venerdì 29 giugno 2012

la richiesta del risarcimento del danno va respinta a causa del mancato assolvimento della cd. pregiudiziale amministrativa

Nella considerazione che il ricorso vada rigettato, non può neppure essere accolta la domanda risarcitoria, enunciata per le seguenti poste: danno emergente, pari ai costi sopportati per la partecipazione alla procedura di gara e pari ad Euro 3.000,00 con riserva di ulteriore specificazione e documentazione in corso di causa o da disporsi in via equitativa; lucro cessante comprensivo del (i) mancato utile, nella misura del 10% dell’importo a base di gara; (ii) danno curricolare, nella misura del 5% dell’importo a base di gara alla luce dell’importanza curricolare della commessa; e (iii) danno all’immagine professionale dell’impresa, da determinarsi in via equitativa.

La domanda va respinta a causa del mancato assolvimento della cd. pregiudiziale amministrativa, che rende impraticabile per il giudicante la verifica della sussistenza o meno degli altri elementi del danno e cioè l’elemento soggettivo ed il nesso di causa, secondo la cospicua giurisprudenza sulla materia.(tra le tante: TAR Friuli Venezia Giulia, 22 marzo 2012, n. 109, TAR Campania, Napoli, sezione VI, 5 marzo 2012, n. 1097, TAR Marche, 28 ottobre 2011, n. 813).


Tratto dalla sentenza numero 5833 del 26 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

la compagnia garante non è legittima ad impugnare un atto negativo diretto ad altro soggetto

La compagnia di assicurazioni, garante di una concessione per la sala bingo, non è legittimata a ricorrere avverso l'atto di revoca della concessione stessa


In ordine al primo profilo, della legittimazione ad impugnare l’atto di revoca della concessione, non può non osservarsi come difettino in capo alla appellante società di assicurazione, invocata soltanto perché garante della garanzia a prima richiesta, le condizioni dell’azione per impugnare l’atto negativo diretto ad altro soggetto e cioè alla concessionaria garantita di cui incide su una situazione giuridica protetta, soggetto che tra l’altro non risulta essersi attivato in via giurisdizionale avverso la revoca.

L’affermazione della assenza della legittimazione ad impugnare da parte della società assicuratrice, tenuta soltanto a garantire per il caso di inadempimento della obbligata principale, trattandosi di atto destinato ad altro soggetto, prescinde anche dalla esatta qualificazione giuridica del contratto di garanzia e dalla valutazione della pienezza o meno della autonomia del contratto di garanzia o rispetto a quello garantito (secondo la deroga alla regola dell’accessorietà di cui all’art. 1945 codice civile o a mezzo del richiamo all’art. 1462 codice civile e la rinuncia alla possibilità di proporre eccezioni o a mezzo della clausola c.d. del solve et repete).

Tratto dalla decisione numero 3609 del 20 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

il ricorso avverso l'escussione di una cauzione per concessioni va posto davanti al giudice ordinario

non può non affermarsi come la contestazione dell’atto di incameramento della cauzione, dovendosi a ciò ritenere delimitata l’azione, ricada sotto la cognizione del giudice ordinario.

Secondo giurisprudenza costantemente affermatasi (Cassazione civile sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4425), rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia (sia pure con riferimento agli appalti pubblici) concernente la fase di esecuzione del contratto; in sostanza sono devolute alla giurisdizione del g.o. le contese di detta fase, in quanto concernenti i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto.

Appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia avente ad oggetto l' incameramento della cauzione sulla base di una specifica clausola contrattuale che attribuisca alla stazione appaltante la facoltà di escutere la polizza prestata a garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali, senza necessità di diffida o di provvedimento giudiziario e senza possibilità per l'appaltatore e l'istituto assicuratore di opporre eccezioni (così, tra tante Consiglio Stato sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5551).

Sulla base delle sopra esposte considerazioni, va rigettato l’appello, con conferma dell’appellata sentenza, non ricadendo la controversia nella giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.


Tratto dalla decisione numero 3609 del 20 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

l'omessa comunicazione di prericorso interno non osta al ricorso vero e proprio

Va rigettata l’eccezione, sollevata dalla Provincia di Crotone con memoria depositata in data 12.9.2011, di inammissibilità del presente ricorso, per carenza di preavviso ai sensi dell’art. 243 bis del D. Lgs. 12.4.2006 n. 163 ( cosiddetto “codice dei contratti pubblici”).

L’invocata disposizione legislativa prevede che i soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale informano della presunta violazione e dell’intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale, le stazioni appaltanti, che decidono se intervenire in autotutela entro 15 giorni.

La ratio della norma risiede nell'esigenza di ridurre, in via preventiva, l'area delle controversie sottoposte alla cognizione del giudice, mediante la risoluzione anticipata delle controversie (conf.: Cons. Stato - parere 1/2/2010 n. 368 sullo schema di decreto legislativo di recepimento della "direttiva ricorsi"), in un'ottica eminentemente deflattiva, come dimostra la stessa collocazione della norma, immediatamente dopo gli istituti della transazione, dell'accordo bonario e dell'arbitrato (le cosiddette “alternative dispute resolutionis”).

Il comma 3° del precitato art. 243 bis puntualizza che "L'informativa ... non impedisce l'ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, ... né il decorso del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale", con ciò evidenziando l’intento del legislatore di evitare che, mediante la richiesta del riesame del provvedimento, si possa mettere in atto l’escamotage di eludere il termine decadenziale di impugnazione, sempre in coerenza con gli obiettivi di celerità dell'azione amministrativa e di certezza delle situazioni giuridiche.

Se ne deve dedurre che il legislatore abbia voluto configurare un procedimento amministrativo parallelo, rispettoall'azione in giudizio, che può anche non interferire (in caso di diniego della stazione appaltante) con la seconda e che può concludersi anche successivamente all’introduzione della causa.

Il successivo comma 5° individua l'omesso invio dell'informativa tra i "comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile", senza prevedere analoga sanzione per quanto concerne l'impresa che decide di agire in giudizio, anche se la risposta non è ancora pervenuta, non potendosi, del resto, ammettere che uno strumento di deflazione del contenzioso, destinato a risolvere in anticipo le dispute evitando i tempi e i costi di una controversia innanzi al Giudice, possa produrre l'opposta automatica conseguenza di aggravare gli oneri a carico dell'impresa.

Ne deriva che, nel caso di specie, l’omessa comunicazione non può essere ritenuta avere alcuna incidenza preclusiva, ai fini della proposizione del presente ricorso.


Tratto dalla sentenza numero 537 del 6 giugno 2012 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro

non vi è legittimazione a ricorrere in mancanza della partecipazione

La legittimazione al ricorso è correlata alla titolarità della situazione giuridica soggettiva per la cui tutela è esercitata l’azione giurisdizionale.

Nelle controversie concernenti l’affidamento di contratti pubblici e di concessioni, la legittimazione al ricorso spetta ai soggetti legittimamente partecipanti alla procedura competitiva indetta per l’affidamento.

L’ordinamento giuridico interno, in coerenza con i principi affermati in sede comunitaria, ammette tre fattispecie, in presenza della quali, in deroga rispetto al principio appena enunciato, si riconosce la legittimazione a ricorrere anche al non partecipante in gara.

In particolare, si ammette la legittimazione ad impugnare il bando di una procedura ad evidenza pubblica, a prescindere dalla partecipazione alla stessa, al ricorrente che intenda contestare in radice la scelta di indire la gara. La legittimazione, in una simile ipotesi, va riconosciuta al ricorrente che sia titolare di una situazione sufficientemente differenziata e qualificata, derivantegli dalla titolarità di rapporti giuridici incompatibili con l’oggetto della gara.

Altresì, è legittimato a ricorrere avverso l’affidamento diretto o senza gara l’operatore economico del settore che aspiri al conseguimento del contratto. In tal caso, le esigenze di tutela del confronto concorrenziale pretermesso giustificano la legittimazione ampia, fermo restando il vaglio giurisdizionale in ordine alla sussistenza, in concreto, di una situazione sufficientemente differenziata.

Si riconosce, infine, la legittimazione all’impugnazione del bando di gara che contenga clausole escludenti, in ragione dell’immediata lesività dell’illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione.

Nel caso in esame, la società odierna ricorrente non ha partecipato alla procedura ad evidenza pubblica indetta per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’ampliamento del cimitero comunale di cui si controverte.

Non sussiste incompatibilità delle situazioni che traggono titolo dalla concessione per la costruzione e gestione dell’impianto di lampade votive elettriche nel cimitero comunale e il rapporto che trae titolo dalla concessione in contesa.

L’affidamento della gestione dell’impianto elettrico di lampade votive relativo al solo ampliamento realizzato dal concessionario non interferisce con il rapporto concessorio afferente la gestione dell’impianto elettrico di lampade votive nel cimitero esistente.

Quanto all’aspirazione al conseguimento della concessione impugnata, tale aspirazione, in mancanza di partecipazione alla licitazione privata indetta per l’affidamento, non è sufficientemente differenziata e, come tale, giuridicamente rilevante, ai fini della legittimazione al ricorso.

Per tale ragione, la domanda di annullamento degli atti impugnati é inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere.

Analogamente è a dirsi per la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sulla diffida notificata dalla società ricorrente, non sussistendo l’obbligo giuridico di provvedere in ordine alla stessa.

Peraltro, risulta dagli atti del giudizio che i lavori di ampliamento del cimitero comunale sono stati interamente eseguiti.

Pertanto, l’impugnativa è, altresì, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

La domanda risarcitoria non può trovare accoglimento, non essendo la stessa sufficientemente supportata, neanche sotto il profilo allegatorio, in ordine alla consistenza della possibilità di conseguimento dell’aggiudicazione.

In conclusione, il ricorso va dichiarato improcedibile, quanto alla domanda di annullamento e va respinto per la restante parte.


Tratto dalla sentenza numero 1128 del 4 giugno 2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

a trasparenza viene garantita se la commissione, in seduta pubblica, verifica la regolarità della busta tecnica

Sullo scopo della verifica dell'integrità dei plichi e sull'obbligo di aprire le buste tecniche in seduta pubblica


il massimo organo della giustizia amministrativa (cfr. Cons. St., ad. plen. 28/7/2011, n. 13) ha statuito che la verifica della integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura di gara.
In tale prospettiva la pubblicità delle sedute destinate a tale operazione risponde all'esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post, una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato.
Ne consegue che anche per l'offerta tecnica, così come per la documentazione amministrativa e per l'offerta economica, l’apertura della busta costituisce un passaggio essenziale e determinante dell'esito della procedura concorsuale, e quindi richiede di essere presidiata dalle medesime cautele, a tutela degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento, in modo che sia ufficializzata l’acquisizione dei documenti che la compongono.

 La garanzia di trasparenza richiesta in questa fase si considera assicurata quando la commissione, aperta la busta del singolo concorrente, abbia proceduto ad un esame della documentazione, leggendo il solo titolo degli atti rinvenuti e dandone atto nel verbale della seduta.
Tratto dalla sentenza numero 2751 del 12 giugno 2012 pronunciata dal Tar Campania, Napoli
Giova soggiungere che tale difetto di verbalizzazione non può trovare certamente sanatoria nella modifica di recente introdotta dall'art. 12 del decreto legge 7 maggio 2012, n. 52, il quale, nel modificare l’art. 283, co. 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 prevedendo espressamente l’apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti le offerte tecniche, stabilisce che la disposizione trovi applicazione alle procedure di affidamento per le quali non si sia ancora proceduto all'apertura dei plichi alla data di entrata in vigore del decreto legge.

Infatti tale norma, che sostanzialmente recepisce le indicazioni del supremo organo di giustizia amministrativa, non può essere interpretata, per le procedure concorsuali precedenti, in senso elusivo dei principi di trasparenza ed imparzialità posti a sostegno della ripetuta decisione, comportandone la sostanziale disapplicazione.


Vanno pertanto annullati gli atti di gara con conseguente obbligo della stazione appaltante di ripetere la procedura concorsuale.
Per l’effetto va inoltre dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato per l’affidamento del servizio in questione con decorrenza dalla nuova aggiudicazione definitiva che verrà disposta all’esito della rinnovazione della procedura

La lex specialis di gara non ha operato una confusione fra requisiti partecipati ed elementi di valutazione dell'offerta

La separazione tra requisiti di partecipazione e i criteri di valutazione costituisce principio generale

che tutavia va valutato alla luce delle specifiche esigenze dell’Amministrazione, potendo darsi casi in cui la distinzione in parola assuma profili meno netti “stante la potenziale idoneità dei profili di organizzazione soggettiva a riverberarsi sull'affidabilità e sull'efficienza dell'offerta e, quindi, della prestazione”

Tale distinguo, ad avviso del Collegio, deve essere operato anche nella fattispecie in esame in cui la valutazione dei titoli e delle esperienze pregresse in servizi analoghi già espletati si giustifica con le specifiche esigenze che debbono essere soddisfatte mediante la prestazione del servizio in questione

trattandosi di attività di manutenzione di impianti insistenti in ambienti meritevoli di elevata protezione in considerazione dei beni infungibili, di altissimo pregio ed estremamente vulnerabili, ivi conservati.

Ne consegue che la lex specialis non ha operato un’indebita confusione tra requisiti soggettivi ed elementi di valutazione, ma ha solo valorizzato alcuni elementi soggettivi che hanno diretta incidenza sull'espletamento dell'attività appaltata.


Nessun addebito pertanto può esser mosso alla Commissione per aver operato una graduazione del punteggio delle figure professionali utilizzate indicando un punteggio maggiore per la laurea (3,5 punti) rispetto al diploma (2,5) in quanto il diverso rilievo attribuito alla diversa importanza dei titoli di studio non costituisce un nuovo ed autonomo sub-criterio non previsto dalla lex specialis ma semplicemente la specificazione, in funzione di obiettivizzazione del giudizio al fine di graduare i punteggi, del diverso rilievo dei titoli professionali già sancito dall’art. 11 lett A) punto 1, che appunto imponeva di tener conto dei titoli posseduti dai tecnici e dirigenti impiegati nel servizio in questione. Ne consegue che la commissione non ha esorbitato dai limiti connaturati alle proprie funzioni in quanto si è limitata, nel rispetto dei parametri fissati dal bando, a tradurre mediante l’assegnazione di punteggi, la diversa rilevanza dei titoli già da questo sancita.

Quanto al punto 4, invece, la censura appare in conferente in quanto la commissione di gara, si limita a riprodurre integralmente la previsione del bando, aggiungendo la dicitura “da valutare discrezionalmente in funzione delle esigenze del Committente” (verbale n. 6 della seduta del 27.7.2009), dicitura che è priva di qualunque valore innovativo, in quanto non fa che ribadire l’ovvio potere-dovere della Commissione valutatrice di effettuare valutazioni di carattere non vincolato e che costituiscono espressione di cd. discrezionalità tecnica.

Tratto dalla sentenza numero 5465 del 14 giugno 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

giovedì 28 giugno 2012

il progettista preliminare può essere affidatario dell'incarico della progettazione definitiva o esecutiva

nessuna disposizione preclude a colui cui sia stato affidato l'incarico della progettazione preliminare di partecipare anche all'appalto per il servizio di progettazione definitiva ed esecutiva

L’art. 90, comma 8, del codice dei contratti pubblici stabilisce, per quanto qui più rileva, che “gli affidatari di incarichi di progettazione non possono partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione…”.

La disposizione sopra trascritta riproduce l’art. 17, comma 9, della l. n. 109/94.

Ciò posto, per rigettare il primo motivo il Collegio, pur consapevole dell’esistenza anche di un orientamento giurisprudenziale (sul quale v. , di recente, Cons. St. , sez. IV, nn. 2650/11 e 2402/12, p. 4.4. , oltre a richiami ulteriori fatti ivi) favorevole al riconoscimento della disciplina di cui al citato art. 90, comma 8, quale espressione di principi generali di trasparenza e di imparzialità, la cui applicazione è necessaria per garantire parità di trattamento ai concorrenti, considera risolutivo richiamare, condividendola, la sentenza della VI Sezione di questo Consiglio n. 561 del 2004, relativa a un giudizio riguardante l’interpretazione da dare al citato art. 17, comma 9, della l. n. 109/94 e con la quale è stato affermato in particolare che:

-“nessuna disposizione preclude a colui cui sia stato affidato l'incarico della progettazione preliminare di partecipare anche all'appalto per il servizio di progettazione definitiva ed esecutiva, dovendosi, anzi, ritenere, alla luce dell'art.17, comma 14 sexies della legge n.109/1994, che il legislatore abbia privilegiato un criterio di continuità nello svolgimento delle varie fasi della progettazione (Cons. Stato, Sez. V, 20 settembre 2001, n.4968” . Tuttora non sussiste alcuna preclusione, per il progettista preliminare, a rendersi affidatario della attività di progettazione definitiva ed esecutiva: l’art. 91, comma 4, del codice degli appalti, nel riprodurre il testo dell’art. 17, comma 14 sexies, su citato, continua a suggerire la regola opposta stabilendo che le progettazioni definitiva ed esecutiva sono di norma affidate al medesimo soggetto, pubblico o privato –n. d. est.) ;

- “per converso, l'art. 17 della legge 109/94, al comma 9 prevede il solo divieto per gli affidatari degli incarichi di progettazione di partecipare alle gare per l'affidamento dell'appalto o della concessione;

- le norme preclusive della partecipazione a procedure competitive soggiacciono ad un'interpretazione restrittiva nella misura in cui infliggono una limitazione della libertà di iniziativa economica e dell'esplicazione delle dinamiche concorrenziali;

- il principio della par condicio non può essere irrigidito fino al punto di stigmatizzare asimmetrie competitive fondate su meriti acquisiti per effetto della partecipazione a procedure rette dalle disposizioni comunitarie e nazionali ispirate alla logica concorrenziale;

- in definitiva il vantaggio concorrenziale sotteso al previo espletamento dell'incarico finalizzato alla redazione del progetto preliminare costituisce, al pari della condizione in cui versa l'aggiudicatario in caso di procedura di rinnovo di un pregresso affidamento, ovvero della situazione in cui versa l'appaltatore di lavori in ambiti territoriali limitrofi, una differenzia fattuale la cui positiva incidenza si atteggia ad esplicazione del giuoco concorrenziale piuttosto che fungere da fattore anticompetitivo (vedi Cons. Stato, Sez. II, parere 13/11/2002, n.1889) “ .

Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale su esposto, per il quale le cause di incompatibilità sono di stretta interpretazione in quanto limitative della libertà di iniziativa economica e della concorrenza, la disposizione dell’art. 90, comma 8, del codice dei contratti pubblici, riferita agli affidatari di incarichi di progettazione, loro collaboratori e/o dipendenti, nello stabilire un divieto di partecipazione “agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici” non è, di per sé, suscettibile di essere applicata al di là dei casi da essa stessa previsti, trovando applicazione unicamente per la realizzazione dei lavori rispetto alla redazione del progetto, e quindi non è direttamente applicabile al caso in esame (si veda anche, sulla questione interpretativa, il parere dell’AVCP n. 137/11, secondo cui “l’unico divieto posto dal legislatore per gli affidatari degli incarichi di progettazione è quello fissato dall’art. 90, comma 8 (cit.) che impone a questi ultimi di non partecipare alla gara per l’affidamento dei lavori dagli stessi progettati. Tale disposizione, incidendo sulla partecipazione dei soggetti alle gare e, quindi, sulla libertà di impresa va interpretata in senso rigoroso, quanto alle ipotesi che possono comportare una incompatibilità, e, conseguentemente, l’esclusione dalla gara… In base all’analisi delle disposizioni su richiamate si può evincere che il legislatore ha inteso privilegiare un criterio di continuità nello svolgimento delle varie fasi della progettazione… consentendo al soggetto che ha redatto il progetto preliminare di concorrere all’affidamento degli ulteriori livelli di progettazione…”).
Tratto dalla decisione numero 3656 del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

L’approccio interpretativo dev’essere rigoroso proprio perché, oltre agli aspetti letterali, la norma va a condizionare la libertà di impresa e perciò non può essere interpretata in via analogica a fattispecie non prese esplicitamente in esame.

La “ratio” dell’art. 90, comma 8, va individuata nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore –esecutore dei lavori, potendo svolgere una funzione sostanziale di ausilio alla P. A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati.

Se le posizioni di progettista e di appaltatore –esecutore dei lavori coincidessero vi sarebbe il rischio di vedere attenuata la valenza pubblicistica della progettazione, con la possibilità di elaborare un “progetto su misura” per una impresa alla quale l’autore della progettazione sia legato, così agevolando tale impresa nell’aggiudicazione dell’appalto. E’ per questo che, non ricorrendo tale rischio nei rapporti tra progettazione preliminare e livelli ulteriori di progettazione, la disposizione è da ritenere inapplicabile alle relazioni tra diversi livelli di progettazione.

In modo corretto quindi il TAR, nel richiamare il proprio precedente n. 294/09, ha ribadito (v. pag. 6 sent.) che la causa di incompatibilità di cui al citato art. 90, comma 8, si applica solo nei casi in essa stabiliti (nella consapevolezza, lo si ripete, che sulla questione relativa alla interpretazione dell’art. 90, comma 8, questo Consiglio ha dato risposte contrastanti, e salvo verificare se l’esecuzione della progettazione preliminare possa avere determinato, a favore dell’autore della progettazione stessa, una posizione di evidente vantaggio, rispetto agli altri partecipanti alla procedura per il servizio di progettazione definitiva ed esecutiva, incompatibile con i principi, anche comunitari, di imparzialità e di rispetto della parità di trattamento).

Sotto questa angolazione il TAR ha soggiunto che va accertata, in concreto, la lesione effettiva alla concorrenza, in quanto dev’essere provato che l’esperienza acquisita “grazie” al progetto ha “effettivamente” falsato la concorrenza, dovendo essere presenti, in concreto, “indizi seri, precisi e concordanti” che il partecipante alla gara abbia avuto un flusso di informazioni tale da falsare la concorrenza, osservando poi che -anche a voler considerare applicabile l’art. 90, comma 8, cit. “in relazione alle diverse fasi di progettazione preliminare da un lato, esecutiva e definitiva dall’altro”- Controinteressata, pur avendo partecipato a precedenti fasi di progettazione, non ha tratto alcun vantaggio significativo dalla pregressa attività.

Le argomentazioni svolte dal TAR sulla insussistenza di una posizione di partenza di vantaggio evidente e concreto, a favore dell’autrice della progettazione preliminare, nella procedura per l’affidamento del servizio in epigrafe (v. sent. cit. da pag. 7 a pag. 11) resistono ai profili di censura mossi dall’appellante sub A) atteso che:

-la documentazione progettuale preliminare è stata messa a disposizione di tutti i concorrenti in occasione del sopralluogo obbligatorio, sicché non è configurabile, in capo alla stazione appaltante, un comportamento tale da alterare le regole della concorrenza attraverso l’attribuzione di un vantaggio ingiustificato a uno dei partecipanti. Più in particolare, gli elaborati progettuali sono stati forniti a tutti i concorrenti in modo completo e in formato *.pdf non modificabile, per ragioni di uniformità e per esigenze di garanzia contro ogni manomissione;

-la rilevata carenza della relazione geologica non ha importanza giacchè viene in rilievo non una nuova costruzione ma un semplice intervento di ristrutturazione di un edificio già esistente da tempo. L’asserita mancata messa a disposizione della relazione illustrativa del piano della sicurezza è priva di rilievo, trattandosi di documento facente parte del progetto esecutivo e non del preliminare (v. art. 35, lett. f), del d.P.R. n. 554 del 1999 e v. , adesso, l’art. 33/f) del d.P.R. n. 207/10);

-solo alcuni limitati e specifici elementi della progettazione preliminare erano vincolanti per le fasi successive (v. pag. 11 del disciplinare di gara). Inoltre nel disciplinare si parla di “conformità” del secondo lotto dei lavori alla progettazione preliminare generale, per cui quest’ultima assolveva a una mera funzione di indirizzo per la progettazione definitiva ed esecutiva;

-la conoscenza degli elaborati progettuali del primo lotto, già in costruzione, era ininfluente ai fini della presentazione della offerta tecnica nella procedura “de qua”. La consegna degli elaborati progettuali all’aggiudicatario definitivo (v. pag. 11 del disciplinare di gara) era prevista ai fini della esecuzione del servizio di progettazione.


art 48 cod contratti_legittima escussione della cauzione provvisoria per mancata presentazione idonea documentazione

il termine di dieci giorni di cui all’art. 10, comma 1-quater della L. 109/94_ora art 48 del codice dei contratti_ per ottemperare alla richiesta della stazione appaltante è  da ritenersi perentorio

le sanzioni conseguenti alla sua inosservanza_tra cui l’escussione della cauzione provvisoria_ non vanno applicate solo in caso di comprovata impossibilità per l’impresa di produrre documentazione non rientrante nella sua disponibilità

la stazione appaltante può prorogare il termine dei dieci giorni ove vi sia la prova che la ditta interessata non possa rispettare il termine predetto per impossibilità oggettiva – fatto di terzi o forza maggiore – e certamente non per proprie disfunzioni organizzative (Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2001 n. 2714; Cons. St., sez. IV, 6 giugno 2001 n. 3066)

e ciò anche perché rientra nella normale diligenza di impresa l’attivarsi per ottenere i documenti sin dal momento della lettura del bando, onde averli disponibili in caso di sorteggio (Cons. St., sez. IV, 6 giugno 2001 n. 3066; Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2001 n. 2780).

Ciò, va rammentato, anche ai fini di ritenere la legittimità costituzionale della previsione normativa a fronte di rilievi inerenti la ristrettezza del termine di dieci giorni.

Nel caso di specie l’Impresa Ricorrente & Ricorrente 2 non ha effettivamente dimostrato quell’oggettivo impedimento che determina la causa di giustificazione: infatti, davanti alla richiesta della stazione appaltante, l’interessata ha fornito fatture per lavori risalenti al maggio 1994 e dunque non rientranti nell’ultimo richiesto quinquennio – agosto 1994/agosto 1999 – quindi la cifra d’affari richiesta non appariva raggiunta.

Solamente con forte ritardo e comunque oltre i dieci giorni – nota del 27 ottobre 1999 mentre il termine era scaduto il 5 ottobre – venivano forniti alla stazione appaltante i certificati di regolare esecuzione dei lavori ricadenti nel quinquennio forniti da Telecom.

E’ evidente come la vicenda sia caratterizzata da assenza di impedimenti oggettivi e dalla negligenza dell’Impresa ricorrente: questa ha dapprima prodotto documenti non utili per la gara in questione e non conformi perciò alla legge di gara, del tutto perspicua nel suo dettato, e ciò per una confessata negligenza della propria struttura organizzativa e allorché la stessa concorrente era ben conscia dei ritardi di Telecom nel fornire la documentazione necessaria.


Quindi un’eventuale proroga del termine perentorio poteva essere giustificatamente richiesta dall’Impresa Costruzioni Ricorrente & Ricorrente 2 anteriormente al sorteggio richiamando le responsabilità di terzi, ma è chiaro che in sede successiva non vi potevano essere discolpe.

Per le suesposte considerazioni si deve concludere, al pari della sentenza 15 giugno 2009 n. 3804, nel ritenere la mancata corrispondenza tra documentazione probatoria fornita e dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione secondo l’ipotesi di cui all’art. 10 comma 1 quater L. 109/94 e conseguentemente per il rigetto dell’appello.


Tratto dalla decisione numero 3657 del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

alla lex specialis bisogna dare una lettura adatta a tutelare gli interessati

Le disposizioni poco chiare vanno intese nel senso più favorevole alla più ampia partecipazione e alla tutela dell’affidamento riposto dagli interessati di buona fede.

Innanzitutto, nell'interpretazione delle clausole del bando per l'aggiudicazione di un contratto della P.A. deve darsi prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, escludendo ogni procedimento ermeneutico in funzione integrativa diretto ad evidenziare pretesi significati e ad ingenerare incertezze nell'applicazione (C.d.S., V, 30 agosto 2005, n. 4413).

Inoltre, tutte le disposizioni che in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la conclusione della gara, siano esse contenute nel bando ovvero nella lettera d'invito e nei loro allegati (capitolati, convenzioni e simili), concorrono a formarne la disciplina e ne costituiscono, nel loro insieme, la lex specialis, per cui, in caso di oscurità ed equivocità, un corretto rapporto tra Amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell'azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell'art. 1337 c.c. (dovere di buona fede delle parti nello svolgimento delle trattative), impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l'affidamento degli interessati, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, e restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati (C.d.S., V, 1° marzo 2003 , n. 1142).

Tratto dalla decisione numero 3686 del 22 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

doverosa esclusione per omessa dichiarazione di negligenze o errori gravi nell'esecuzione di precedenti contratti

violazione dell’art 38, comma 1, lett f) e h), del d.lgs. 163-06, nella parte in cui l’impresa concorrente ha dichiarato di non aver mai commesso negligenze e/o errori nell’esecuzione dei servizi appaltati.


L’art. 38, lett, f) del codice degli appalti prevede, in particolare, l’obbligo per l’impresa concorrente di dichiarare eventuali negligenze, in fase di esecuzione di appalti, commesse nei confronti di altre Amministrazioni, in modo tale che la stazione appaltante possa valutare se ammettere l’impresa, motivando adeguatamente circa la mancata lesione dell’elemento fiduciario

L’omessa dichiarazione di tali vicende comporta l’impossibilità di effettuare la valutazione predetta, soprattutto nell’ipotesi in cui, per evidenti limiti oggettivi e di tempo, l’Amministrazione non possa aver saputo di tali negligenze neppure in sede di verifica.

Nel caso di specie, il Comune di Gragnano, con determina assunta prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte nella gara, fissata all’11.5.2010, con determinazione n. 76 dell’8.2.2010, aveva revocato la precedente aggiudicazione del servizio di trasporto scolastico comunale alla Ricorrente Service e risolto il rapporto contrattuale con quest’ultima, a seguito di gravi inadempimenti ed irregolarità commesse nell’esercizio del servizio; in particolare: per inottemperanza agli obblighi in materia di sicurezza di cui al capitolato d’appalto (inizio in ritardo del servizio, mancato deposito dei contratti di lavoro degli autisti e degli accompagnatori con comunicazione dei loro nominativi; mancanza del piano di igiene e sicurezza ex D.lgs. n. 81-2008; mancata consegna delle assicurazioni contro infortuni e danni); mancata consegna della documentazione relativa all’autorimessa (disponibilità, autorizzazioni amministrative); utilizzo di due autoveicoli diversi da quelli indicati in gara (Iveco tg. CG829AS e Iveco tg. DX600LY).

Tale vicenda è stata oggetto di una sentenza dello stesso TAR Campania, Napoli (sentenza n. 463 del 26 gennaio 2011), che ha definitivamente concluso che vi era la prova in atti degli inadempimenti della società ricorrente (Ricorrente Service s.r.l.) e che non era revocabile in dubbio l’esistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto.

Il Collegio osserva che l’omessa dichiarazione di negligenze e/o errori gravi nelle esecuzioni di precedenti appalti, di cui alla lettera f) dell’art. 38 del Codice appalti, ancorché non relative a segnalazioni all’AVCP dell’anno precedente alla pubblicazione del bando e, perciò, non comportanti l’esclusione automatica, comunque inficia la determinazione della stazione appaltante di ammissione alla gara.
Passaggio tratto dalla decisione numero 3666  del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

Infatti, l'esclusione dalla gara pubblica, disposta dall'art. 38 lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, si fonda sulla necessità di garantire l'elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della Pubblica Amministrazione fin dal momento genetico; di conseguenza, ai fini dell'esclusione di un concorrente da una gara, non è necessario un accertamento della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l'esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell'Amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venir meno la fiducia nell'impresa; trattandosi di esercizio di potere discrezionale, esso è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1107).

i vizi delle dichiarazioni relative al subappalto non comportano l’esclusione dalla gara

E’ assolutamente troncante l’asserzione, contenuta nel primo motivo di gravame, secondo la quale, anche ad ammettere, per mera ipotesi, l’incongruenza della dichiarazione resa dall’impresa ricorrente, la “sanzione” non può identificarsi con l’esclusione dalla procedura di gara, bensì soltanto la riduzione dell’autorizzazione al subappalto nei limiti ammissibili del 30% dell’importo totale dei lavori ovvero, al limite, l’esclusione dell’autorizzazione al subappalto.

La giurisprudenza è assolutamente consolidata nel ritenere, con riferimento alla normativa epigrafata nel primo motivo di ricorso, di specificare i subappaltatori e i relativi requisiti di partecipazione al momento del deposito del contratto di subappalto e non in sede di offerta, e che “la mancata o incompleta dichiarazione non incida sulla partecipazione ma eventualmente solo sulla possibilità di ricorrere al subappalto” ( Consiglio di Stato-Sezione 6^, n. 9577 del 29 dicembre 2010); conseguentemente, i vizi delle dichiarazioni relative al subappalto non comportano l’esclusione dalla gara ma, tutt’al più, l’impossibilità di ricorrere al subappalto.

E’ appena il caso di evidenziare che tale interpretazione presuppone, ovviamente, che l’appaltatore vanti i requisiti per l’esecuzione dell’opera senza ricorrere al subappalto; diversamente, potrebbe partecipare alla gara anche chi è privo delle richieste qualificazioni; tuttavia, l’impresa ricorrente ha esaurientemente dimostrato di possedere tutti i requisiti di partecipazione richiesti dal relativo bando; e su tale possesso la Stazione appaltante non ha mosso alcun dubbio.

allorchè sussistono due dichiarazioni discordanti, va preferita quella più favorevole alla parte ricorrente, specie quando tale interpretazione appare più conforme al pubblico interesse che, nel settore in questione, si identifica in una più larga partecipazione agli appalti pubblici.

Tratto dalla sentenza numero 1562 del 21 giugno 2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Catania

incompatibilità di un membro della commissione per parere favorevole al progetto

a norma dell’art. 84, comma 4, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, “i commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”;

-la causa di incompatibilità risulta ricorrere nel caso di specie in quanto il suddetto componente della commissione ha preso parte attiva alla procedura relativa al contratto in esame esprimendo, nell’esercizio delle proprie funzioni dirigenziali, parere favorevole al progetto relativo al contratto da aggiudicare recante puntuali prescrizioni tecniche

- non assume rilievo la circostanza, dedotta dall’appellante, secondo cui il provvedimento sarebbe stato sottoscritto da un funzionario all’uopo delegato dal dirigente in esame, in quanto la delega avente ad oggetto “la firma degli atti amministrativi connessi a procedimenti a difesa del suolo” non incide sulla sostanziale imputazione dell’atto alla sfera giuridica del titolare dell’ufficio e sulla conseguente ricorrenza, sul piano della lettera della norma e della ratio che la anima, della causa di incompatibilità ravvisata dalla sentenza appellata;

Tratto dalla decisione numero 3682 del 22 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

istanza di sgravio non può far considerare sussistente il requisito di correttezza fiscale

istanza di  sgravio  non può far considerare sussistente il requisito di correttezza fiscale

deve essere assicurata fino al momento della aggiudicazione, essendo palese l'esigenza per la stazione appaltante di verificare l'affidabilità del soggetto partecipante alla gara fino alla conclusione della procedura. Di conseguenza deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione fiscale o contributiva, quand’anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento. Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio -già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia CE con la pronuncia del 9.2.1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04- secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (regolarizzazione che, pure, può avvenire in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola posizione. La regolarizzazione postuma, se vale a eliminare il contenzioso tra l'impresa e l'Ente previdenziale (o l’Agenzia fiscale), non può comportare il venire meno “ex post” della causa di esclusione.

Facendo applicazione dei principi su esposti al caso in esame, appare evidente che la regolarizzazione, essendo avvenuta tardivamente, non poteva assumere rilievo ai fini dell’ammissione alla gara.

ai fini della configurabilità del requisito della regolarità fiscale va escluso ogni rilievo alla modestia dell’entità del debito definitivamente accertato, non essendo in proposito previsto da parte della stazione appaltante alcun apprezzamento discrezionale della gravità e del sottostante elemento psicologico della violazione. In questo contesto, spettando in via esclusiva all’Agenzia delle Entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale delle concorrenti e non disponendo, la stazione appaltante –né, tantomeno, il Giudice amministrativo- di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, l’esclusione dalla procedura non poteva che costituire decisione vincolata.
Tratto dalla decisione numero 3663 del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

Quanto in particolare al rilievo dell’appellante secondo cui la violazione fiscale non poteva dirsi “definitivamente accertata”, il Collegio considera decisivo osservare, con il TAR, che, al momento della disposta esclusione (18.11.2010), la cartella esattoriale non era stata impugnata e si era, perciò, venuto consolidando il presupposto della irregolarità fiscale accertata in via definitiva, richiesto dal citato art. 38/g) quale presupposto per l’esclusione della concorrente dalla procedura.

A una diversa conclusione, nel senso, cioè, di far ritenere (contestata e dunque) non definitivamente accertata l’irregolarità tributaria, con conseguente ammissione della concorrente alla gara, si sarebbe potuti pervenire qualora la concorrente avesse proposto ricorso contro la cartella esattoriale, in modo tempestivo, dinanzi al giudice tributario, prima della pubblicazione del bando, oppure entro il termine di scadenza previsto per la presentazione della offerta. Il che non è però avvenuto.

Inoltre, la richiesta di Ricorrente del 30.7.2010 di riesame in autotutela per il discarico parziale della cartella esattoriale (alla quale ha fatto seguito, da parte dell’Agenzia delle entrate, uno sgravio parziale, per circa 306 €, sui quasi 2.400 del carico fiscale) non equivale a un ricorso al giudice tributario che, come detto, avrebbe consentito di considerare non definitivamente accertata la violazione fiscale. In altre parole, istanza di sgravio e sgravio parziale non potevano far considerare sussistente il requisito di correttezza fiscale richiesto dall’art. 38/g) del codice dei contratti pubblici per la partecipazione alla procedura, comprovando semmai, l’assenza del citato requisito di regolarità.

Il carattere decisivo delle considerazioni su esposte consente l’assorbimento della questione, sollevata dalla difesa civica a pag. 11 della memoria 11.5.2011, relativa alla “dichiarazione non veritiera circa la propria regolarità fiscale”, quale causa autonoma di esclusione dalla procedura (anche se occorre rilevare che la determina di esclusione, pur accennando, a pag. 3, all’attività della stazione appaltante di verifica della veridicità delle autodichiarazioni rese da Ricorrente sulla regolarità fiscale, ha giustificato l’esclusione non per il carattere non veritiero, di per sé, dell’autodichiarazione, ma in relazione al dato oggettivo della irregolarità fiscale riscontrata).

La stazione appaltante può subordinare l'efficacia dell'aggiudicazione definitiva alla verifica dei requisiti

la circostanza che l’aggiudicazione definitiva sia condizionata all’esito della verifica dei requisiti, non implica la necessità che intervenga in momento successivo alla verificazione dei requisiti, essendo rilevante non già il momento di formazione dell’atto, ma la sua efficacia.

Ben può quindi la stazione appaltante che ha approvato gli atti di gara, disporre l’aggiudicazione definitiva, subordinandone l’efficacia alla condizione dell’esito positivo della verificazione dei requisiti.

Non potrà in tal caso ravvisarsi inversione procedimentale, attesa la funzione della “condizione” nella struttura negoziale, di sospendere l’efficacia dell’atto, fino al suo verificarsi.

La stazione appaltante ha, quindi, correttamente applicato la disposizione di legge, riservando la verifica delle autodichiarazioni prima del conferimento di efficacia dell’aggiudicazione definitiva, già legittimamente deliberata

Per quanto concerne la violazione dell’art. 79 del d. lgv. n. 163 del 2006, per mancata notificazione ai contro interessati dell’avvenuta aggiudicazione, come rilevato dal TAR, il mancato assolvimento dell’obbligo di comunicazione dell’esito della gara nei successivi 5 giorni, incide solo sulla conoscenza dell’atto ai fini della tempestiva impugnazione.

Tratto dalla decisione numero 3677 del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

la stazione appaltante può valutare l'eventuale gravità della negligenza con amministrazioni diverse

l’art. 38, lett. f) D.lgs. n. 163-06 non prevede come necessario l’accertamento giurisdizionale definitivo delle suddette negligenze ed errori,

ma prescrive l’obbligo di mettere a conoscenza la stazione appaltante (della gara in corso) delle vicende pregresse, anche qualora le stesse siano state semplicemente valutate “gravi” (o, per meglio dire, abbiano comportato lo scioglimento del rapporto) dall’Amministrazione, con la quale si siano verificate.

Infatti, la fattispecie citata è sufficientemente integrata dalla motivata valutazione dell’Amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell’esercizio delle prestazioni affidate da una stazione appaltante e/o ad errori professionali precedenti che abbiano fatto venir meno la fiducia nell’impresa (cfr. Cons. St., V, 16 agosto 2010 n. 5725; Sez. VI, 28 luglio 2010, n. 5029 e 27 gennaio 2010 n. 296) e prevede, quale indispensabile corollario, che il concorrente dichiari in sede di partecipazione alla gara tutti gli elementi che riguardino eventuali episodi di negligenza o malafede nell’esercizio delle prestazioni effettuate nei confronti di altre Amministrazioni.

Né appare possibile sostenere la tesi secondo cui le contestate gravi inadempienze non costituirebbero grave inadempimento a carico della società appellante, in quanto verificatesi in fase anteriore alla stipula del contratto; infatti, l’inadempimento di una prestazione non assume minore o diversa rilevanza se la formalizzazione del contratto non è ancora intervenuta e il servizio viene svolto nelle more con un affidamento urgente sotto riserva.

Peraltro, lo stesso tenore letterale della norma, che richiama semplicemente l’esecuzione delle prestazioni affidate, consente di ritenere applicabile l’applicazione della fattispecie ai casi di affidamento all’aggiudicataria in via d’urgenza dell’esecuzione dell’appalto, sotto riserva di stipula del contratto.

E’, infatti, chiaro che l’art. 38, comma 1, lettera f), del Codice appalti stabilisce che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso un grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.

La vicenda relativa alla grave inadempienza con un soggetto diverso dall’Amministrazione che ha bandito la gara rientra nella seconda parte della disposizione, laddove la norma consente all’amministrazione di valutare i precedenti professionali delle imprese concorrenti e quindi di tenere conto anche di rapporti contrattuali intercorsi con amministrazioni diverse, al fine di stabilire il grado di capacità tecnico professionale nella esecuzione della fornitura.
Passaggio tratto dalla decisione numero 3666  del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

Il Giudice di prime cure ha fatto applicazione di quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2011, che ha definitivamente preso posizione sulla questione dell’esame prioritario del ricorso incidentale “paralizzante” (o “escludente”), sulla base dei principio per cui chi agisce in giudizio deve essere titolare di una posizione giuridica sostanziale meritevole di tutela (ad 24 e 113 Cost).

L’accoglimento del ricorso incidentale in primo grado ha, dunque, correttamente precluso l’esame del ricorso principale di primo grado, in quanto la Ricorrente Service s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, risultando quindi logica e ragionevole il capo delle sentenza impugnata laddove ha statuito l’illegittimità dell’atto di ammissione della Ricorrente Service alla gara indetta dal Comune di Torre del Greco.

Per l’effetto, dunque, il TAR ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso principale dalla stessa proposto.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto.

lunedì 25 giugno 2012

tassatività delle cause di esclusione e divieto di richiedere documenti già in possesso di altre pa

Per la tassatività delle cause di esclusione è nulla la clausola per la quale le imprese partecipanti debbano dichiarare  << di essere in regola nei confronti dell’art. 17 della legge n. 68 del 1999 e di avere ottemperato agli obblighi di assunzione obbligatoria di cui alla stessa legge n. 68/99, e di impegnarsi, in caso di richiesta della stazione appaltante, a produrre apposita certificazione”>>

VIGE il divieto, ormai immanente nell’ordinamento (cfr. art. 21 l.r. n. 10 del 1991, art. 18, l. n. 241 del 1990), di chiedere ai privati atti e documenti acquisibili direttamente d’ufficio presso altre amministrazioni pubbliche cd. procedenti.

Su tale scia si instrada anche la previsione dell’art. 16, comma 10-bis del d.l. n. 185 del 2009 nel testo risultante dalla conversione con l. n. 2 del 2009 e la successiva previsione dell’art. 6 del d.P.R. n. 207 del 2010 in tema di acquisizione d’ufficio del d.u.r.c.

Tali principi hanno, peraltro, trovato da ultimo compiuta codificazione con la (sopravvenuta alla gara) legge n. 183 del 2011, il cui art. 15 ha, tra l’altro, stabilito che “sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura: ‘Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi’”.

Ne deriva la denunziata - e qui incidentalmente accertata - nullità, in parte qua, della clausola della legge di gara nella parte in cui sancisce la sanzione dell’esclusione in ragione del mancato impegno a produrre la certificazione, con conseguente inammissibilità della doglianza, e ciò per effetto del combinato disposto dell’art. 46, comma 1-bis del d. lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 4, comma 1, lett. n) del d.l. n. 70 del 2011.

Quest’ultima disposizione, infatti, determina la “tipizzazione delle cause di esclusione dalle gare, cause che possono essere solo quelle previste dal codice dei contratti pubblici e dal relativo regolamento di esecuzione e attuazione, con irrilevanza delle clausole addizionali eventualmente previste dalle stazioni appaltanti nella documentazione di gara” quale uno dei presupposti “per ridurre i tempi di costruzione delle opere pubbliche, soprattutto se di interesse strategico, per semplificare le procedure di affidamento dei relativi contratti pubblici, per garantire un più efficace sistema di controllo e infine per ridurre il contenzioso”.

Tratto dalla sentenza numero 1280 del 19 giugno 2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

tassatività delle cause di esclusione e divieto di richiedere documenti già in possesso di altre pa

Per la tassatività delle cause di esclusione è nulla la clausola per la quale le imprese partecipanti debbano dichiarare  << di essere in regola nei confronti dell’art. 17 della legge n. 68 del 1999 e di avere ottemperato agli obblighi di assunzione obbligatoria di cui alla stessa legge n. 68/99, e di impegnarsi, in caso di richiesta della stazione appaltante, a produrre apposita certificazione”>>

VIGE il divieto, ormai immanente nell’ordinamento (cfr. art. 21 l.r. n. 10 del 1991, art. 18, l. n. 241 del 1990), di chiedere ai privati atti e documenti acquisibili direttamente d’ufficio presso altre amministrazioni pubbliche cd. procedenti.

Su tale scia si instrada anche la previsione dell’art. 16, comma 10-bis del d.l. n. 185 del 2009 nel testo risultante dalla conversione con l. n. 2 del 2009 e la successiva previsione dell’art. 6 del d.P.R. n. 207 del 2010 in tema di acquisizione d’ufficio del d.u.r.c.

Tali principi hanno, peraltro, trovato da ultimo compiuta codificazione con la (sopravvenuta alla gara) legge n. 183 del 2011, il cui art. 15 ha, tra l’altro, stabilito che “sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura: ‘Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi’”.

Ne deriva la denunziata - e qui incidentalmente accertata - nullità, in parte qua, della clausola della legge di gara nella parte in cui sancisce la sanzione dell’esclusione in ragione del mancato impegno a produrre la certificazione, con conseguente inammissibilità della doglianza, e ciò per effetto del combinato disposto dell’art. 46, comma 1-bis del d. lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 4, comma 1, lett. n) del d.l. n. 70 del 2011.

Quest’ultima disposizione, infatti, determina la “tipizzazione delle cause di esclusione dalle gare, cause che possono essere solo quelle previste dal codice dei contratti pubblici e dal relativo regolamento di esecuzione e attuazione, con irrilevanza delle clausole addizionali eventualmente previste dalle stazioni appaltanti nella documentazione di gara” quale uno dei presupposti “per ridurre i tempi di costruzione delle opere pubbliche, soprattutto se di interesse strategico, per semplificare le procedure di affidamento dei relativi contratti pubblici, per garantire un più efficace sistema di controllo e infine per ridurre il contenzioso”.

Tratto dalla sentenza numero 1280 del 19 giugno 2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

tassatività delle cause di esclusione, consorzio, impresa consorziata e avvalimento soa

la vigenza del "principio di tassatività delle cause di esclusione", introdotto dall’art. 46, comma 1-bis (comma aggiunto dal n. 2) della lettera d) del comma 2 dell’art. 4, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, in vigore dal 14 maggio 2011, convertito con la legge 12 luglio 2011, n. 106, in vigore dal 13 luglio 2012) - secondo il quale solo le violazioni di norme di legge o di regolamento o quelle che determinano irregolarità sostanziali in relazione a quanto esplicitamente indicato nella stessa disposizione, causano l’esclusione dalla gara - comporta l’obbligo per il giudice di accertare se l’ omissione di cui una concorrente si lamenta (ai fini della domanda di esclusione dalla gara di altro concorrente) sia effettivamente ascrivibile alle condizioni del menzionato art. 46, comma 1-bis.

Ora, per quel che qui rileva, secondo il Collegio, l’obbligo di rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 lett. "c" del D.lgs. n. 163/2006 anche da parte di operatori economici terzi rispetto al Consorzio stabile - quali sono le singole imprese consorziate - che interviene come impresa ausiliaria limitatamente all’avvalimento della attestazione di qualificazione, non è letteralmente imposta dalla norma di legge in argomento,

né da altra, né può farsi discendere in via d’interpretazione della stessa per quanto precisato alla precedente lett. a): va, dunque, affermato che in nessun caso la stazione appaltante avrebbe potuto disporre l’esclusione automatica della controinteressata;

passaggio tratto dalla sentenza numero 1295 del 22 giugno 2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

l’unico obbligo gravante sull’amministrazione appaltante, pertanto, era, ed è tuttora, quello di verificare se dall’ammissione alla gara sia derivato alla concorrente controinteressata un effettivo vantaggio, mediante violazione della par condicio rilevante ai fini dell’art. 46 cit.. Tale vantaggio è da ricollegarsi alla circostanza della effettiva insussistenza dei requisiti morali in capo alla imprese consorziate. Occorre peraltro tener conto che in assenza di una clausola del bando che preveda espressamente l’onere di rendere la dichiarazione relativamente agli amministratori e rappresentanti delle società consorziate non esecutrici dei lavori, la stazione appaltante è tenuta ad esercitare un potere di soccorso nei confronti del concorrente, ammettendolo a fornire la dichiarazione mancante, sicché l’impresa dovrà essere esclusa solo se difetti il requisito sostanziale (nel senso che vi sia la prova che i soggetti per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali), ovvero se essi non rendano, nel termine indicato dalla stazione appaltante, la dichiarazione mancante (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 21 del 7 giugno 2012);

tassatività delle cause di esclusione e mancanza di elemento essenziale dell'offerta tecnica priva della firma del rappresentante

Viene confermata dal Consiglio di Stato all’illegittima ammissione in gara dell’appellante per la mancata sottoscrizione dell’offerta tecnica

La commissione di gara, infatti, aveva rilevato che l’offerta tecnica risultava priva della firma del rappresentante legale della ditta capogruppo Ricorrente s.a.s. e che, nella stessa busta, era stato rinvenuto l’elenco delle offerte migliorative dei servizi, su foglio non intestato, anch’esso mancante della sottoscrizione dei rappresentanti legali dell’A.T.I.

Correttamente, ritiene il Collegio, l’offerta tecnica è stata ritenuta non validamente presentata, per cui la stessa non è stata esaminata dalla Commissione, che ha stabilito l’esclusione dell’A.T.I. dalla gara (cfr. comunicazione del 7.5.2010, prot. 1538, provvedimento impugnato sub a).

L’esclusione della ricorrente è motivata, infatti, in ordine alla mancata sottoscrizione dell’offerta tecnica, ossia dell’offerta inserita nella busta “B” del plico di gara, busta che, benchè perfettamente integra e sigillata in tutte le parti, così come minuziosamente previsto dalla lettera e) del punto 1 del disciplinare di gara, non incide affatto sulla validità di un offerta non sottoscritta che non è, quindi, negozialmente imputabile ad alcuno.

La circostanza secondo cui il punto 5 del disciplinare di gara che, nell’elencare le “cause di esclusione”, sancisce che fra tali cause rientra l’ipotesi della mancata sottoscrizione dell’offerta economica, non incide affatto sulla sussistenza di tale causa di esclusione, trattandosi di mancanza di un elemento essenziale dell’offerta che anche nell’attuale assetto normativo disegnato dall’attuale art. 46, comma 1-bis, del Codice appalti, in cui è stato codificato il principio di tassatività delle cause di esclusione, rileva quale causa di estromissione del concorrente dalla gara d’appalto.

In conclusione, l’appello incidentale deve essere accolto, come sopra argomentato, con la conseguenza che il ricorso di primo grado deve essere dichiarato inammissibile e, per ulteriore conseguenza, l’appello principale diventa improcedibile.

Tratto dalla decisione numero 3669 del 21 giugno 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

tassatività delle cause di esclusione_evitare la cd caccia all'errore

La ricerca di “caccia all’errore” risulta essere del  tutto contraria a consolidati principi della giurisprudenza amministrativa,  e alle più recenti acquisizioni della stessa normativa di settore (art. 46 comma 1 bis codice dei contratti pubblici);

le dedotte carenze formali dell’offerta aggiudicataria in ordine alla mancata allegazione delle dichiarazioni di impegno di cui all’art. 49 D. Lgs. 163/2006, dipendendo dalla imprecisa formulazione della legge di gara, potranno essere integrate dall’aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, o comunque prima dell’inizio del servizio, fatto salvo, in caso contrario, l’esercizio dei poteri di autotutela da parte dell’amministrazione aggiudicatrice

l’esigenza di apprestare tutela all’affidamento inibisce alla stazione appaltante di escludere dalla gara pubblica un’impresa che abbia compilato l’offerta in conformità alle prescrizioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato

la norma impugnata del disciplinare di gara (art. 5 comma 8), nel prescrivere che il concorrente sprovvisto di un proprio impianto di smaltimento dovesse “indicare gli impianti (uno principale ed uno alternativo) presso i quali avverrà lo smaltimento finale dei rifiuti, allegando copia delle convenzioni da cui risulti il formale impegno degli impianti finali (principale e alternativo) ad accettare i rifiuti di cui al presente disciplinare”, configura una fattispecie di avvalimento sostanziale (e non di subappalto), in quanto finalizzata a consentire la partecipazione alla gara anche di soggetti sprovvisti del predetto requisito di qualificazione, purchè ausiliati da altra impresa titolare di proprio impianto di smaltimento e vincolata convenzionalmente nei confronti dell’impresa avvalente a mettere a disposizione di quest’ultima la predetta risorsa per tutta la durata del servizio;

Considerato, peraltro, che la norma in questione è stata formulata in termini ambigui, o comunque poco chiari, non contenendo essa alcun riferimento esplicito né all’art. 49 del Codice dei Contratti né, conseguentemente, all’obbligo dell’impresa avvalente di allegare in sede di gara le dichiarazioni di impegno prescritte dal comma 2 della predetta norma;

Considerato che l’impresa aggiudicataria, allegando le prescritte convenzioni con le imprese preposte allo smaltimento dei rifiuti, ha rispettato pedissequamente le prescrizioni della legge di gara, e, pertanto, non può essere pregiudicata dalla imprecisa formulazione della lex specialis (non impugnata, sotto questo profilo, dalla ricorrente);

Considerato, in particolare, che secondo principi condivisi dalla Sezione, la circostanza che un concorrente abbia puntualmente seguito le indicazioni fornite dalla stazione appaltante nella legge di gara e nella modulistica ufficiale non può andare in danno del medesimo, dovendo prevalere, a fonte di un’oggettiva incertezza ingenerata dagli atti predisposti dalla stazione appaltante e della buona fede che va riconosciuta al concorrente, il principio del favor partecipationis (TAR Piemonte, sez. I, 19 aprile 2012, n. 458; TAR Piemonte, sez. I, 9 gennaio 2012, n.5); ed anche se il principio del favor partecipationis alle gare pubbliche ha di norma carattere recessivo rispetto al principio della par condicio, tuttavia l’esigenza di apprestare tutela all’affidamento inibisce alla stazione appaltante di escludere dalla gara pubblica un’impresa che abbia compilato l’offerta in conformità alle prescrizioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità costituire oggetto di richiesta di integrazione (Cons. Stato, V, 5 luglio 2011, n. 4029; TAR Toscana, I, n. 2006/2010);

Tratto dalla sentenza numero 717 del 15 giugno 2012 pronunciata dal Tar Piemonte, Torino