mercoledì 31 ottobre 2012

appalto integrato_legittima escussione provvisoria per mancata dimostrazione requisiti progettisti

Il provvedimento del Presidente dell’Autorità portuale ecante l’escussione della polizza fideiussoria della ricorrente, è motivato con la mancata conferma da parte della stessa dei requisiti dichiarati in sede di gara riguardante la professionalità dei soci della Progefer s.a.s., società di professionisti incaricata della progettazione esecutiva,

 venendo così applicati i commi 1 e 2 dell’art. 48 del Codice per i quali, nei confronti dei concorrenti sorteggiati per la relativa verifica prima dell’apertura delle buste ovvero (come avvenuto nella specie) nei confronti dell’aggiudicatario, e del secondo classificato, se non sorteggiati, la mancata prova o conferma delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione alla gara (sul possesso dei requisiti “di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando”) comporta, con l’esclusione dalla gara, anche l’escussione della cauzione provvisoria.
La questione centrale della controversia consiste perciò nell’accertare se risulti tra quelli “richiesti nel bando” il requisito nella specie non confermato, individuato nel provvedimento n. 437 del 2008 nel fatto che la s.a.s. Progefer, “in quanto società di persone, avrebbe dovuto essere composta esclusivamente da professionisti tecnici, mentre l’unico socio accomandatario non risulta essere iscritto a nessun albo /ordine/collegio professionale”.
Il Collegio ritiene che il detto requisito sia richiesto nel bando, poiché:
- come anche si desume dalle note intercorse tra la stazione appaltante e la ricorrente nel periodo 12 novembre – 2 dicembre 2008, citate più sopra (in atti), il requisito in questione è da riportare alle previsioni dell’art. 90 del Codice, relativo ai requisiti richiesti per i professionisti incaricati in relazione all’affidamento della progettazione di opere.
L’art. 90, pur se non citato espressamente nel bando di gara, vi risulta richiamato ai sensi non soltanto della indicazione di carattere generale ivi esposta [per cui “Per quanto non diversamente stabilito dal presente bando si applicano le disposizioni del D.Lgs. 163/2006 e del D.P.R. 554/99” :punto 12, lett. o); idem nel punto 10, lett. m), del disciplinare di gara], ma, in particolare, poiché nella parte del bando relativa ai requisiti dei progettisti, nel richiedere il possesso quali requisiti “minimi” di quelli di cui al comma 1 dell’art. 66 del d.P.R. n. 554 del 1999, si premette espressamente che “Si applica l’art. 53, comma 3, del D.Lgs. 163/06” (punto 3.6.).
Il citato art. 53, comma 3, concerne i requisiti che devono possedere i progettisti “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2” del medesimo articolo 53 che rinvia, per i requisiti richiesti nel bando, a “quanto previsto dal Capo IV del presente titolo (progettazione e concorsi di progettazione)…” e perciò, come affermato dal primo giudice, all’art. 90 del Codice che è l’articolo di apertura del citato capo IV.
La ricostruzione operata dal T.a.r. appare corretta, oltre che sulla base del detto rinvio tra le disposizioni risultante nel bando, anche per la sua rilevanza sostanziale rispetto al tipo di prestazione richiesta, poiché, essendo stata indetta la gara per “la progettazione esecutiva e realizzazione ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. b), del D.Lgs. n. 163 del 2006” ed essendo perciò la progettazione componente costitutiva dell’opera da svolgere, è coerente con ciò che tra i requisiti richiesti dalla stazione appaltante vi siano anche quelli previsti per i progettisti ai sensi del citato art. 90.
Pertanto, risulta giustificata, in relazione al caso di specie, la sanzione dell’incameramento della cauzione ai sensi dell’art. 48 del Codice, in quanto conseguente alla mancata conferma del possesso di un requisito richiesto nel bando, e adeguata, perciò, la motivazione del rigetto del relativo motivo di ricorso data nella sentenza impugnata, poiché non apodittica ma direttamente fondata, come più sopra sintetizzato, sulla previa dimostrazione della richiesta nel bando dell’osservanza dell’art. 90 del Codice.
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 5482  del 26 ottobre  2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

appalto intregrato_irregolarità contributiva impresa cooptata_legittima escussione provvisoria

Dalla verifica sui requisiti soggettivi di partecipazione è emersa, a carico impresa cooptata nel raggruppamento ricorrente, ai sensi dell’art. 95 del D.P.R. n. 554 del 1999), una situazione di irregolarità contributiva

Per tale circostanza legittimamente la stazione appaltante ha disposto l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione e l’esclusione del raggruppamento dalla procedura, incamerando la cauzione provvisoria e segnalando altresì la notizia all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici

il disciplinare di gara, correttamente interpretato secondo la sua formulazione testuale ed alla luce dei principi in materia di cooptazione negli appalti pubblici di lavori, obbligava anche l’impresa cooptata, a pena d’esclusione, a dichiarare il rispetto degli obblighi previdenziali ed assicurativi ed a dimostrare, per tutto il corso della procedura ed ai fini della stipula del contratto, l’assenza di inadempimenti gravi e definitivi
ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, primo comma – lett. i), del Codice dei contratti pubblici, anche nel testo vigente anteriormente al D.L. n. 70 del 2011, la nozione di “violazione grave” in materia contributiva non è rimessa alla valutazione specifica della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva: ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese concorrenti è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto (così, per tutte, Cons. Stato, ad. plen., 4 maggio 2012 n. 8).
D’altronde, il D.L. n. 70 del 2011 (applicabile “ratione temporis” alla gara in esame, il cui bando è stato pubblicato il 3 giugno 2011) ha inserito, nel secondo comma dell’art. 38 del Codice, una previsione volta a dare rilevanza decisiva al d.u.r.c. e ad escludere ogni discrezionalità della stazione appaltante nella valutazione della gravità delle violazioni previdenziali e assistenziali, stabilendo che si intendono “gravi” le violazioni ostative al rilascio del d.u.r.c. di cui all’art. 2, secondo comma, del D.L. 25 settembre 2002 n. 210 e chiarendo, in tali termini, che la mancanza di d.u.r.c. regolare comporta una presunzione legale assoluta di “gravità” delle violazioni previdenziali a carico dell’impresa concorrente

Né le ricorrenti contestano, in punto di fatto, che la cooptata ALFA s.p.a. fosse incorsa in plurime violazioni degli obblighi di versamento dei contributi (come provato dai d.u.r.c. del 21 dicembre 2011 e del 23 novembre 2011 – rispettivamente doc. 4 e doc. 9 depositati dalla difesa di Acquedotto Pugliese il 5 marzo 2012).
Ed anzi, l’esclusione deliberata dalla stazione appaltante risulta viepiù giustificata in relazione alla falsa dichiarazione prodotta in gara dall’impresa (doc. 13 depositato dalla difesa di Acquedotto Pugliese il 5 marzo 2012), che ha indicato le posizioni previdenziali ed assicurative attive ed ha attestato senz’altro di “essere in regola con i relativi versamenti”.
Va infatti evidenziato che, nella fattispecie, il disciplinare di gara (cfr. pag. 8 – punto 5) non richiedeva una generica dichiarazione di insussistenza di cause di esclusione, ma precisava che “… si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva di cui all’art. 2, co. 2, del d.l. 25/9/2002 n. 210, conv. con modif. dalla l. n. 266/2002”.
In presenza di una siffatta clausola, la non veridicità della dichiarazione effettuata dalla società facente parte del raggruppamento ricorrente costituiva di per sé autonoma causa di esclusione.
E’ infatti costante, anche nei precedenti di questa Sezione, l’affermazione del principio secondo il quale è onere del soggetto che concorre all’aggiudicazione di un appalto pubblico indicare, in sede di domanda di partecipazione, tutti gli elementi necessari alla stazione appaltante per la verifica di sua esclusiva competenza del possesso dei requisiti generali, non essendo consentite reticenze al riguardo (cfr. TAR Puglia, Bari, sez I, 8 giugno 2011 n. 845; Id., sez. I, 21 marzo 2012 n. 593).
Pertanto, indipendentemente dal requisito della gravità della violazione, l’a.t.i. ricorrente doveva essere esclusa per la non veridicità della dichiarazione di “essere in regola con i relativi versamenti”, dal momento che alla data di presentazione dell’offerta sussisteva un’obiettiva situazione di irregolarità previdenziale, definitivamente accertata, a carico della ALFA s.p.a.: infatti, quando il bando impone di dichiarare tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive, la causa di esclusione non è solo quella (sostanziale) dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella (formale) di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 agosto 2009 n. 4906; Id., sez. VI, 21 dicembre 2010, n. 9324; Id., sez III, 4 gennaio 2012 n. 8), in diretta applicazione dell’art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000 in tema di autocertificazione, che prevede che qualora dal controllo effettuato dall’Amministrazione emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (nella specie, dall’ammissione alla gara).
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 1812  del 25 ottobre  2012 pronunciata dal Tar Puglia, Bari

anche le imprese cooptate devono possedere i requisiti di cui all’articolo 38

La cosiddetta associazione per cooptazione è essenzialmente finalizzata a consentire l’ingresso nel mercato degli appalti pubblici di soggetti di modeste dimensioni e costituisce pur sempre, dal punto di vista strutturale e formale, una peculiare figura di associazione temporanea di imprese (cfr., in questo senso, Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009 n. 5626).

L’impresa cooptata, una volta designata nella fase dell’offerta (ed in ciò risiede la più evidente differenza con l’istituto del subappalto, nel quale viceversa il concorrente non è tenuto ad indicare preventivamente l’identità del subappaltatore), diviene parte integrante del raggruppamento temporaneo d’imprese, anche ai fini dell’assolvimento degli oneri di compilazione dell’offerta imposti dal bando di gara e dell’assoggettamento alla verifica del possesso dei requisiti morali di cui all’art. 38 del Codice.


In questo senso depone la stessa formulazione letterale dell’art. 95 del D.P.R. n. 554 del 1999 (oggi, dell’art. 92 del D.P.R. n. 207 del 2010), che con la locuzione “associare altre imprese” ovvero “raggruppare altre imprese” delinea una vicenda di tipo associativo, che si perfeziona fin dal momento della presentazione dell’offerta, rispetto alla quale non può ritenersi che l’impresa cooptata rimanga estranea alla stregua di un’impresa subappaltatrice.

Si è osservato, al riguardo, che la fattispecie è caratterizzata dai seguenti elementi:
- il soggetto associante (impresa singola o a.t.i.), che deve avere di per sé tutti i requisiti e le qualificazioni necessarie a concorrere;
- l’impresa associata minore (cooptata), che può possedere una qualificazione anche per categorie e classifiche diverse da quelle richieste dal bando;
- la necessità che i lavori eseguiti dalla cooptata non superino il 20% dell’importo complessivo dell’appalto;
- l’obbligo, per la cooptata, di coprire con le classifiche relative alle qualificazioni possedute l’intero importo dei lavori che essa eseguirà.
Tale regime, rimasto sostanzialmente invariato con l’entrata in vigore dell’art. 92 del D.P.R. n. 207 del 2010, costituisce un’eccezione alla disciplina dettata per le a.t.i. di tipo orizzontale e verticale solo relativamente al possesso dei requisisti speciali di qualificazione, ma non consente di derogare alla necessaria verifica in capo alla cooptata del possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del Codice.
Che la cooptata debba soddisfare tutti i requisiti soggettivi elencati dal citato art. 38, del resto, discende anche dal fatto che deve trattarsi di impresa in possesso della qualificazione SOA, benché riferita a categorie e classifiche diverse, qualificazione che nel nostro ordinamento presuppone come è noto, ai sensi dell’art. 40, terzo comma, del Codice, il possesso dei requisiti di carattere generale, tra i quali vi è senza dubbio la regolarità contributiva accertata tramite il d.u.r.c. (sul possesso dei requisiti generali da parte dell’impresa cooptata: A.V.C.P., parere n. 27 del 22 luglio 2010, ove si conclude in modo condivisibile nel senso che l’accertamento di irregolarità contributive gravi e definitive a carico dell’impresa cooptata produce la conseguenza dell’esclusione dell’intero raggruppamento temporaneo d’imprese).
Non convince, in proposito, la tesi contraria di parte ricorrente, che richiama precedenti giurisprudenziali apparentemente difformi, nei quali in realtà è stato affrontato il diverso problema della concreta qualificazione dell’accordo concluso tra le imprese partecipanti (è la questione affrontata da Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2011 n. 5187, nonché da Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 2012 n. 11: in entrambe, le affermazioni di portata generale sull’istituto della cooptazione assumono, a ben vedere, il carattere di “obiter dicta” rispetto alla questione della qualificazione giuridica da attribuire alla forma di partecipazione alla gara dei concorrenti risultati aggiudicatari, in difetto di apposita ed espressa dichiarazione di cooptazione), senza risolvere la questione che qui viene in rilievo, riguardante il necessario possesso da parte dell’impresa cooptata dei requisiti morali di affidabilità ai sensi dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, pena la mancata ammissione dell’intero raggruppamento.
Discende da quanto detto che il disciplinare di gara, correttamente interpretato secondo la sua formulazione testuale ed alla luce dei principi in materia di cooptazione negli appalti pubblici di lavori, obbligava anche l’impresa cooptata, a pena d’esclusione, a dichiarare il rispetto degli obblighi previdenziali ed assicurativi ed a dimostrare, per tutto il corso della procedura ed ai fini della stipula del contratto, l’assenza di inadempimenti gravi e definitivi
Non avendo a ciò ottemperato la ALFA s.p.a., la stazione appaltante ha legittimamente escluso l’a.t.i. ricorrente.

L’infondatezza degli esaminati motivi di impugnazione e la legittimità del provvedimento di esclusione comporta, quale conseguenza, che vanno respinte tutte le ulteriori domande di annullamento (escussione della cauzione provvisoria, segnalazione all’Autorità di vigilanza, aggiudicazione all’a.t.i. seconda classificata) e la domanda risarcitoria

a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 1812  del 25 ottobre  2012 pronunciata dal Tar Puglia, Bari

nelle condizioni della provvisoria del dm 123_2004 vi è anche l'impegno alla definitiva

VA RESPINTO IL RICORSO AVVERSO UNA PRESUNTA violazione dell’art. 75, comma 8, del D.Lgs. 12.4.2006, n. 163, sul rilievo che la fideiussione bancaria presentata dall’impresa vincitrice non conterrebbe la clausola, espressamente prevista a pena di esclusione, contenente l’impegno del fideiussore a rilasciare, a richiesta del concorrente aggiudicatario, una fideiussione relativa alla cauzione definitiva in favore della stazione appaltante

in punto di fatto, che il bando di gara aveva stabilito due diverse modalità per presentare la fideiussione o la polizza fideiussoria, e cioè:
a) la presentazione della scheda tecnica di cui al D.M. 12.3.2004, n. 123, da integrarsi con la clausola di rinuncia del fideiussore all’eccezione di cui all’art. 1957, secondo comma, c.c.;
b) altro modulo contenente 5 clausole testualmente indicate, fra cui anche quella, la cui assenza era sanzionata con l’esclusione, che ricalca il disposto di cui al comma 8 dell’art. 75 sopra citato;
- che Cooperativa Controinteressata ha allegato una fideiussione bancaria redatta secondo lo schema tipo 1.1 – scheda tecnica 1.1 del menzionato D.M. n. 123 del 2004 (cfr., doc. n. 4 in atti del ricorrente);
- che la scheda tecnica 1.1 di Cooperativa Controinteressata specifica testualmente di costituire “parte integrante della schema tipo 1.1 di cui al D.M. 12 marzo 2004, n. 123”; di riportare “i dati e le informazioni necessarie all’attivazione della garanzia fideiussoria di cui al citato schema tipo” e che “la sua sottoscrizione costituisce atto formale di accettazione incondizionata di tutte le condizioni previste nello schema tipo”;
- che lo schema tipo 1.1 allegato al D.M. n. 123 del 2004, al secondo comma dell’art. 1 prevede espressamente che “il Garante si impegna nei confronti del contraente a rilasciare la garanzia fideiussoria per la cauzione definitiva prevista dall’art. 30, comma 2” della legge 11.2.1994, n. 109 (ora artt. 75, comma 8, e 113 del D.Lgs. n. 163 del 2006, sull’obbligo, in capo all’esecutore dei lavori, di costituire una garanzia fideiussoria del 10% dell’importo contrattuale);
- che, infine, il comma 4 dell’art. 1 del D.M. 12.3.2004, n. 123, recita: “a fini di semplificazione delle procedure inerenti agli appalti di lavori pubblici, i concorrenti sono abilitati a presentare alle Stazioni appaltanti le sole schede tecniche, contenute nell'allegato al presente decreto, debitamente compilate e sottoscritte dalle parti contraenti”;

Ritenuto:
- che con il comma 59 dell’art. 9 della legge 18.11.1998, n. 415 (recante modifiche alla legge n. 109 del 1994), il Legislatore aveva previsto che “gli schemi di polizza-tipo concernenti le coperture assicurative e le garanzie fidejussorie previste dall'articolo 30 della legge n. 109 del 1994 sono approvati con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici”;
- che con ciò egli ha inteso semplificare, snellire e uniformare le procedure d’appalto predisponendo uno schema - tipo e una scheda - tecnica di polizza approvati con un decreto governativo pubblicato in Gazzetta ufficiale, con un atto, quindi, avente natura normativa, secondo quanto precisato dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato del 3.6.2002, n. 1635;
- che il bando di gara, conformemente a quanto disposto dal comma 4 dell’art. 1 del più volte citato D.M. n. 123 del 2004, aveva espressamente autorizzato le imprese che partecipavano a produrre la sola “scheda tecnica 1.1” approvata con lo stesso decreto;
- che è pertanto evidente che, in presenza di un chiaro disposto del bando di gara (non impugnato in questa sede), puntualmente posto in essere dalla concorrente Cooperativa Controinteressata, la stessa ha assolto regolarmente alla prescrizione in esame del bando, la quale, a sua volta, ha fatto ricorso alla forma semplificata che è consentita dal comma 4 dell’art. 1 del D.M. n. 123 del 2004, disposizione di carattere generale anch’essa non contestata;
- che, conseguentemente, la “dichiarazione di accettazione delle condizioni previste nello schema tipo” non può che essere intesa, sotto il profilo sostanziale, come impegno da parte del fideiussore, nei confronti del contraente, a rilasciare la garanzia fideiussoria per la cauzione definitiva;
- che è pertanto indubitabile che, nella specie, la Cassa Rurale Olle-Samone-Scurelle si sia vincolata a rilasciare a favore del contraente (e della Provincia di Trento), ai sensi dell’art. 75, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, la garanzia per la cauzione definitiva prevista dall’art. 113 dello stesso Codice;
- che è stata dunque rispettata la ratio legis e perfettamente tutelato l’interesse dell’Amministrazione alla certezza in ordine all’eventuale rilascio della garanzia nell’ipotesi di aggiudicazione della gara in favore dell’impresa controinteressata;
- che, in definitiva, Cooperativa Controinteressata non poteva essere esclusa dalla gara nemmeno in virtù dei principi di autovincolo e di affidamento, in base ai quali la stazione appaltante è tenuta ad applicare in modo incondizionato le clausole inserite nella lex specialis;
Rilevato:
- che la presente questione, invero, è stata da tempo risolta dalla giurisprudenza amministrativa che ha avuto l’occasione di precisare che lo schema tipo 1.1, “anche se nel titolo si fa riferimento alla sola garanzia fideiussoria per la cauzione provvisoria … nell’articolo 1, secondo comma, si precisa, in termini inequivocabili, che la garanzia comprende anche l’impegno < nei confronti del contraente a rilasciare la garanzia fideiussoria per la cauzione definitiva >” e che il citato D.M. n. 123 del 2004 “assolve ad una preminente funzione di semplificazione nelle procedure di gara che non può essere limitata da prescrizioni di singoli bandi equivoche o dubbie” (cfr., C.d.S., sez. V, 14.12.2006, n. 7418, che ha annullato T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24.3.2005, n. 1293);
- che in senso conforme al riportato orientamento cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, sez. III, Palermo, 31.7.2006, n. 1794; T.A.R. Lazio, Latina, 5.7.2006, n. 429; T.A.R. Calabria, Regio Calabria, 8.2.2006, n. 22;
- che non pare rilevante, a supporto della tesi della ricorrente, l’invocata pronuncia T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater, 12.1.2009, n. 106, in quanto - secondo quanto in essa esposto - la lex specialis di quella gara non aveva espressamente disciplinato la possibilità di avvalersi della scheda tecnica di cui al D.M. n. 123 del 2004;
- che, da ultimo, non hanno pregio nemmeno le osservazioni, “aldilà dell’esasperazione interpretativa”, sul dato letterale e sulla grafica di pag. 21 del bando di gara: per un verso, infatti, l’applicazione di questi due criteri invocati porta all’univoca conclusione che il punto n. 5 è per l’appunto la quinta clausola (grassettata perché prevista a pena d’esclusione) che avrebbe dovuto essere testualmente riportata nella cauzione provvisoria “qualora non venga presentata la scheda tecnica di cui sopra” (ossia quella di cui al D.M. n. 123 del 2004); per altro profilo, la ripetizione, a fondo pagina, dell’ipotesi di esclusione in esame è stata formulata, all’evidenza, nel caso in cui il deposito cauzionale fosse stato costituito in contanti o in titoli del debito pubblico;

si legga anche
T.A.R. Sicilia, sez. III, Palermo, 31.7.2006, n. 1794
DIRITTO
1. La ricorrente, che ha proposto il ribasso del 33,3% (collocandosi teoricamente al secondo posto della graduatoria delle offerte) è stata esclusa dalla gara per avere prodotto una polizza fideiussoria ritenuta incompleta. Più precisamente il seggio di gara ha motivato l’esclusione “in quanto la polizza fidejussoria non prevede espressamente così come richiesto al punto 8 del bando di gara la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operatività entro 15 gg. a semplice richiesta della stazione appaltante. Non è altresì presente l'impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia definitiva qualora l'offerente risultasse aggiudicatario”.
Contesta tale determinazione rilevando di avere regolarmente prodotto una completa “scheda tecnica”, che rinvia espressamente allo “schema tipo 1.1.” di cui al D.M. n. 123/2004 recante “Schemi di polizza tipo per le garanzie fideiussorie e le coperture assicurative previste agli articoli 17 e 30 della L. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, e dal regolamento generale di attuazione emanato con D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, in materia di lavori pubblici”.
La contestazione è meritevole di accoglimento.
Invero, l’art. 1, comma 4°, del D.M. cit. dispone che “A fini di semplificazione delle procedure inerenti agli appalti di lavori pubblici, i concorrenti sono abilitati a presentare alle Stazioni appaltanti le sole schede tecniche, contenute nell'allegato al presente decreto, debitamente compilate e sottoscritte dalle parti contraenti”; di conseguenza la Cornacchini S.r.l. ben poteva produrre la sola scheda tecnica della polizza assicurativa dalla stessa stipulata con la società di assicurazione HDI.
E’ pur vero che - secondo quanto dedotto dal Comune resistente - il disciplinare (nei punti 5 e 6) richiamava le specifiche clausole, nonché l’impegno di un fideiussore a rilasciare la cauzione definitiva, ai sensi dell’art. 30 L. 109/1994, ma tale articolo, a sua volta, non può non integrarsi, per effetto della L. 416/1998, con il D.M. 123/2004, che, come si è già detto, abilita le imprese che partecipino ai pubblici incanti a produrre le sole “schede tecniche” sottoscritte dai contraenti.


a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza   numero 322  del 26 ottobre  2012 pronunciata dal Tar Provincia Autonoma di Trento

natura giuridica e forza eterointegrativa imperativa del bando decreto ministeriale D.M. 123_2004

l’impegno a prestare la cauzione definitiva per la durata stabilita dalla stazione  appartante (fino a dodici mesi dalla ultimazione dei lavori) non poteva non ritenersi giuridicamente compreso nella dichiarazione riportata nell’art. 1, c. 2, dello Schema Tipo 1.1

correttamente i  ricorrenti sostengono che la dichiarazione di impegno assunta dal fideiussore per la costituzione della garanzia definitiva è conforme allo Schema polizza-tipo approvato con D.M. 12/3/2004, n. 123.
Deve, innanzitutto, concordarsi con i ricorrenti sulla natura normativa del D.M. n. 123/2004 (atto di regolamento interministeriale) e sulla sua forza eterointegrativa (norma imperativa) del bando. La natura giuridica del decreto ministeriale recante l’approvazione degli schemi tipo di polizza fideiussoria e assicurativa è stata, infatti, affrontata, e risolta nei sensi sopra detti, dal Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Adunanza Generale del 3/6/2002, n.  1635/2002. Questa Sezione condivide l’impostazione e le conclusioni rassegnate dall’Alto Consesso.
In prosieguo, queste le considerazioni del Collegio.
Dispone l’art. 30, c. 1, L. n. 109/1994 che “L'offerta da presentare per l'affidamento dell'esecuzione dei lavori pubblici è corredata da una cauzione pari al 2 per cento dell'importo dei lavori, da prestare anche mediante fidejussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e dall'impegno del fidejussore a rilasciare la garanzia di cui al comma 2, qualora l'offerente risultasse aggiudicatario”.
Ai sensi dell’art. 100, c.2, D.P.R. n. 554/1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni) la garanzia provvisoria deve essere accompagnata dall'impegno di un fidejussore verso il concorrente a rilasciare garanzia fideiussoria definitiva nel caso di aggiudicazione da parte del concorrente dell'appalto o della concessione.
Recita l’art. 101, DPR 554/1999 che “ La cauzione definitiva deve permanere fino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio e del certificato di regolare esecuzione, o comunque decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato”.
Dispone l’art. 9, c. 59, della L. n. 415 del 1998 (Modifiche alla L. n. 109 del 1994) che “gli schemi di polizza-tipo concernenti le coperture assicurative e le garanzie fideiussorie previste dall’articolo 30 della legge n. 109 del 1994 sono approvati con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.
Statuisce l’art. 1 del DM 123/2004 (emanato in attuazione della prefata legge) che:
“Sono approvati gli schemi di polizza tipo per le garanzie fideiussorie e le coperture assicurative previste dagli artt. 17 e 30 della L. 11/2/94, n. 109 e succ. mod. e int., e dal regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 21/12/99, n. 554.
Gli schemi di polizza tipo sono contenuti nell'allegato al presente decreto.
I contratti fideiussori ed assicurativi devono essere conformi agli schemi di polizza tipo di cui al comma 1.
 A fini di semplificazione delle procedure inerenti agli appalti di lavori pubblici, i concorrenti sono abilitati a presentare alle Stazioni appaltanti le sole schede tecniche, contenute nell'allegato al presente decreto, debitamente compilate e sottoscritte dalle parti contraenti”.
Lo schema tipo 1.1 – Garanzia fideiussoria per la cauzione provvisoria – contempla all’art. 1, l’“Oggetto della garanzia”. Il secondo comma dell’articolato così recita: “Il Garante  si  impegna  nei  confronti del Contraente a rilasciare  la  garanzia  fideiussoria  per  la  cauzione  definitiva prevista dall'art. 30, comma 2, della Legge” (id est, legge n. 109/1994). L’art. 30, c. 2, della citata legge 109/1994 stabilisce che “L'esecutore dei lavori è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell'importo degli stessi. In caso di aggiudicazione con ribasso d'asta superiore al 10 per cento, la garanzia fideiussoria è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento; ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l'aumento è di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento”.
La scheda tecnica definitiva (scheda tipo 1.1 – Garanzia fideiussoria per la cauzione provvisoria -) costituisce parte integrante dello Schema Tipo 1.1 di cui al D.M. 123/2004 e riporta i dati e le informazioni necessarie all'attivazione della garanzia fideiussoria di cui al citato Schema tipo. “La  sua  sottoscrizione  costituisce  atto  formale  di accettazione incondizionata di tutte  le  condizioni previste nello Schema Tipo”.
Osserva il Collegio, che la Scheda tipo 1.1 e la Scheda Tecnica 1.1 – eterointegrative della lex specialis del bando ed espressione di norme imperative inderogabili – abilitano i concorrenti a presentare alla stazione appaltante i (soli) relativi modelli (Scheda tecnica) debitamente compilati e sottoscritti per accettazione incondizionata delle condizioni previste nello Schema tipo. L’adempimento deve ritenersi sufficiente, per fatto di norma giuridica – lex generalis che s’impone sulla lex specialis del bando - ad assolvere correttamente gli impegni in materia di cauzione provvisoria in sede di partecipazione alla gara. Nessun ulteriore onere, infatti, viene imposto al concorrente circa l’indicazione – nella polizza di garanzia provvisoria - della durata della cauzione definitiva, così lasciandosene intendere il rinvio recettizio alla durata normativamente predeterminata nell’art. 101, DPR 554/1999.
Riprova ne è il fatto che solo nella Scheda definitiva Tecnica 1.2-bis (art. 5) - riportante i dati e le informazioni necessarie all'attivazione del  reintegro  della  somma  garantita con la garanzia fideiussoria di cui al citato Schema Tipo – viene imposto l’onere di indicare esattamente la durata della cauzione definitiva scelta dall’amministrazione tra quelle predeterminate nello Schema tipo 1.2 e nell’art. 101, D.P.R. n. 544/1999.
Ne consegue, che la cauzione provvisoria prestata dai ricorrenti è corretta siccome conforme allo Schema tipo 1.1 ed alla Scheda tecnica 1.1, entrambe eterointegrative del bando.
Resta da appurare, sotto altro profilo, se la clausola con la quale il Comune di Formia ha imposto l’onere di un ulteriore adempimento a carico dei concorrenti (dichiarazione di validità della cauzione definitiva fino a dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori) sia o meno legittima in relazione ai canoni di esercizio della discrezionalità amministrativa in tema di gare. Tanto più che tale onere risulta assistito dalla sanzione della esclusione dalla gara.
Osserva il Collegio, che l’inosservanza di alcuni adempimenti stabiliti a pena di esclusione dal bando comporta comunque l’esclusione dalla gara quando si tratti di prescrizioni rispondenti ad un particolare interesse della Stazione appaltante o siano poste obiettivamente a garanzia della par condicio dei concorrenti (Consiglio, Sezione V n. 5843 del 15.11.2001 e n. 3870 del 30.6.2003; sez. IV n. 7380 del 15.11.2004 e n. 231 del 31.1.2005).
Nella specie, detto adempimento (dichiarazione di impegno integrativa della cauzione definitiva) non risponde ad alcuno specifico e particolare interesse dell’Amministrazione atteso che questa è sufficientemente garantita, in punto di impegno cauzionale, dalla presentazione delle schede tecniche il cui contenuto copre sia la misura della cauzione provvisoria che l’impegno futuro a valere sulla (misura della) cauzione definitiva. Richiedere alle imprese concorrenti un’ulteriore produzione documentale, del tutto ininfluente ai fini della garanzia, appare di inutile aggravio procedimentale e non rispondente ad un’apprezzabile utilità per l’amministrazione. Proprio perché non si tratta di un adempimento essenziale per il buon esito della procedura di gara, la sua mancanza non può comportare, dunque, l’esclusione della gara.
Neppure la mancata produzione della dichiarazione di impegno appare violare la par condicio dei concorrenti. La ratio dell’art. 30, L. n. 109 del 1994, nonché dell’art. 9, c. 59, della L. n. 415 del 1998 (recante “Ulteriori modifiche alla L. n. 109/1994”), è quella di evitare – con il rinvio agli schemi di polizza tipo – incertezze documentali ed adempitive in un settore delicato come quello delle cauzioni. Ecco perché il Legislatore ha ritenuto di eterointegrare la lex specialis con gli schemi tipo attribuendo a questi pieno valore abilitante, sostitutivo di ogni altro documento. Pare evidente, dunque, che nessun vulnus al principio di imparzialità può cogliersi nella mancata produzione della (aggiuntiva) dichiarazione per il semplice motivo che l’impegno a prestare la cauzione definitiva per la durata stabilita dalla stazione  appartante (fino a dodici mesi dalla ultimazione dei lavori) non poteva non ritenersi giuridicamente compreso nella dichiarazione riportata nell’art. 1, c. 2, dello Schema Tipo 1.1 allegato alla domanda di partecipazione alla gara.
In conclusione, per quanto sin qui rassegnato, il ricorso impugnatorio va accolto.




a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza   numero 429  del 5 luglio 2066 pronunciata dal Tar Lazio, Latina

avvalimento soli requisiti capacità economico-finanziaria_legittima esclusione avvalimento integrale

serivizi di cui allegato II b della direttiva direttiva 2004/17: legittimo che il bando stabilisca  che le imprese partecipanti possano avvalersi dei soli requisiti di capacità economico-finanziaria, ovvero integrare il preesistente requisito tecnico-economico posseduto dall’impresa ausiliata

L’art. 21 della direttiva 2004/18 (analogamente all’art. 32 della direttiva 2004/17) stabilisce che “L'aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell'allegato II B è disciplinata esclusivamente dall'articolo 23 e dall'articolo 35, paragrafo 4”.
L’allegato II B, al punto 23, include i servizi di sicurezza.
Per tale tipologia di appalti di servizi, dunque, il diritto dell’UE impone unicamente il rispetto della disciplina contenuta negli art. 23 (specifiche tecniche) e 35, paragrafo 4 (avvisi e pubblicità) della direttiva: non anche degli art. 47 e 48, in materia di avvalimento, invocati quale parametro normativo a sostegno della censura in esame.

Conseguentemente, con riferimento a questa categoria di appalti di servizi, non solo il legislatore interno non è tenuto ad estendere la disciplina dell’avvalimento, ma nemmeno le amministrazioni aggiudicatrici e le stazioni appaltanti in genere sono vincolate ad adeguare la legge della gara alla disciplina dell’avvalimento contenuta nei citati artt. 47 e 48 della citata direttiva 2004/18.
Conseguentemente, la censura di violazione di tali norme, per avere la lex specialis previsto una operatività dell’istituto dell’avvalimento più ridotta rispetto a quanto dalle stesse stabilito, non coglie nel segno, essendo il parametro normativo invocato inapplicabile ratione materiae alla fattispecie dedotta.
E’ bensì vero che la disciplina censurata si pone probabilmente in relazione di non completa conformità con quella portata dai citati artt. 47 e 48 (analogamente alla disciplina originariamente contenuta nel codice dei contratti pubblici): ma per gli appalti relativi ai servizi di sicurezza tali disposizioni non risultano invocabili per espressa scelta del legislatore dell’UE.
L’infondatezza di tale censura comporta, conseguentemente, la piena legittimità dei provvedimenti impugnati, e in particolare del provvedimento di esclusione dalla gara della ricorrente, non avendo questa i requisiti – posti dalla lex specialis, esente dai vizi denunciati – per partecipare alla gara.


a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 1470  del 26 ottobre  2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

legittima, parziale, applicazione delle norme in tema di avvalimento

La Corte di giustizia ha, comunque, osservato, in conclusione, che, pur non essendovi l’obbligo per gli Stati membri di applicare l’art. 47, n. 2, di detta direttiva anche agli appalti aventi ad oggetto i servizi menzionati all’allegato II B della direttiva medesima, la stessa non impedisce che gli Stati membri e, eventualmente, le amministrazioni aggiudicatrici prevedano tale applicazione, nella loro normativa e nei documenti relativi all’appalto

La Corte di giustizia ha rammentato che la distinzione tra i regimi applicabili agli appalti pubblici di servizi in funzione della classificazione dei servizi in due categorie separate, operata dalle pertinenti norme del diritto dell’Unione trova conferma nella giurisprudenza comunitaria
In tal senso si pone la statuizione che la classificazione dei servizi negli allegati I A e I B della direttiva 92/50 (che corrispondono, rispettivamente, agli allegati II A e II B della direttiva 200718) è conforme al sistema di cui a detta direttiva, che prevede un’applicazione a due livelli della direttiva medesima (cfr. sentenza 14 novembre 2002, causa C-411/00, Felix Swoboda, punto 55).
Inoltre, nel contesto della direttiva 92/50, quando gli appalti hanno ad oggetto servizi rientranti nell’ambito dell’allegato IB, le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a rispettare solamente gli obblighi di definire le specifiche tecniche, facendo riferimento a norme nazionali che recepiscano norme europee che devono essere contenute nei documenti generali o contrattuali relativi a ogni appalto e di inviare all’OPOCE un avviso che riferisca i risultati della procedura d’aggiudicazione di tali appalti (cfr. sentenza 13 novembre 2007, causa C-507/03, Commissione/Irlanda, punto 24).
La Corte di giustizia ha indicato, infatti, che il legislatore dell’Unione ha preso le mosse dalla presunzione che gli appalti relativi ai servizi ricompresi nell’allegato I B della direttiva 92/50 non presentano, a priori, data la loro natura specifica, un interesse transfrontaliero tale da giustificare che la loro aggiudicazione avvenga in esito a una procedura di gara d’appalto intesa a consentire a imprese di altri Stati membri di venire a conoscenza del bando e di partecipare alla gara d’appalto (cfr., sentenza Commissione/Irlanda, cit. punto 25), fermo restando che ove si presenti un interesse transfrontaliero certo, gli appalti stessi sono assoggettati ai principi generali di trasparenza e di parità di trat-tamento che derivano dagli artt. 49 e 56 TFUE (cfr. stessa sentenza, punti 26, 29 e 31).

Quanto all’argomento secondo il quale il principio generale della “concorrenza effettiva” proprio della direttiva 2004/18 potrebbe istituire un tale obbligo, la Corte di giustizia ha rilevato che, se è pur vero che la concorrenza effettiva costituisce l’obiettivo essenziale di detta direttiva, tale obiettivo, per quanto importante, non può sfociare in un’interpretazione in contrasto con il chiaro disposto della direttiva stessa, che non menziona il suo art. 47, n. 2, tra le disposizioni che le autorità aggiudicatrici sono tenute ad applicare in sede di aggiudicazione di appalti relativi a servizi ricompresi nell’allegato II B di tale direttiva.
La Corte di giustizia ha, altresì, chiarito che un obbligo, come quello codificato dall’art. 47, n. 2, della direttiva 2004/18 non può farsi discendere dall’applicazione dei principi generali di trasparenza e di parità di trattamento.
Quanto al principio di trasparenza, la Corte ha osservato che l’impossibilità per un operatore economico di far valere le capacità economiche e finanziarie di altri enti non è in rapporto con la trasparenza della procedura di aggiudicazione di una appalto.
Quanto al principio di parità di trattamento, lo stesso non può portare all’imposizione di un obbligo come quello codificato dall’art. 47, n. 2, con la conseguenza che l’assenza di un siffatto obbligo non è tale da comportare alcuna discriminazione, diretta o indiretta, in base alla nazionalità o al luogo di stabilimento.
La Corte di giustizia ha, comunque, osservato, in conclusione, che, pur non essendovi l’obbligo per gli Stati membri di applicare l’art. 47, n. 2, di detta direttiva anche agli appalti aventi ad oggetto i servizi menzionati all’allegato II B della direttiva medesima, la stessa non impedisce che gli Stati membri e, eventualmente, le amministrazioni aggiudicatrici prevedano tale applicazione, nella loro normativa e nei documenti relativi all’appalto.
Il che si è appunto verificato nell’appalto in esame, avendo la stazione appaltante dato applicazione, anche se parzialmente, come le era consentito, delle regole derivanti dal principio dell’avvalimento.



a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 791 del 18 settembre  2012 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana

Servizi non prioritari_non vi è obbligo di applicazione avvalimento ma solo facoltà pa

avvalimento: dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, non discende l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare l’art. 47, n. 2, di detta direttiva anche agli appalti aventi ad oggetto i servizi menzionati all’allegato II B della direttiva medesima.

Tuttavia, tale direttiva non impedisce che gli Stati membri e, eventualmente, le amministrazioni aggiudicatrici prevedano tale applicazione, rispettivamente, nella loro normativa e nei documenti relativi all’appalto

almeno alcuni di tali servizi presentano caratteristiche particolari che giustificherebbero che l’amministrazione aggiudicatrice tenga conto, in modo personalizzato e specifico, dell’offerta presentata dai candidati a titolo individuale. Ciò si verifica, ad esempio, per i «servizi legali», i «servizi di collocamento e reperimento di personale», i «servizi relativi all’istruzione, anche professionale» o, ancora, per i «servizi di investigazione e di sicurezza».

dal sistema previsto dalla direttiva 2004/18 non discende direttamente, per gli Stati membri, l’obbligo di applicare l’art. 47, n. 2, di detta direttiva anche agli appalti pubblici di servizi ricompresi nell’allegato II B di quest’ultima.

Quanto all’argomento della Commissione secondo il quale il principio generale della «concorrenza effettiva» proprio della direttiva 2004/18 potrebbe istituire un tale obbligo, occorre rilevare che, se è pur vero che la concorrenza effettiva costituisce l’obiettivo essenziale di detta direttiva, tale obiettivo, per quanto importante, non può sfociare in un’interpretazione in contrasto con il chiaro disposto della direttiva stessa, che non menziona il suo art. 47, n. 2, tra le disposizioni che le autorità aggiudicatrici sono tenute ad applicare in sede di aggiudicazione di appalti relativi a servizi ricompresi nell’allegato II B di tale direttiva.

Tuttavia, conformemente alla summenzionata giurisprudenza, resta da esaminare se, nel caso in cui un siffatto appalto presenti un interesse transfrontaliero certo, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare, segnatamente in considerazione del fatto che, nella causa principale, un bando di gara era stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, un obbligo come quello codificato dall’art. 47, n. 2, della direttiva 2004/18 possa discendere dall’applicazione dei principi generali di trasparenza e di parità di trattamento.

Per quanto riguarda, da una parte, il principio di trasparenza, è giocoforza rilevare che tale principio non è violato se un obbligo come quello codificato dall’art. 47, n. 2, della direttiva 2004/18 non è imposto all’amministrazione aggiudicatrice con riguardo a un appalto avente ad oggetto i servizi menzionati all’allegato II B di detta direttiva. Infatti, l’impossibilità per un operatore economico di far valere le capacità economiche e finanziarie di altri enti non è in rapporto con la trasparenza della procedura di aggiudicazione di un appalto. Occorre, d’altronde, osservare che l’applicazione degli artt. 23 e 35, n. 4, della direttiva 2004/18 nelle procedure di aggiudicazione degli appalti relativi a tali servizi, detti «non prioritari», è intesa anche a garantire il livello di trasparenza corrispondente alla natura specifica di tali appalti.

Occorre rilevare, d’altra parte, che il principio di parità di trattamento non può nemmeno portare all’imposizione di un obbligo come quello codificato dall’art. 47, n. 2, della direttiva 2004/18 anche in sede di aggiudicazione degli appalti di servizi di cui all’allegato II B, nonostante la distinzione operata da tale direttiva.

Infatti, l’assenza di un siffatto obbligo non è tale da comportare alcuna discriminazione, diretta o indiretta, in base alla nazionalità o al luogo di stabilimento.

Occorre sottolineare che un approccio così estensivo dell’applicabilità del principio di parità di trattamento potrebbe condurre all’applicazione, agli appalti dei servizi ricompresi nell’allegato II B della direttiva 2004/18, di altre disposizioni essenziali di tale direttiva, ad esempio, come rileva il giudice del rinvio, delle disposizioni che fissano i criteri di selezione quantitativa dei candidati (artt. 4552) nonché i criteri di aggiudicazione dell’appalto (artt. 5355). Ciò comporterebbe il rischio di privare di ogni effetto utile la distinzione tra i servizi di cui agli allegati II A e II B operata dalla direttiva 2004/18, nonché la sua applicazione a due livelli, secondo l’espressione utilizzata dalla giurisprudenza della Corte.

Si deve aggiungere che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, gli appalti relativi ai servizi di cui all’allegato II B della direttiva 2004/18 hanno una natura specifica (sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto 25). Pertanto, almeno alcuni di tali servizi presentano caratteristiche particolari che giustificherebbero che l’amministrazione aggiudicatrice tenga conto, in modo personalizzato e specifico, dell’offerta presentata dai candidati a titolo individuale. Ciò si verifica, ad esempio, per i «servizi legali», i «servizi di collocamento e reperimento di personale», i «servizi relativi all’istruzione, anche professionale» o, ancora, per i «servizi di investigazione e di sicurezza».

Conseguentemente, i principi generali di trasparenza e di parità di trattamento non impongono alle autorità aggiudicatrici un obbligo come quello codificato dall’art. 47, n. 2, della direttiva 2004/18 agli appalti relativi ai servizi di cui all’allegato II B di quest’ultima.

Tuttavia, una delimitazione della sfera di applicazione della direttiva 2004/18 procede, come risulta dal diciannovesimo ‘considerando’ della direttiva stessa, da un approccio progressivo del legislatore dell’Unione che, se è pur vero che obbliga certamente ad applicare, durante il periodo transitorio menzionato al detto ‘considerando’, l’art. 47, n. 2, all’aggiudicazione di appalti come quello oggetto della causa principale, non impedisce che uno Stato membro e, eventualmente, un’amministrazione aggiudicatrice preveda, rispettivamente, nella propria normativa e nei documenti relativi all’appalto, l’applicazione della summenzionata disposizione a tali appalti.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda questione va risolta nel senso che dalla direttiva 2004/18 non discende l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare l’art. 47, n. 2, di detta direttiva anche agli appalti aventi ad oggetto i servizi menzionati all’allegato II B della direttiva medesima. Tuttavia, tale direttiva non impedisce che gli Stati membri e, eventualmente, le amministrazioni aggiudicatrici prevedano tale applicazione, rispettivamente, nella loro normativa e nei documenti relativi all’appalto.



a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza della  Corte di giustizia dell’Unione europea (sez. III, sent. n. 95 del 17 marzo 2011)

martedì 30 ottobre 2012

danno emergente risarcibile può equitativamente determinarsi, ex art. 1226 c.c., in 20.000 euro

a fronte di una richiesta di 200.500,00 euro, l’importo del danno emergente risarcibile può equitativamente determinarsi, ex art. 1226 c.c., in misura di 20.000 euro

quanto alla quantificazione del danno risarcibile, la ricorrente deposita in giudizio fatture di acquisto di n. 3 apparecchiature (n.1 macchina lavacarrelli, n. 1 macchina imbustatrice, n. 1 linea da stiro) da utilizzare per l’espletamento del servizio in esame, acquistate tra il 25 settembre e il 6 ottobre 2011, quindi dopo l’intervenuta aggiudicazione provvisoria e prima del ritiro degli atti di gara (14 ottobre 2011) per un totale di 200.500,00 euro.
Trattasi di beni, secondo lo stesso capitolato speciale d’appalto depositato in giudizio, indubbiamente funzionali all’erogazione dello specifico servizio oggetto della gara, in assenza sul punto di qualsiasi contestazione da parte dell’Azienda sanitaria.
Sempre ai fini della determinazione del quantum del danno emergente, vanno poi tenuti in considerazione i seguenti ulteriori elementi. E’ ragionevolmente presumibile che la ricorrente potrà utilizzare comunque le apparecchiature acquistate per l’espletamento di altri servizi, così come cederle in proprietà o in uso ad altri soggetti, circostanza di per sé idonea a consentire, in via equitativa, una riduzione del danno emergente risarcibile pari al 30 % delle spese documentate; sul punto, la ricorrente non fornisce la prova circa il nesso eziologico tra condotta illecita e danno lamentato, non dimostrando la strumentalità dei beni acquistati all’espletamento del servizio di che trattasi, pur potendosi tale circostanza agevolmente presumere ex art. 2769 c.c. sulla base del periodo temporale di acquisto. Deve poi tenersi conto della stessa “debolezza” dell’aspettativa dell’aggiudicatario provvisorio, così come del concorso di colpa (art. 1227 c. 1 c.c.) alla causazione del danno, potendo egli attendere l’aggiudicazione definitiva prima di procedere all’effettuazione delle suddette spese: tali significativi elementi fanno ritenere equa, ex art. 1226 c.c., una ulteriore riduzione del danno emergente risarcibile di una ulteriore percentuale del 60 % rispetto alle spese documentate.

In considerazione di tutti i suesposti elementi, l’importo del danno emergente risarcibile può equitativamente determinarsi, ex art. 1226 c.c., in misura di 20.000 euro.
Non risarcibile è invece il lamentato danno da lucro cessante (interesse contrattuale negativo) limitandosi la ricorrente ad offrire elementi esclusivamente indiziari delle occasioni di guadagno medio tempore perdute, indicando all’uopo varie gare d’appalto indette da altre Amministrazioni nell’arco temporale di espletamento della gara, a cui la ricorrente non avrebbe potuto partecipare. Come noto, in tema di responsabilità civile della P.A. se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise; sicché, quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una consulenza tecnica d'ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell' onere probatorio da parte del privato (ex multis T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, 21 marzo 2012, n. 709; Consiglio di Stato sez. V 27 aprile 2012 n. 2449; id. sez. V, 28 febbraio 2011, n.1271).
Nella fattispecie, anche secondo il più favorevole criterio del “più probabile che non” (ex plurimis Cassazione civ. sez. III 18 giugno 2012, n. 9927) risulta carente l’indispensabile nesso di consequenzialità diretta tra il comportamento scorretto dell’Amministrazione e la mancata aggiudicazione (anche in termini di chance) in favore della ricorrente delle gare bandite nell’arco temporale di riferimento, dipendendo essa da molteplici fattori, tra cui il possesso dei requisiti prescritti e il numero dei partecipanti alle gare stesse, autonomamente idonei sotto il profilo causale a determinare l’impossibilità di stipulazione.
4.3. Conclusivamente il risarcimento complessivamente dovuto dall’Amministrazione resistente ammonta pertanto a 20.000,00 (ventimila//00) euro. Su detta somma compete la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, trattandosi di debito di valore, con decorrenza dal 14 ottobre 2011 (data della revoca della gara) fino alla data di deposito della presente decisione; sulla somma così rivalutata si computeranno gli interessi legali calcolati esclusivamente dalla data di deposito della presente decisione fino all'effettivo soddisfo (cfr. in questo senso Consiglio di Stato, sez, VI, 21 maggio 2009, n. 3144).
4.4. Deve infine conseguentemente respingersi la domanda di condanna dell’Amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies legge 241/90 in ipotesi di revoca legittima degli atti “ad efficacia durevole”, in quanto espressamente subordinata al mancato accoglimento della domanda risarcitoria; per altro, la tutela indennitaria in questione è nella fattispecie inconfigurabile, poiché l’aggiudicazione provvisoria, con le sue caratteristiche di provvisorietà ed instabilità, non può rientrare nella categoria degli “atti ad efficacia durevole”, caratteristica questa da riconoscere solo all’aggiudicazione definitiva (in questi esatti termini Consiglio di Stato sez. III 11 luglio 2012, n. 4116; id. sez. V 5 aprile 2012, n. 2007).


a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 1804  del 25 ottobre  2012 pronunciata dal Tar Puglia, Bari

nella responsabilità precontrattuale va ancora verificata la sussistenza dell’elemento della colpa

Riconosciuta la meritevolezza dell’interesse dell’aggiudicatario provvisorio alla conclusione del procedimento, va verificata la sussistenza dell’elemento della colpa nell’operato dell’Amministrazione resistente,

senz’altro indispensabile nell’ipotesi dell’accertamento della responsabilità a titolo precontrattuale ex artt. 1337 - 1338 c.c. (ex multis Cassazione sez. lav. 7 maggio 2004, n. 8723; Consiglio di Stato sez. V 6 ottobre 2010, n. 7334) quale fattispecie di responsabilità riconducibile al “genus” di cui all’art. 2043 c.c.
Infatti come statuito da questa Sezione (sentenza 19 ottobre 2011, n.1552) il principio della responsabilità oggettiva della stazione appaltante in ipotesi di violazione della direttiva 89/665/CE (così Corte Giust. CE, sent. 30 settembre 2010, C-314/09, Stadt Graz; in termini analoghi, cfr. già Corte Giust. CE, sent. 14 ottobre 2004, C-275/03, Commissione c. Portogallo) deve circoscriversi al solo ambito indicato dal giudice comunitario, senza possibilità di effetto espansivo ad ogni fenomeno di condotta illecita posta dall’Amministrazione. Nell’ipotesi di violazione del dovere di correttezza e lealtà nelle trattative contrattuali non vi è violazione della disciplina sulle procedure di aggiudicazione, bensì responsabilità dell’Amministrazione secondo il diritto comune (artt. 1337 - 1338 c.c.) la quale si fonda tutt’ora sulla regola generale della colpa - sub specie di responsabilità aquiliana di cui all’art. 2043 c.c. - laddove i pur numerosi casi di responsabilità oggettiva costituiscono l’eccezione e debbono essere previsti dalla legge (vedi per es. artt. 2049, 2050 e 2051 c.c.)

Ciò detto, ritiene il Collegio che il comportamento dell’Azienda, nella fattispecie, possa connotarsi in termini di violazione dei canoni di correttezza e lealtà. Innanzitutto, va evidenziata l’ampiezza del tempo impiegato dall’ASL per giungere al ritiro degli atti di gara, giacché dalla data di indizione del pubblico incanto (30 settembre 2010) risulta trascorso più di un anno, essendo senz’altro esigibile la possibilità di intervenire entro un lasso temporale più contenuto. Come già statuito da questa Sezione (sent. n. 1552/2011) il decorso di un lungo lasso di tempo per l’esercizio del potere di ritiro “costituisce di per sé sintomo di negligenza e cattiva amministrazione poiché le gare per l’affidamento dei servizi pubblici debbono svolgersi celermente, nel rispetto dei principi di concentrazione e speditezza delle procedure di evidenza pubblica, e ciò anche al fine di scongiurare le sopravvenienze legate al passare del tempo, che spesso fanno sì che le condizioni tecnico-economiche fissate nei bandi e capitolati di gara non rispondano più alle effettive esigenze dall’Amministrazione aggiudicatrice
Inoltre, l’Azienda sanitaria, ha effettuato l’aggiudicazione provvisoria (15 settembre 2011) pur essendo invero già da tempo a conoscenza delle sopravvenute ragioni successivamente poste a fondamento dell’impugnata decisione di non procedere ad aggiudicazione definitiva; sia la disattivazione dei due stabilimenti ospedalieri di Minervino Murge e Spinazzola (delib. 2791 del 15 dicembre 2010) che l’approvazione del Piano di rientro sanitario (di cui al R.R. 16 dicembre 2010 n. 18 ed alla L.R. 9 febbraio 2011 n. 2), pur sopravvenuti rispetto all’indizione della gara (30 settembre 2010) erano certamente fatti da tempo ben noti all’ASL al momento dell’aggiudicazione provvisoria
Va pertanto affermata la colpa dell’Amministrazione, con conseguente fondatezza, anche sotto questo profilo, della domanda risarcitoria.


a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla decisione  numero 1804  del 25 ottobre  2012 pronunciata dal Tar Puglia, Bari