discrezionale in capo alla stazione appaltante, potere invero consumato a monte attraverso il giudizio di discrezionalità tecnica della offerte presentate dalle imprese. Il giudice amministrativo dunque può sostituirsi all’amministrazione attribuendo il bene della vita richiesto dalla ricorrente e costituito dall’aggiudicazione della gara e del contratto che non è stato nelle more stipulato.

La domanda di condanna all’applicazione di sanzioni alternative nei confronti della stazione appaltante deve, invece, essere respinta non ricorrendo alcuno dei presupposti previsti dall’art. 123 c.p.a. tra i quali, in primo luogo, la stipulazione del contratto tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria.


A cura di Sonia LAzzini

sentenza numero 294 del 21 marzo 2012 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro

legittima richiesta di estendere i termini di validità della cauzione provvisoria

Ben può la stazione appaltante richiedere di estendere la validità della cauzione provvisoria

Si trattava infatti di una normale richiesta mantenuta nei limiti della ragionevole precisazione delle modalità procedimentali, e niente affatto gravosa, in quanto a tale rinnovo il garante si era già impegnato nella polizza originaria.


il mero impegno, già assunto dall’assicuratore, a rinnovare la garanzia, non ne avrebbe esteso ex se la validità oltre il termine di scadenza fino a che, concretamente, la garanzia stessa non fosse stata formalmente prorogata

la cauzione provvisoria, ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006, costituisce elemento coessenziale di garanzia a corredo dell’offerta, con la conseguenza che la sua mancata presentazione o il suo omesso rinnovo determinano l’inesistenza dell’offerta stessa.

Giusto un’osservazione

A proprio voler essere “asburgici”, la Stazione appaltante avrebbe anche  potuto non richiedere l’estensione di validità della provvisoria in quanto la stessa è valida fino a che l’amministrazione stessa non la svincoli

La giurisprudenza prevalente è infatti dell’avviso che la durata scritta sul frontespizio della garanzia ha valore solo per la determinazione del premio.

Merita inoltre ricordare che la polizza fideiussoria è valida anche se il premio o i supplementi di premio non vengono pagati




Passaggio tratto dalla sentenza numero 494 del 17 gennaio 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma


Premesso quanto sopra, ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame delle questioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura dello Stato, in quanto il ricorso e i motivi aggiunti sono comunque da disattendere, per le ragioni di seguito esposte.

In considerazione della necessità di estendere i termini di validità della cauzione provvisoria e di confermare la validità dell’offerta formulata, essendo ancora in corso le operazioni di gara, l’Amministrazione, con nota del 20.12.2010, ha chiesto alle imprese concorrenti di presentare, entro il 14.1.2011, a pena di esclusione, un apposito documento assicurativo attestante la validità sino al 31.3.2011 della garanzia prestata in sede di gara e di confermare, con dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante, la validità dell’offerta sino alla data suddetta

Le modalità procedimentali come sopra fissate ed il termine imposto nella nota predetta non erano particolarmente gravosi, né può ritenersi sproporzionata la sanzione dell’esclusione prevista per il caso del mancato rispetto del termine stesso, stanti le naturali esigenze di celerità e di ordinato svolgimento che caratterizzano le operazioni di gara preordinate all’affidamento dei pubblici appalti.


D’altra parte, la cauzione provvisoria, ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006, costituisce elemento coessenziale di garanzia a corredo dell’offerta, con la conseguenza che la sua mancata presentazione o il suo omesso rinnovo determinano l’inesistenza dell’offerta stessa.

Ciò giustifica ulteriormente, nella specie, il particolare rigore con il quale, nella nota del 20.12.2010, l’Università ha disciplinato le conseguenze della mancata ottemperanza alla richiesta formulata. Se è vero poi, come dedotto dalla ricorrente, che l’originaria garanzia era stata prestata, così come richiesto dalla lex specialis e dall’art. 75 del Codice dei Contratti, con la clausole contenente l’impegno del garante a rinnovare la garanzia (qualora al momento della sua scadenza non fosse ancora intervenuta l’aggiudicazione) “su richiesta della stazione appaltante”, è anche vero, ad avviso di questo Tribunale, che ben poteva l’Amministrazione onerare l’impresa, sua diretta interlocutrice, di farsi da tramite per ottenere il rinnovo della garanzia, e di far pervenire il relativo documento all’Università stessa, nel termine assegnato. Si trattava infatti di una normale richiesta mantenuta nei limiti della ragionevole precisazione delle modalità procedimentali, e niente affatto gravosa, in quanto a tale rinnovo il garante si era già impegnato nella polizza originaria.



Quanto alla richiesta di rinnovo della “validità” dell’offerta, va precisato che con tale locuzione l’Amministrazione ha inteso riferirsi alla conferma del “vincolo” per l’offerente. Invero, ai sensi dell’art. 11, comma 6, Codice Appalti, “l’offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell’invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di tale termine.”

Pertanto, l’offerente, decorso il termine predetto, può ritenersi sciolto dall’offerta presentata (cfr. CdS, VI, n. 4019 del 4.6.2010). Ciò non significa che l’offerta decada ex lege decorso il termine, ma certamente l’offerente può svincolarsi dall’offerta stessa, alla sua scadenza.

Legittimamente, pertanto, l’Università intimata ha chiesto il differimento del termine di vincolatività dell’offerta, avvalendosi della facoltà attribuita dalla disposizione legislativa predetta. La richiesta era giustificata e necessaria, poiché il mero impegno, già assunto dall’assicuratore, a rinnovare la garanzia, non ne avrebbe esteso ex se la validità oltre il termine di scadenza fino a che, concretamente, la garanzia stessa non fosse stata formalmente prorogata.

Le considerazioni suddette danno conto dell’infondatezza dei principali motivi di doglianza mossi dalla ricorrente.



 sentenza numero 494 del 17 gennaio 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma